no, non hai risposto, eludi la domanda:
la parola morale implica un valore pubblico, e cioè che il comportamento in questione abbia rilevanza per la vita di tutti e pertanto si giustifichi una censura; ora, tu non sai - o non vuoi - indicare i termini e i motivi di quella morale, accettando come scontato e giusto che quelli rappresentino un valore, quando non solo la cosa è discutibile, ma la stessa legge ha già stabilito che non rileva; col risultato di promuovere come valore morale - cioè migliore, qualificante - qualcosa di cui non si è in grado di descrivere il senso;
cioè, secondo te il sentimento e la reazione che provi di fronte ad una tua azione o a quella di un altra persona non dipende da come sai stata educata ?Le reazioni psicologiche sono umane e naturali, non dipendono dall'educazione, ma tu hai fatto questa equazione.il padre afgano che lapida la figlia adultera è così, naturalmente, per corredo genetico, diverso da quello danese; l'educazione non c'entra nulla; il sentimento di vergogna è un fatto naturale, non educativo e culturale
davvero non provi alcuna remora ad esprimere concetti così ingenui ? se ti legge Yele ti fa il contropelo
a parte che grane ne hanno avute parecchie, ma non mi sembra sia lo stesso; le questioni di sesso sono un elemento costitutivo molto rilevante dell'identità sociale e vige un generale tabù di riservatezza; è più facile giustificarsi in pubblico per comportamenti illeciti che per comportamenti leciti ma afferenti alla morale sessuale; ma tu fai finta di non vedere la cosa;Come non diresti che evadi le tasse o fumi marijuana perchè a tavola c'è la nonna, ma agli amici e ai colleghi racconti varie cose senza problemi, ma soprattutto le fai perchè cosa pensano gli altri non conta un fico secco, tranne il fastidio del chiacchiericcio. I pettegolezzi sulle corna oggi come oggi non rovinano la vita a nessuno, neanche a Bill e Hillary in fin dei conti.
beh, se fosse come dici tu - il divorzio è legge da 48 anni - il matrimonio sarebbe un istituto solidissimo e frequentatissimo, e così la coppia; invece, poi lamenti un problema:Perfetto, quindi alla fine siamo d'accordo
Il problema è proprio trovare anzi insegnare ai giovani (e pure ai grandi) il giusto equilibrio fra il desiderio/necessità di esclusività dell'impegno per i motivi che ho detto ieri e quello del rispetto della libertà dell'altro. Come dicevo questo è teoricamente rappresentato dall'introduzione del divorzio. Pensa a come si divorziava anche solo 20 anni fa e come accade oggi e ti accorgerai che la gente ha solo bisogno di tempo per abituarsi alle nuove libertà e per imparare ad usarle nel modo giusto.
io ho letto con attenzione; semplicemente le ho trovate parole in libertà, peraltro pronunciate da persona non qualificata ad analizzare un dato sociologico;Ma che dici, ho scritto proprio il contrario e ho parlato di una tendenza generale a rifuggire l'impegno, come cifra sociologica della nostra epoca. Non hai voluto leggere e discutere del contenuto del link che ti ho dato per paura di dover ammettere che ho ragione (che poi non lo dico io, semplicemente condivido l'interpretazione di chi ne capisce qualcosa).
sei talmente priva di metodo da non accorgerti di quanto la stessa formula "rifuggire dall'impegno" sia impregnata di ideologia conservatrice, surrettiziamente presentata come un fatto, neutrale, quando si tratta di un (pre)giudizio;
il pregiudizio sta nel ricorso ad un termine intriso di valore positivo, l'impegno - il cui contrario, il disimpegno, ha evidentemente una connotazione negativa - quando è facilmente dimostrabile che quello che è definito come impegno potrebbe altrettanto essere definito come una scelta opportunistica, equivalente ad altre; in soldoni, chi si sposa e fa figli, non fa qualcosa di moralmente pregiato a favore degli altri, ma ciò che personalmente lo gratifica, per un proprio fine egoistico assolutamente equivalente in termini morali a chi faccia il contrario;
in questo forum ci sono persone che hanno deciso di non sposarsi ed avere figli per una scelta ponderata e morale che è assolutamente arbitrario e violento giudicare come disimpegnata, di minor valore, come la tua filosofia presuppone;
poi, se vorranno, ti risponderanno personalmente quelle persone;
io non lo posso fare perché non ho fatto quella scelta esistenziale in modo ideologico, non avendo escluso né il matrimonio, né tantomeno i figli; ma non posso permettere a nessuno di infamare - perché di questo si tratta, anche se con toni apparentemente educati - chi faccia scelte diverse esprimendo una certa filosofia morale, che esprime giudizi di valore sui comportamenti altrui;
no, nemmeno per idea; non è una questione quantitativa, come insisti a fraintendere al di là delle tante spiegazioni che ho dato;Il che si traduce in 'darla di più' (alla fine sempre a noi tocca cavare le castagne dal fuoco)
significa avere persone meno nevrotizzate per la circostanza naturale - quella sì, davvero preter-educativa - che il desiderio ha una sua forza autonoma e tende a non farsi comprimere nei patti più di tanto;
io vedo che le persone, in via generale, sono gravemente afflitte dall'ansia del controllo sulla sessualità e libertà altrui; altrimenti non ti spiegheresti la foga e l'affanno di persone che hanno scelto la monogamia famigliare nel censurare come immorali e sbagliate le libertà altrui di regolarsi diversamente;
se uno è contento della cacio e pepe che ha ordinato, perché dovrebbe guardare e giudicare le linguine al tonno o alle vongole altrui, la libertà altrui di ordinare altro come immorale o disimpegnata ? che fastidio gli dà ? chi è felice e appagato non giudica i motivi altrui, non alza il sopracciglio, non fa smorfie; sorride e benedice;
l'unica spiegazione è che quelle scelte e comportamenti diversi sono quello che si vorrebbe, ma che ci si è negato per motivi che non appagano davvero; e allora devi censurare come immorale quelle scelte diverse, perché altrimenti la propria è solo una fregatura, autoinflitta;
oppure perché la stessa idea di libertà altrui inquieta, rende insicuri nella misura in cui l'opinione si diffonde e istilla la paura di perdere il controllo sui desideri, tanto propri quanto del partner;
guarda che non è una mia invenzione; ci sono migliaia di anni di letteratura, anche teatrale e cinematografica sul tema del censore invidioso e complessato, dell'ansia di controllo nei confronti delle pulsioni, anche perfettamente lecite; e sono sempre storie che descrivono la grande infelicità e nevrosi umana per la rimozione, il disconoscimento e la compressione di quelle pulsioni.