se afferri con difficoltà questa immanenza, non dovresti nemmeno definire una prerogativa divina come l'onniscienza; perché in quel caso poi devi necessariamente spiegare il senso della pre-scienza come dialettica immanente, interazione;
la verità è che il dio onnisciente serviva solo per intimare l'obbedienza e affermare che nulla sarebbe potuto essere nascosto a Dio; ma questa è un'esigenza di tipo pagano, arcaico, di un dio che remunera e punisce; un dio che smette di essere accettabile nel momento in cui nel mondo si verifica l'ingiustizia, la sofferenza e la morte di innocenti, anche per cause naturali, ecc...
a prescindere da cosa uno vuol credere, per i teologi essere convincenti coi "colleghi" è essenziale, perché altrimenti non lo si è più coi fedeli;
questo non va bene, per tanti motivi;La fede è un dono di Dio per tutti(siamo tutti sullo stesso piano).Il fatto è che per ricevere questo dono bisogna "allungare il braccio "per prenderlo,essere disponibili ad accettarlo.
l'indifferenziazione che sostieni - la fede donata a tutti - implica che decisiva per la salvezza in ultima analisi sia la sola ragione; che per la religione fai-da-te va bene, ma per chi deve sostenere la necessità di Cristo no; non è una cosa che si può argomentare a sentimento, visto che se ne è discusso per un millennio almeno, e si tratta di cose che si studiano a scuola;
si può legittimamente credere o meno, si tratta di fede; ma quando si importa la fede nell'immanenza, nel mondo, per farne un sistema teologico-morale, quello è proprio un sistema razionale, in cui i conti devono tornare, tutti e con precisione;
dire non afferriamo, o l'origine del Male è un mistero, dati i presupposti, è come se l'ingegnere aeronautico confessasse di non sapere se l'aereo che ha progettato e su cui stai per salire reggerà alle sollecitazioni del volo;
questa cosa che sostieni, con un dio che sa prima, ma l'uomo sarebbe libero di fare diversamente da quanto Dio sa già , non regge; quindi, o rinunci all'onniscienza, o alla libertà ; questo però non ti impedirebbe comunque di sperare di fare la cosa giusta, anche nell'idea che in fondo non sarai tu a decidere, e comunque desiderare di agire bene, sempre nella consapevolezza che questo desiderio non è un tuo merito;
il senso delle parole di Paolo era: è ovvio che agendo esprimete un giudizio, ma evitate di giudicare gli altri, perché non sapete e non c'è merito nell'essere o sentirsi giusti ; chiaramente, un messaggio che imbarazzava chi esibiva la devozione;
a prescindere dal credere o meno, apprezzare, ecc... non è un postulato stupido come sembrerebbe a prima vista, ad intuito, a chi pensi: come è possibile che io sia un burattino ?