Originariamente Scritto da
axeUgene
dici ?
a me pare che lo capiamo; di solito, chi fa qualcosa di immorale, si nasconde, o cerca di inventare scuse;
e va bene; fin qui siamo d'accordo;
su questo servirebbe un neurologo, ma suppongo che il limite per l'IVG sia stimato in base a questo; anzi, senza suppongo;
ecco, questa è una legittima opinione del credente, solo cattolico, però;
credo tu sappia che ortodossi e protestanti - cristiani a pieno titolo, trinitari, ecc... - non ritengono il matrimonio indissolubile, e sulla base degli stessi vangeli; non a gusto loro, ma per un preciso costrutto di senso evangelico, almeno i protestanti (800 milioni di fedeli nell'Occidente liberal-democratico, non una setta eccentrica e sparuta):
in caso di disaccordo tra i coniugi, quanto è "cristiano" che uno dei due vincoli l'altro al suo personale ed egoistico desiderio, sostenendo che si tratti di un volere divino ?
poi ci sarebbe anche l'altra questione essenziale. di filosofia del diritto, che forse a te sembra infantile, come mi apostrofi;
è perfettamente legittimo che un credente cattolico, oltre a non divorziare per intima convinzione, si adoperi per far prevalere la sua idea di morale in relazione al matrimonio, fino ad imporla anche a chi non crede o crede diversamente, se il credente ha dei motivi per ritenere che quell'opzione generi un degrado sociale;
ma dovrebbe argomentare la cosa, perché se la questione investe anche chi non crede, l'argomento religioso non basta più;
poni il caso che i Testimoni di Geova fossero maggioranza, e in grado di incidere politicamente e vietare le trasfusioni di sangue, perché nella loro lettura delle Scritture Dio le vieterebbe; ti basterebbe questa spiegazione ?
ecco, questo è un punto interessante;
io conosco bene e capisco perfettamente le motivazioni della Chiesa; non mi passa neanche per l'anticamera del cervello di criticarne il merito; anche perché, finché le questioni non diventano politiche, non è affar mio, ma dei credenti di quella chiesa;
quello che notavo, però, come semplice osservazione sociale, cioè:
una chiesa e i suoi credenti possono legittimamente far risalire a Dio la fonte della loro morale; io non mi permetto certamente di controbattere cose come Dio non esiste, o altro del genere; non foss'altro perché i miei stessi dogmi sono altrettanto arbitrari:
se io dico, come faccio: "Rachele è uguale a me, pertanto deve avere gli stessi diritti", questo è del tutto arbitrario; tu non sei uguale a me, ma diversa; sono io che asserisco il valore arbitrario dell'uguaglianza;
quello che mi colpisce è lo iato, la forbice, tra sensibilità e sentimento di giustizia e doverosità rispetto a quei precetti;
se io dico non rubare, qualcuno ruba, ma nessuno vuole essere derubato; il senso morale è condiviso;
ma le questioni preferite su cui la Chiesa cattolica si mobilita da molto tempo, e alle quali attribuisce un rilievo di moralità pubblica - non privata del credente - oggi incontrano una sensibilità morale di massa radicalmente diversa, anche di gente che si dice cattolica, e che non si nasconde affatto, ma argomenta;
quindi, la mia osservazione era:
per quasi due millenni i cristiani, tramite la chiesa e poi le chiese, si sono pronunciati in modo moralmente "forte" su questioni pubbliche molto rilevanti, sulle quali venivano poste sfide che i destinatari di quel messaggio potevano apprezzare o meno, ma andavano comunque ad incidere in modo decisivo sulle sensibilità;
oggi - fatta eccezione per vaghe esortazioni all'amore alla carità - quando la Chiesa e i credenti osservanti si pronunciano, lo fanno su questioni e con argomenti che non incontrano nemmeno di striscio la sensibilità morale condivisa, ma il più delle volte rinunciano proprio ad esporre il valore morale;
tu hai riepilogato come perché, un modulo auto-assertivo della Dottrina: lo dice Dio; che va bene, ma non spiega la moralità; per esempio, di vietare la contraccezione in un mondo in crescita demografica geometrica; oppure l'indissolubilità di unioni a fronte della palese insostenibilità di troppe famiglie, coi femminicidi che sono solo la punta emersa di un iceberg; o ancora, il divieto di rapporti pre-matrimoniali, in una società in cui ci si sposa a 35 anni...
sia chiaro: non sto giudicando il merito: la Chiesa deve dire quel che ritiene opportuno, e così i credenti osservanti;
ma ha un senso predicare valori morali così poco condivisi, dove chi non condivide non si vergogna e nasconde, ma argomenta in termini di diversa moralità ?
la mia è solo una constatazione, per cui il baricentro della predicazione e dell''identità cristiana - soprattutto cattolica - è scivolato da un livello nobile e alto - per quanto potesse essere discutibile - a identità di una specie di setta di ottuagenari conservatori, che in effetti ha poco o nulla di rilevante da dire.