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La lettera ai Romani (9) termina così:

30Che diremo dunque? Diremo che i Gentili, i quali non cercavano la giustizia, hanno conseguito la giustizia, ma la giustizia che vien dalla fede;
31mentre Israele, che cercava la legge della giustizia, non ha conseguito la legge della giustizia.
32Perché? Perché l’ha cercata non per fede, ma per opere. Essi hanno urtato nella pietra d’intoppo,
33siccome è scritto: Ecco, io pongo in Sion una pietra d’intoppo e una roccia d’inciampo; ma chi crede in lui non sarà svergognato.


Allora, qui Paolo stabilisce il primato della fede sulle opere. Però la fede senza le opere è lettera morta.
ecco, qui saresti sulla strada giusta per capire il sistema paolino; purché tu capisca bene il senso di questa cosa:
le opere sono senz'altro importanti, ma come conseguenza necessaria, spontanea, gratuita, della fede;

purtroppo, ti ostacola l'inevitabile mentalità cattolica che, malgrado i tuoi interessi, è radicata più di quanto tu creda:
Dio giustifica e usa misericordia con chi ha fede, nonostante i possibili errori di costui nelle opere.
Quando Dio dice che userà misericordia con chi vorrà si riferisce ai credenti, nonostante le loro opere imperfette.
beh, no, perché nella Romani, Paolo cita esplicitamente coloro che non hanno legge, ma sono legge a se stessi...: si rivolge ai gentili romani, miscredenti;
Ovviamente Dio conosce prima chi diventerà credente e chi no. Da qui l'errore di coloro che sostengono che ci sia una predestinazione a diventare ciò che siamo, illudendoci di possedere il libero arbitrio.
Il libero arbitrio c'è.
se ci fosse, che senso avrebbe la metafora del Vasaio, che destina i vasi ad usi nobili e ignobili - perché questo Paolo scrive; è un'idiota, incapace di esprimersi compiutamente ? il Vasaio non conosce - come sostieni tu - a quale uso i vasi decideranno di prestarsi;
e, infatti, alla rimostranza retorica, la risposta è: chi sei tu per contestare quanto deciso che fossi ?

il cattolico che è in te, cerca di sottrarsi al senso autentico dello scritto:

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La lettera ai Romani (11) dice:

19Allora tu dirai: Sono stati troncati dei rami perché io fossi innestato.
20Bene: sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t’insuperbire, ma temi.
21Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te.
22Vedi dunque la benignità e la severità di Dio; la severità verso quelli che son caduti; ma verso te la benignità di Dio, se pur tu perseveri nella sua benignità; altrimenti, anche tu sarai reciso.
23Ed anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio è potente da innestarli di nuovo.


Ecco il libero arbitrio che riappare in questa lettera: se tu perseveri nella fede, Dio ti manterrà parte del suo popolo; se quelli che sono stati recisi non perseverano nella loro incredulità, potranno rientrare a far parte del popolo di Dio.
il punto che salti è quello - essenziale - di definire la fede stessa: che cos'è, da cosa ha origine ?
perché in quel perseverare che citi è implicito una qualcosa che già c'è, e peraltro si vede anche in chi non ha Legge...;

Dov'è qui la predestinazione? Dov'è il copione già scritto che ci priva del libero arbitrio? C'è da scegliere se credere o non credere e agire di conseguenza
qui esce il cattolico, con le opere che rientrano da protagoniste nel mercimonio don Dio;
se credere o non credere fosse una scelta, sarebbe un'opera; immateriale, ma pur sempre opera, decisione umana; sola ragione di fronte alle Scritture; la fede andrebbe ad essere un dispensabile formalismo declamatorio; Dio non sarebbe più il Vasaio e tutto il discorso sarebbe solo lo sproloquio di un idiota;
così come un'idiozia sarebbe citare ai romani coloro che non hanno Legge, la Scrittura, ma sono legge a se stessi;

cos'è la fede ? la fede è un sentimento; chi lo decide ? è Dio stesso, che infatti decide chi indurire, cioè a chi negarla, per i suoi piani; qui, inevitabile e forzosa è predestinazione; non si può decidere di provare un sentimento; ma anche chi non ha Legge prova il sentimento di giustizia, sa già, anche nel suo buio;
e guarda che qui si arriva dritti come una freccia a Kant, pure prescindendo da Agostino e Lutero, volendo;

del resto, la centralità del sentimento - non della ragione, della decisione di averlo - è ridondante in Paolo, ovunque; non puoi dare gioia agli altri se non hai gioia dentro di te...
Chi viene indurito da Dio? I fedeli o i mascalzoni che non ascoltano la parola di Dio e si ribellano, tipo il faraone?
ti devi chiedere, invece: se Dio sa dal primo istante, è dal primo istante che sceglie i duri;
non può indurire qualcuno successivamente, perché ciò significherebbe che deve aver cambiato idea, in seguito ad uno sviluppo prima ignoto; cioè, la negazione della prescienza;
magari a te non importa nulla di questa contraddizione, ma per un teologo serio è ineludibile; soprattutto se deve commentare il Vasaio, dove si postula un dio che destina i suoi vasi, oggetti inanimati, non liberi di scegliere la loro funzione nell'esercizio di un libero arbitrio;

capisco la difficoltà, e non vengo a catechizzare nessuno; ma queste sono le questioni a cui si deve dare una risposta "forte", in senso logico, quando si discute di queste cose.