Citazione Originariamente Scritto da sandor Visualizza Messaggio
mi pare che a partire dalla "promessa biblica" ad abramo da parte di Dio, gli ebrei siano "sicuramente" un popolo, sempre a partire dalle fonti, che in definitiva sono quelle bibliche. il fatto che sempre gli ebrei siano un po' come noi "italiani", cioè si trovino sparsi un po' dappertutto nel mondo è un fatto che si lega alla loro storia di "popolo", per l'appunto, e cioè a partire dalla ultima diaspora
mi limito a questo, perché ogni volta che rispondi si dovrebbe redigere un'enciclopedia, oltre che mandare in vacca il 3d con sotto-argomenti troppo eccentrici;

la questione è che la definizione di "popolo" è cambiata moltissimo nei millenni; forse gli ebrei erano un popolo 3mila anni fa, quelli che abitavano nella odierna Palestina; a quel tempo, per popolo si poteva al più intendere un insieme di tribù accomunate da ortoprassi che potevano essere politiche, religiose, o entrambe;

gli ebrei della diaspora però hanno vissuto per due millenni in contesti nei quali poteva sopravvivere l'ortoprassi identitaria - nel caso la religione - ma in cui l'idea di "popolo" era totalmente diversa: in epoca romana, era la cittadinanza, per cui S. Paolo era "popolo" - cives - romano, come tanti ebrei che restavano tali;
nel medioevo il "popolo" erano i cittadini-sudditi liberi, in genere artigiani, commercianti, ecc... delle città o dei borghi, contrapposti concettualmente ai nobili latifondisti e ai loro servi del "contado" feudale, i "contadini";

l'idea di un "popolo" come lo intendiamo noi - comunità culturale che si identifica in alcuni tratti, variabili - nasce con la Rivoluzione francese e con la circostanza di una coalizione internazionale che comprime i "francesi", e si risolve nella battaglia di Valmy;

fino a quel momento, nel mondo legittimista, non si poneva un problema di congruenza politico-culturale tra stato e identità dei governati; il cittadino o contadino savoiardo e francofono non aveva un problema nel far capo ad un re che stava a Torino - francofono pure lui, come tutti i regnanti, inclusi zar e zarine tedesche che governavano in Russia - ma capace di parlare in dialetto piemontese; Enrico IV, il re apostata, era re di Navarra, che oggi consideriamo "Spagna";

la quasi totalità degli europei era analfabeta e in tutta la vita si spostava al massimo di qualche decina di km; pochissimi avevano mai visto una carta geografica ed erano consapevoli di collocazioni, distanze; magari avevano sentito dire di Vienna o Madrid, ma tutti erano legati ad una loro piccola comunità locale o regionale, ebrei inclusi; i quali, erano in qualche modo tenuti coesi dalle interdizioni e dalla comune ortoprassi religiosa; ma questo non ne faceva certo un "popolo";

peraltro, proprio con la Rivoluzione francese è iniziata ovunque una nazionalizzazione delle masse, divenuta prassi comune con le guerre napoleoniche, in cui si è ribaltato quello schema di Valmy; Fichte esortava i "tedeschi" ad essere nazione, laddove prima erano comunità distinte, bavaresi, renani, assiani, sassoni, brandemburghesi, ecc... peraltro nemmeno accomunati da "una fede", visto che si erano massacrati per 30 anni proprio su quello, sancendo l'irrilevanza della religione;

quella non era la "nazione del sangue", come la rielaborarono i nazisti, in base ad un pedestre razzismo biologico; "tedesco" era chi avesse espresso la Kultur, la civiltà tedesca; una cosa parecchio complessa, e anche poco agevole da definire; in questo, in tutta Europa, gli ebrei non erano percepiti da nessuno come un "popolo";
Voltaire ce li aveva sui coglioni perché restavano aggrappati a quella religione che appariva tanto arcaica;

ma la nazionalizzazione delle identità, viene ovunque con l'istituzione della cittadinanza di modello francese che, tra l'altro, emancipava le minoranze, unificate nella "nazione" - i protestanti italiani festeggiano l'atto di Carlo Alberto, perché prima, da "eretici", non erano cittadini, proprio come gli ebrei;

pertanto, l'intendimento ideologico della nazionalizzazione dei "popoli", automaticamente assimilava gli ebrei, non solo tra nazioni relativamente omogenee, come Francia e Germania, ma anche negli imperi multinazionali - Russo e asburgico - dove viveva la maggior parte degli ebrei europei; quando il Kaiser si rivolgeva "ai miei popoli", nell'elenco non figuravano gli ebrei, significativamente non considerati un "popolo"; l'ebreo austriaco era un austriaco, quello ungherese un ungherese, ecc...
a nessuno, prima dei nazisti, veniva in mente che Heine o Mendelssohn non fossero tedeschi, e nessuno lo pensa oggi, perché quei due e molti altri sono in effetti l'ombelico dell'anima romantica tedesca, né tantomeno quelli e tutti i parenti loro pensavano davvero che il loro posto fosse la Palestina; come certamente non lo pensava Marx, che era protestante e aveva sposato una grande aristocratica;

noi italiani siamo in effetti diventati davvero tali solo con la militarizzazione della Grande guerra; il compito principale degli ufficiali di complemento, dapprima diplomati, e alla fine con la licenza media, era quello di fare da interpreti a gente che non parlava la stessa lingua; non so se sei mai stato a Bari... immagina un ciabattino di Belluno alle prese con quello in trincea, che parlava solo il dialetto...

quindi, gli ebrei come "popolo", sono una conseguenza di una deriva estrema del nazionalismo che il nazismo ha fatto sua con un culto del "sangue" che è stato da subito poco efficiente in termini ideologici; e il sionismo è stata la reazione necessaria di quell'epoca, ma viziato dallo stesso equivoco di fondo;

anche perché, oltre a tutti gli equivoci europei sulle identità nazionali, nel frattempo l'idea di nazione nel mondo ha determinato identità totalmente disgiunte dall'ethnos, come in tutto il mondo anglosassone e in Sud-America, nei paesi d'immigrazione in cui la nazione è un concetto che rimanda all'elettività; ti chiami Pittaluga o Pautasso - cognomi genovese o piemontese - e tuo nonno è andato a Buenos Aires ? sei argentino; Palumbo o Scirè a New York ? sei americano;

e, allo stesso modo, oggi sono "nazione israeliana" gli ebrei immigrati in Israele, ma pure gli arabi cittadini che si sentono tali; ma l'ebreo di New York non fa parte di un popolo alternativo a quello americano, per quanto possa simpatizzare per Israele o avere il diritto ad abitarci; in effetti, potrebbe pure il sig. Pittaluga in Italia; ma se ti presenti al confine americano col passaporto italiano - che dovrebbe garantire il visa waiver, l'ingresso senza visto preventivo - e l'addetto dell'immigration vede che sei residente a Buenos Aires, mica ti fa entrare;

sul concetto di democrazia e medioriente. israele, e te lo dico con una certa convinzione perché ho studiato in uni il fenomeno, non è una democrazia ma una teocrazia, al pari di iran e afghanistan e giordania ecc. questo è il punto dolente
un po' sì, e un po' no;
quello che sostieni riguarda il diritto alla cittadinanza su una base che si fraintende come "religiosa", laddove però la religione è solo un indicatore sostitutivo di uno ius sanguinis, che con gli ebrei è impossibile da definire, se non assumendo che la religione in via matrilineare implichi un'appartenenza all'ethnos, cosa peraltro smentita dalla genetica degli stessi ebrei;

ma questo non fa di Israele una teocrazia, visto che la religiosità non è un requisito della vita civile sancito dalla legge; in Israele potrebbero per ipotesi essere tutti non credenti e nemmeno osservanti un ortoprassi religiosa, mangiare tutti il prosciutto e lavorare al sabato, e Israele resterebbe lo steso stato, in termini di personalità giuridica;
al contrario, una vera teocrazia, come quella islamica, si estinguerebbe come tale nel momento in cui le leggi stabilissero principi di laicità; se non imponi il velo, e il primato di determinati costumi religiosi, viene meno il fine stesso di quello stato; analogamente, negli USA vigeva la segregazione razziale dei neri; ma la costituzione americana non poneva quella come fine dello stato, e quindi hanno avuto il presidente nero;

mentre è impossibile pensare al nazismo senza razzismo, visto che il fine ultimo dello stato è quello di ordinare il mondo per gerarchie razziali; avresti un paradosso analogo a quello che nel diritto civile è il contratto senza un fine.

ps. ti prego di non divagare per la tangente in base a questi miei esempi fuori 3d; magari aprine uno apposito sulla dottrina giuridica o su altro che si discosti troppo dall'argomento, grazie