Lo scorso anno non pensavo assolutamente che, un anno dopo, la situazione potesse migliorare. Così come non penso che sarà vicino il termine entro il quale toglieremo la mascherina, per dirne una.
A volte mi capita di pensare che chissà quando mi troverò una mascherina, il detergente, che pure ho sempre usato anche prima di tutto questo, in una borsa e forse non sarà la prima cosa che indosserò dopo la giacca prima di uscire perché non rischierei di dover tornare indietro per non averne messe due in borsa.
E faccio un esempio semplice, perché alla fine le complicazioni, in questa parte "fortunata" di mondo, non sono solo l'uso corretto di determinati oggetti.
Io non penso, sarò disfattista, che sarà naturale abbandonare certi timori così come non è stato naturale, nel senso di immediato per tutti, recepire e acquisire, facendoli proprii e imparando anche a trasmetterli, altri comportamenti.
Pur non essendo una persona particolarmente calorosa e non sempre propensa ad abbracci, capisco chi vive con difficoltà certe privazioni, anche coi parenti più stretti.
Però neanche questo è il vero problema, è solo uno degli aspetti di cui ci si sente privati.
Credo sia tutto più di questo o di quel gesto, tutto più di una chiacchierata o una cena tra amici, tutto più indefinibile.
Questo senso di perdita e attesa, per cui ognuno cerca di fare il proprio meglio senza smettere mai di avere un po' paura.