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Discussione: Picchiare anziani e bambini

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  1. #11
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    AXEUGENE: "io non dico "è sempre stato così"; siccome conosco la storia e so leggere i dati, ti dico che prima era peggio, e ora, con alcuni inevitabili inconvenienti, è meglio, anche se noi vecchi possiamo essere disorientati e spaventati, come i vecchi di tutte le epoche;

    il discorso assurdo è il tuo, che non rispondi alle semplici domande che ti ho posto e svicoli, in un modo in verità poco "maschile" e autorevole, stando alle tue categorie;
    ti ho chiesto: quali libertà vorresti limitare, che già non limiti la legge ?
    perché una persona responsabile e "virile" non si lagna se poi non è capace di indicare un'alternativa concreta; che significa la legge, perché se il tuo cruccio è la libertà, quello è l'unico modo di limitarla;

    poi, i famosi carismi; tu li asserisci e tu li devi dimostrare, e mostrarne i pregi, visto che la "società dei padri" l'abbiamo conosciuta e non ha dato buona prova di sé;
    ti ho chiesto di fare esempi concreti di invasione di campo, di materie che secondo te dovrebbero essere riservate ai padri e perché, così poi vediamo se la cosa ha un senso; ma anche in questo caso, nicchi e ti dilegui;

    ma io l'avevo previsto e scritto, perché non sei stupido; ti vergogneresti ad argomentare quelle idee e comprensibilmente eviti.
    se parli di deriva, peggioramento, tu devi indicare un modello, un'epoca, un momento storico in cui le cose erano meglio di ora; poi andiamo a vedere se è vero;"[/QUOTE]

    CONOGELATO "Te lo ripeto: Se lo affermassi solamente io sarebbe un'opinione fra tante. Ad osservare e analizzare questi nostri tempi, sono eminenti sociologi, scrittori, psicologi, psicanalisti e teologi!
    Guarda, te ne posto uno, di estrazione marxista come Antonio Polito sul Corriere della Sera di qualche giorno fa:"

    La famiglia: noi e i figli, così vicini e lontani!

    Dentro la famiglia
    Se volete capire come è fatta una società, dovete guardare dentro la famiglia: è l’unità di misura del suo progresso, la bilancia che pesa i rapporti tra la generazioni, il termometro delle sue malattie. Non l’abbiamo capito da molto. Nello Statuto Albertino l’unica famiglia citata era quella reale. La Costituzione repubblicana, invece, dedicò tre importanti articoli alla «società naturale fondata sul matrimonio». Nel dibattito alla Costituente Giorgio La Pira la definì «ente intermedio base». Sarà per questo, oggi che gli enti intermedi sono passati di moda, e siamo diventati una società di individui dove uno vale uno, e l’Istat definisce «famiglie» anche quelle composte da un «single», che ce ne occupiamo così poco. Se non quando esplode, tracima, fallisce.

    I nostri figli
    Dalle rovine delle famiglie più sfortunate, o più sbagliate, o più complici, ogni tanto vediamo uscire dei ragazzi, come fantasmi. Il 2018 si è aperto e chiuso con le storie orribili di Pamela e di Desirée, che ci hanno fatto guardare per un attimo dentro l’inferno della droga, sul quale da tempo avevamo steso un velo di pietoso e ipocrita silenzio. Il destino di queste due ragazze ha suscitato la nostra pietà, acceso la nostra indignazione, e anche eccitato sentimenti di xenofobia per la provenienza geografica dei demoni che le hanno uccise. Ma non ci ha fatto fare molti passi in avanti nel tentativo di capire che cosa possiamo fare noi genitori quando uno dei nostri figli comincia ad assumere sostanze, magari per gioco o per sfida, convinto di saper domare la dipendenza; rivelandoci però così una vulnerabilità psichica che ci deve subito allarmare, perché li può portare molto più lontano e molto più giù. Pochi sanno che un genitore, anche il più pronto a capire, e neanche se il figlio è d’accordo a reagire, può ottenere con la rapidità necessaria il ricovero in una comunità, né può scegliere quale. Si deve passare sempre per il cancello dei servizi sociali e sanitari, della burocrazia, e magari dall’ufficio di un giudice. E se il ragazzo non rappresenta ancora un pericolo per gli altri, ma solo per sé, non è detto che l’ottenga. A Desirèe non fu concesso, tre giorni prima della sua morte. Forse qualcuno dovrebbe cominciare a occuparsi di una legislazione sulla droga che da anni non viene neanche più sottoposta a verifiche periodiche; e di cui, diciamoci la verità, non importa più niente a nessuno, tanto ci siamo messi la coscienza in pace con la storia della riduzione del danno.

    I genitori italiani
    Noi genitori italiani siamo meravigliosi in quanto a dedizione e accudimento, talvolta addirittura eroici, come tutti quei papà e quelle mamme che aspettavano in auto davanti alla discoteca di Corinaldo, o addirittura li avevano accompagnati all’interno come la povera Eleonora, morta mentre proteggeva la sua bambina dalla calca. Ma quanti di noi conoscevano, prima di aver sentito i racconti dei sopravvissuti, il grado di sfruttamento commerciale cui possono essere esposti i nostri ragazzi, adulati e adescati perché formidabili consumatori, stipati come carne da biglietto in un capannone, con tutto l’occorrente necessario per perdere la testa, dal drink allo spray urticante? E quanti di noi — io confesso di no — avevano letto o ascoltato i testi di un rapper come Sfera Ebbasta, che pure è seguito e venerato su Youtube da bambini piccoli anche di nove o dieci anni?

    Le limitazioni annullate
    Non sto invocando censura, sto chiedendo conoscenza. I nostri figli sanno più di noi. Questa è la più grande questione culturale della nostra epoca. Sanno più di noi perché la Rete ha annullato tutte le limitazioni di un tempo, geografiche, sociali e ambientali. Per capire che la canzone dei Beatles che canticchiavamo parlava di Lsd, e aver dunque voglia di provarla, noi avremmo dovuto conoscere l’inglese, chattarne con gli amici sui social, e soprattutto sapere dove trovarlo, quell’allucinogeno; cosa che, in un piccolo centro di provincia, non era certo facile negli anni Settanta. Oggi il supermercato di fumo e pasticche è davanti alla scuola, o alla discoteca; e lo sballo è celebrato come il meritato svago del sabato sera.

    Le colpe di noi genitori
    I nostri figli sanno più di noi ma capiscono meno di noi, perché ciò che sanno non l’hanno appreso attraverso l’esperienza, e spesso rifiutano quella che gli offriamo. Il che rende letteralmente impossibile il processo cruciale dell’ educazione, che consiste invece proprio nel trasferimento di saperi e valori da una generazione all’altra, e che avviene grazie a un adulto che si prende la responsabilità e l’onere di aiutare i giovani a diventare adulti. La nostra colpa di genitori, per quanto amorevoli e generosi possiamo essere, è di aver accettato questo stato di cose come un dato non modificabile, un frutto ineluttabile della post-modernità, un fato cui non possiamo ribellarci se non vogliamo apparire vecchi, conservatori, o tradizionalisti (non sia mai). Si sta così aprendo un grande baratro tra le generazioni: non siamo più d’accordo sull’essenziale.

    Il fallimento delle seconde generazioni
    Le conseguenze le paghiamo non solo nelle nostre vite private. È il tessuto stesso della nazione che ne risente, proprio perché il nostro Paese è costruito sulla famiglia, e non su uno Stato storicamente debole. Dal welfare all’impresa, ci reggiamo sulla forza e la flessibilità dei legami parentali, e sul passaggio di consegne tra genitori e figli. Molti tra i principali problemi italiani sono riconducibili alla difficoltà del passaggio generazionale. Quello delle pensioni, per esempio. Ma anche quello del nostro sistema produttivo, così centrato sulla piccola impresa: si calcola che in dieci anni la metà di tutte le aziende familiari italiane che nel 2007 fatturavano più di 50 milioni di euro siano sparite: o perché non sono andate bene (il 20%), o perché comprate o assorbite (un altro 20%), o perché scese sotto la soglia del fatturato (10%). Non tutte queste crisi aziendali nascono dal passaggio ai figli, ma tutte le ricerche sono concordi nel dire che dopo i successi del fondatore, la seconda generazione spesso molla, o non riesce.

    L’ottimismo della volontà
    Eppure di famiglia parlano ormai solo i preti, e i politici quando annunciano un nuovo bonus bebè, come se si potesse combattere con un incentivo economico l’impressionante crisi di fiducia nel futuro che la carestia di culle denuncia. Per questo la più bella notizia del 2019 sarebbe un baby boom, come quello che ci fu alla fine della guerra, e che cambiò il volto del nostro Paese. Non c’è da sperarci, con il pessimismo della ragione; ma ce lo dobbiamo augurare con tutto l’ottimismo della volontà di cui siamo capaci.

    29 dicembre 2018

    https://www.corriere.it/cronache/18_...2c5595dd.shtml
    Ultima modifica di conogelato; 02-01-2019 alle 00:21
    amate i vostri nemici

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