Originariamente Scritto da
axeUgene
il tuo caso personale lo capisco bene;
il punto che volevo sollevare però era un altro; e cioè che, a parità di stress di relazione o esistenziali, difficoltà, impegni, lutti, ecc... la stessa situazione la vive meglio chi è organizzato in modo da avere suoi spazi creativi di gratificazione;
per qualcuno è il lavoro - raramente, perché raramente il lavoro gratifica tanto; per altri è il sesso, per altri ancora sono i figli; qualcuno legge molto e qualcuno va a cantare al coro, coltiva l'orto o il giardino, pratica yoga, o si allena per la maratona;
ma il senso è che si dovrebbe fare queste cose, "giocare", molto seriamente, come fanno i bambini, farne un progetto in continua crescita; e, possibilmente, qualcosa di poco soggetto a circostanze esterne, volontà altrui;
altrimenti, le circostanze dell'esistenza ad un certo punto determinano una notevole alienazione e nevrosi, perché quell'energia creativa si concentra in modo reattivo sulle ragioni del malessere, ci si avvita e diventa impossibile relativizzarle e sopportarle, tipo malattia auto-immune;
io sono arrivato a questa idea, che forse è sbagliata o discutibile;
però, volendo bene ad una persona, o se avessi dei figli, farei di tutto perché possano scegliere un dominio creativo autonomo, in cui essere se stessi e progettare qualcosa, coltivare una gratificazione primaria, una cosa che piace in sé, e non per un fine diverso che quell'attività può far conseguire.