Riporto da un articolo del 1998, ci sono tutti i riferimenti dentro.
La domanda più intuitiva, naif ma che si posero gli scienziati, è: "come fa una particella a sapere di essere guardata?""Una delle premesse più bizzarre della teoria dei quanti, che ha affascinato filosofi e fisici allo stesso modo, afferma che con l'atto stesso di guardare, l'osservatore influenza la realtà osservata. In uno studio riportato nel numero del 26 febbraio di Nature, i ricercatori del L'Istituto di scienza di Weizmann ha condotto un esperimento altamente controllato che dimostra come un fascio di elettroni è influenzato dall'atto di essere osservato. Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Mordehai Heiblum, Dr. Ralph Schuster, Dr. Diana Mahalu e Dr. Vladimir Umansky. Gli scienziati, membri del Condensed Matter Physics Department, lavorano presso l'Istituto Joseph H. e Belle R. Braun Center per Submicron Ricerca.
Quando un "osservatore" quantico sta osservando la meccanica quantistica afferma che anche le particelle possono comportarsi come onde. Questo può essere vero per gli elettroni a livello submicronico, cioè a distanze inferiori a un micron, un millesimo di millimetro.;Quando si comportano come onde, possono passare simultaneamente attraverso diverse aperture in una barriera e poi incontrarsi di nuovo dall'altra parte della barriera. Questo “incontro" è noto come interferenza. Per quanto possa sembrare strano, le interferenze possono verificarsi solo quando nessuno sta guardando. Una volta che un osservatore inizia a guardare le particelle che attraversano le aperture, l'immagine cambia drasticamente: se una particella può essere visto passare attraverso un'apertura, è chiaro che non è passato attraverso un altra. In altre parole, quando sotto osservazione, gli elettroni vengono "costretti" a comportarsi come particelle e non come le onde. Quindi il il semplice atto di osservazione influenza i risultati sperimentali. Per dimostrarlo, i ricercatori del Weizmann Institute hanno costruito un piccolo dispositivo che misura meno di un micron in dimensioni, che aveva una barriera con due aperture. Hanno quindi inviato una corrente di elettroni verso la barriera. L '"osservatore" in questo esperimento non era umano. Gli scienziati dell'Istituto hanno usato per questo scopo un piccolo ma sofisticato rivelatore elettronico in grado di individuare elettroni in transito. La capacità quantistica di "osservatore" di rilevare gli elettroni potrebbe essere alterato cambiando la sua conducibilità elettrica, o la forza della corrente che passa attraverso di essa. Aldilà dell’”osservare” gli elettroni, il rivelatore non ha avuto alcun effetto sulla corrente. Ciononostante, gli scienziati hanno scoperto che la presenza del rilevatore-"osservatore" vicino a una delle aperture causa cambiamenti nel modello di interferenza delle onde di elettroni che passano attraverso le aperture della barriera."
La risposta più banale, ma anche non logica, è che deve essere colpita da un fotone. Quindi un fotone che si trova in atto di sovrapposizione, cioè matematicamente tutti prima di essere "visti", non sono stati colpiti da fotoni dall'inizio dell'universo? Spiegazione ancora più assurda del problema, se il problema non fosse del tutto assurdo già di per sé. Eppure la meccanica quantistica è una teoria che ha retto ad ogni esperimento pratico, si è sempre rivelata esatta A nessuno, filosofo o scienziato che sia, una tale soluzione sembra trarre più che confusione. Non è utile a nessuno, non dà risposte metafisiche, è solo assurda come situazione.
Eppure l'interpretazione di Copenhagen dice proprio questo: che la meccanica quantistica dimostra, dimostra, che l'osservatore influisce sulla natura dell'oggetto osservato. Anche secondo me, come per tutti, compresi i relatori di allora, la soluzione sembra assurda, accettata solo perché dà previsioni certe e con tale consapevolezza va affrontata. Tuttavia, il maggiore ostacolo alla conoscenza deriva proprio dal non saper distinguere, essendo chiusi in un universo percettivo che chiamiamo realtà, ma che è solo un adattamento percettivo, fisicamente limitato, che comprende una serie di bias. Proviamo a interpretare la questione in modo differente, ma dobbiamo mettere in dubbio la geometria dell'universo, incluso ciò che percepiamo come tempo. In questo caso, l'evidenza apparente che esista una linea temporale degli eventi univoca.
Mi pare ragionevole pensare, ipotesi che è stata avanzata, che la soluzione del multiverso sia la sola a escludere questa interferenza, per escludere l'idea non dimostrata che siamo "Dei" che cambiamo l'universo con lo sguardo, il che è un'ipotesi abbastanza proditoria, anche se come tutto non dovrebbe essere scartata.
Ma torniamo indietro: la soluzione più convincente, in questi casi, è che quando un fotone, per esempio, interagisce con una particella che è in posizione di sovrapposizione quantica (ha due nature, chiaramente incompatibili, la scoperta di questo comportamento non lo rende accettabile logicamente più di una favola per bambini e gli scienziati lo dicono, la teoria è accettata perché verificata ma non logicamente spiegabile), esso influisce su tutti gli stati della sovrapposizione quantica e la sua stessa natura è quella di sovrapposizione che influisce su tutti gli stati della particella influenzata, correlandosi ("entangled") ad essa su più piani. E così, l'osservatore si trova correlato con una situazione o l'altra. L'osservatore, noi, siamo entangled adesso.
Insomma, se a priori il fotone si comporta come un'onda (un'onda probabilistica, per gli addetti ai lavori) e dopo l'osservazione chiaramente come una particella, se non siamo noi che con gli occhi cambiamo le particelle dell'universo, allora per ogni esperimento del genere ci sarà uno scienziato che subito dopo si chiederà perché è passata a destra, e lo stesso che in una realtà alternativa si chiederà perché è passata da sinistra. Un cambiamento enorme nella concezione dell'universo e di noi stessi, oppure credere ad un risultato che non ha senso.