
Originariamente Scritto da
axeUgene
la malattia è culturale, quella di associare matrimonio - una cosa definita e comprensibile, e "amore" - un concetto molto ambiguo - senza una comprensione ed educazione all'uno in rapporto all'altro, che son due cose molto diverse, che "chiamano" esigenze diverse, e spesso contrapposte;
è "malattia" se produce una sofferenza non preventivata come accettabile in quel compromesso tra sicurezze sociali - materiali e culturali - ed esigenze di tipo affettivo - di rassicurazione e passionali;
anche le scommesse si ponderano sulla base dell'esperienza: scommetto che sarò capace di correre la mezza maratona, 21 km; se l'hai già fatto, magari ne hai corsi "solo" 18, ma sai come funziona il tuo corpo, come gestirlo;
ma se hai fatto solo la corsetta di 2 km al parco due volte a settimana e scommetti, rischi grossissimo; di fermarti o, se intigni, di stare immobile a letto per un mese o finire in ospedale; hai valutato male il compromesso tra il tuo desiderio di vincere quella scommessa e le esigenze e capacità del tuo fisico, ignorando l'esperienza altrui, per cui qualsiasi maratoneta ti direbbe come e quanto allenarti perché certe sollecitazioni siano sostenibili e benefiche, anziché distruttive;
ché, non si capisce il motivo per cui nessuno si azzarda a fare una spaccata in atterraggio da un salto se non è più che allenato, ma c'è gente che pensa di poter condividere il bagno per anni con chi è abituato ad un diversissimo standard igienico
per il resto, è una scelta privata, indifferente per gli altri e di nessun pregio, se si limita al privato delle due persone;
se due persone decidono di mangiare tutta la vita pasta in bianco, sono solo affari loro e la cosa mi deve essere del tutto indifferente; esattamente come l'eventuale decisione di uno dei due, o di entrambi, di passare alla carbonara o al pesto; purché sia indifferente a loro la mia eventuale scelta di mangiare i totani ripieni dopo gli spaghetti alle vongole, e che quelli non guardino al mio piatto;
comincia ad essere antipatichella la circostanza che quelli vengano a vantarsi del loro voto, come se fosse qualcosa di moralmente migliore delle mie scelte, cui io dovrei conformarmi per sancire pubblicamente che quella è la scelta migliore e alleviare il loro desiderio d'altro.