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Risultati da 76 a 90 di 99

Discussione: Paleoestetica e neuroestetica

  1. #76
    Ho trovato questo poster che raccoglie molte "Veneri paleolitiche". Impressionante, in quanto estremamente suggestiva e "contemporanea", quella "astratta" (ultima, in basso a destra)

    flat,750x,075,f-pad,750x1000,f8f8f8.jpg

    Interessanti i volti nelle figurine (in avorio di mammouth) : Période Paléolithique supérieur, culture de Mal'ta-Buret', c. 23 000 – 19 000
    Découvertes sur le site de Mal'ta, sur la rivière Angara, près du lac Baïkal dans l'oblast d'Irkoutsk, en Sibérie, Russie.

    20-figurines-from-malta-upper-paleolithic-period-malta-v0-adlrkksd3uhb1.jpg
    Ultima modifica di restodelcarlino; 05-02-2025 alle 10:34

  2. #77
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    In altro topic la poesia di Kanyu dedicata a “Il sentiero dei melograni” mi ha ispirato ed offerto la possibilità di ampliare il tema di questo topic collegando la Dea Madre alla simbologia della melagrana, e si apre un vasto orizzonte.

    Come già detto, i reperti e i miti dimostrano che la cultura della Grande Madre della Terra e degli esseri viventi ha permeato gran parte dell’Europa e non solo.

    La Dea Madre, nel suo duplice ruolo di colei che dà la vita o la morte era denominata in vari modi, a seconda della località: per esempio Ninhursaq, Cibele, Gaia, Rea, Demetra. E come la Grande Madre queste divinità esprimevano il ciclo della nascita, sviluppo, maturità, declino, morte, rigenerazione della natura.

    Nel tempo durante gli scavi archeologici sono state rinvenute statuette della dea con attributi simbolici: animali, alberi, frutta, come la melagrana, considerata simbolo sia di fecondità che di morte.

    Nel Museo di Paestum (prov. di Salerno) è conservata una statua arcaica, che raffigura la dea Hera nella postura della kourotròfos (= colei che nutre) ma nella mano destra ha una melagrana.


    Hera in trono con la melagrana nella mano destra.

    L'albero del melograno evoca il mito greco di Persefone (= Kore), entrata nella mitologia romana col nome di Proserpina. Nelle sculture o pitture è spesso raffigurata con il fiore o il frutto del melograno in mano per simboleggiare la sua funzione di regina nel regno dei morti.

    Il mito narra che Persefone, figlia di Demetra (la dea della terra e dell’agricoltura) e di Zeus, mentre stava cogliendo un narciso fu rapita da Ade (significa “invisibile”) il dio degli Inferi e del regno dei morti, noto anche come Plutone, nome che deriva dal greco “plùtos”.

    Demetra, dea dei misteri eleusini ed anche delle messi e della fecondità, dopo lunghe ricerche riuscì a scoprire dov’era la figlia. Decise di vendicarsi non facendo più crescere la vegetazione sulla Terra. Allora Zeus inviò Ermes, il messaggero degli dei, da Ade per ordinargli di rimandare Persefone dalla madre.

    Ade obbedì al volere di Zeus, ma prima fece mangiare alla sua amata sei chicchi di melagrana, per costringerla, come per magia, a far ritorno nell’Ade per alcuni mesi l’anno.

    Le stagioni Autunno e Inverno le trascorreva nel regno dei morti e svolgeva la stessa attività del suo consorte, Ade. Negli altri sei mesi (Primavera ed Estate) tornava sulla Terra per stare con sua madre, Demetra, che fece rifiorire la natura.
    Ultima modifica di doxa; 07-02-2025 alle 08:30

  3. #78
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    Paestum: il cosiddetto Heraion o tempio di Hera Argiva (= Hera di Argo, antica città della Grecia a 5 km dal golfo di Nauplia, nel Peloponneso), protettrice dei matrimoni, della fertilità e della navigazione.

    Nella Magna Grecia nel VI sec. a. C. furono i coloni di Sibari a “fondare” questa località, abitata fin dal paleolitico, come evidenziano i resti archeologici rinvenuti. I Sibariti la denominarono Poseidonia, in onore di Poseidone, dio del mare, dei terremoti e dei maremoti. Poi nel V sec. a. C. fu conquistata dai Lucani e la chiamarono Paistom.

    Nel 273 a. C. la zona fu occupata dai Romani e la denominarono Paestum. E’ nel territorio del Comune di Capaccio-Paestum, nella piana del fiume Sele vicino al litorale, nel Golfo di Salerno.

    Il santuario di Hera è a circa 1,5 km dall'attuale linea di costa, a seguito dell'avanzamento di quest'ultima, rispetto all'antica collocazione, per il deposito dei sedimenti alluvionali portati dal fiume.

    All’inizio l’Heraion era un’area sacra all’aperto, con un altare e un portico per l’accoglienza dei fedeli. In seguito fu costruito un nuovo tempio.

    Nel V sec. a. C. i Lucani ampliarono il santuario con un nuovo portico e un altro edificio. Successivamente, IV sec. a. C., nelle vicinanze fu costruita una nuova struttura a pianta quadrata, adibita alla tessitura. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce pesi da telaio ed una statua che raffigura Hera, seduta in trono con alto copricapo (polos) ed una melagrana nella mano destra.



    Nel secondo sec. d. C. ci fu la decadenza di quello che era stato uno dei più importanti santuari dell’antichità. I sedimenti alla foce del fiume Sele formarono una palude. Ma rimase una zona sacra.

    Con l’avvento del cristianesimo il culto pagano dedicato ad Hera, dea protettrice pure della vita coniugale, fu sostituito con quello dedicato a Maria Madre di Dio, localmente detta Madonna del Granato (= melagrana) raffigurata seduta in trono come Hera Argiva, ma con il Bambino sostenuto dal braccio sinistro.



    La Madonna del Granato viene festeggiata il 15 agosto


    La chiesa è anche cattedrale, collocata sul Monte Calpazio, che domina la vallata del fiume Sele, nel territorio di Capaccio-Paestum.

    Il primo santuario fu costruito intorno all’anno Mille dagli ultimi abitanti della zona per fuggire dalla malaria e difendersi dagli attacchi saraceni. Poi l’edificio fu ristrutturato varie volte. E’ a tre navate ed ha una torre campanaria.

    I fedeli esprimono la loro fede verso questa raffigurazione mariana offrendole in dono anche melagranate.

    La venerazione per la Madonna del Granato è un esempio di continuità del culto pagano dedicato ad Hera (= Giunone per gli antichi Romani) poi modificato da quello cristiano.

    La posizione panoramica del santuario offre una vista spettacolare sul Golfo di Salerno, rendendolo non solo un luogo di culto, ma anche meta turistica.
    Ultima modifica di doxa; 09-02-2025 alle 21:07

  4. #79
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Culto, turismo, storia.... c'è tutto!
    amate i vostri nemici

  5. #80
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    Cono ha scritto

    Culto, turismo, storia.... c'è tutto!
    Beneamato Cono a volte mi piace immaginarti come un erote alato. Al mattino voli sui nostri post, lasci il tuo breve commento di maestro-giudice e ci lasci gementi e piangenti fino al mattino successivo.


  6. #81
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    Non posso stare tutto il giorno al computer...

    Beneamato è bellissimo! Grazieeee
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  7. #82
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    Oggi l’albero del melograno mi evoca la Toscana, perciò dedico questo post a Vega e a Efua, ma non escludo Cono. “Venerando” amico, tu che conosci le nostre “biografie”, chi altro in questa comunità virtuale abita in Etruria e che io ignoro ? Rendimi edotto.

    Stamane voglio “cantare” una “Madonna col Bambino e angeli”, detta “Madonna della melagrana”, dipinta nel 1487 a tempera su tavola tonda da un pictor rinascimentale, il messere fiorentino Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, conosciuto col nome d’arte Sandro Botticelli (1445 – 1510).

    Il tondo rappresenta la solita tipologia della Madonna col Bambino, commissionata dalla magistratura fiorentina dei “Massai di Camera” per decorare la propria sala delle udienze nel Palazzo della Signoria (Palazzo Vecchio).
    La magistratura dei “Massai di Camera” era un organo amministrativo della Repubblica fiorentina. Tale magistratura fu soppressa nel 1533.
    Nel XVII secolo il dipinto entrò a far parte della raccolta del cardinale Leopoldo de’ Medici, nel 1780 giunse alla Galleria degli Uffizi.



    Maria è al centro della composizione, seduta in trono. Indossa il mantello blu, la tunica di colore rosso scuro, e copre con un velo i suoi riccioli biondi. Ha il viso ovale e lo sguardo assorto.

    Sul grembo tiene il Bambino, che dalla mano sinistra della madre afferra la melagrana, i suoi semi (gli arilli) simboleggiano l’abbondanza e la fecondità.


    dettaglio

    Attorno a loro ci sono sei angeli. Il loro sguardo è rivolto verso punti diversi.

    Osservate i primi due ai lati, sembrano appoggiarsi su di un festone di rose rosse e bianche: l’angelo a destra è raffigurato di profilo, mentre quello a sinistra volge lo sguardo verso lo spettatore e indossa una stola sulla quale ci sono ricamate le parole “Ave Gratia Plena“. Entrambi reggono dei lunghi gigli bianchi, simbolo della purezza di Maria.

    Dietro di loro si vedono altre due coppie di angeli: in quella di sinistra, uno legge un libro con la mano appoggiata sulla spalla del vicino che ha lo sguardo rivolto verso l’alto, in quella di destra l’angelo con il libro guarda lo spettatore mentre il compagno sembra sussurrare qualcosa al suo orecchio.

    In alto si dirama una raggiera luminosa, emanazione della grazia divina.

    La lignea cornice intagliata e dorata, nella circonferenza è ornata con gigli su fondo blu.

  8. #83
    Sul tema "Maternità", propongo quella che é probabilmente l'immagine più antica

    Serra_da_Capivara_-_Painting_8.jpg

    L'immagine a sinistra é universalmente reputata un parto.

    Proviene dal parco archeologico brasiliano "Serra de Capivara", che comprende circa un migliaio di siti, dei quali più di 600 con pitture rupestri datate 20000-30000 anni fa.

    Datazione che rimette in discussione l'arrivo dell'homo sapiens da nord dopo il picco della grande glaciazione.
    Ma questa é un'altra storia.

  9. #84
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    Oggi l’albero del melograno mi evoca la Toscana, perciò dedico questo post a Vega e a Efua, ma non escludo Cono. “Venerando” amico, tu che conosci le nostre “biografie”, chi altro in questa comunità virtuale abita in Etruria e che io ignoro ? Rendimi edotto.

    Stamane voglio “cantare” una “Madonna col Bambino e angeli”, detta “Madonna della melagrana”, dipinta nel 1487 a tempera su tavola tonda da un pictor rinascimentale, il messere fiorentino Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, conosciuto col nome d’arte Sandro Botticelli (1445 – 1510).

    Il tondo rappresenta la solita tipologia della Madonna col Bambino, commissionata dalla magistratura fiorentina dei “Massai di Camera” per decorare la propria sala delle udienze nel Palazzo della Signoria (Palazzo Vecchio).
    La magistratura dei “Massai di Camera” era un organo amministrativo della Repubblica fiorentina. Tale magistratura fu soppressa nel 1533.
    Nel XVII secolo il dipinto entrò a far parte della raccolta del cardinale Leopoldo de’ Medici, nel 1780 giunse alla Galleria degli Uffizi.



    Maria è al centro della composizione, seduta in trono. Indossa il mantello blu, la tunica di colore rosso scuro, e copre con un velo i suoi riccioli biondi. Ha il viso ovale e lo sguardo assorto.

    Sul grembo tiene il Bambino, che dalla mano sinistra della madre afferra la melagrana, i suoi semi (gli arilli) simboleggiano l’abbondanza e la fecondità.


    dettaglio

    Attorno a loro ci sono sei angeli. Il loro sguardo è rivolto verso punti diversi.

    Osservate i primi due ai lati, sembrano appoggiarsi su di un festone di rose rosse e bianche: l’angelo a destra è raffigurato di profilo, mentre quello a sinistra volge lo sguardo verso lo spettatore e indossa una stola sulla quale ci sono ricamate le parole “Ave Gratia Plena“. Entrambi reggono dei lunghi gigli bianchi, simbolo della purezza di Maria.

    Dietro di loro si vedono altre due coppie di angeli: in quella di sinistra, uno legge un libro con la mano appoggiata sulla spalla del vicino che ha lo sguardo rivolto verso l’alto, in quella di destra l’angelo con il libro guarda lo spettatore mentre il compagno sembra sussurrare qualcosa al suo orecchio.

    In alto si dirama una raggiera luminosa, emanazione della grazia divina.

    La lignea cornice intagliata e dorata, nella circonferenza è ornata con gigli su fondo blu.
    L'ultima volta che visitai gli Uffizi (aprile 2019) questo quadro mi commosse fino alle lacrime. Dovessi dirti perché sarei in difficoltà. Mi fa piangere e stop.
    amate i vostri nemici

  10. #85
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    Grazie Carlino per la tua interessante collaborazione !




    hai scritto
    L'immagine a sinistra é universalmente reputata un parto.

    Proviene dal parco archeologico brasiliano "Serra de Capivara", che comprende circa un migliaio di siti, dei quali più di 600 con pitture rupestri datate 20000-30000 anni fa.
    Lascia stupiti osservare la capacità di astrazione umana sviluppata nel tempo.

    Le antiche pitture parietali rappresentano l’evoluzione delle menti della nostra specie: l’idea, il gesto creativo tramite il quale l’immaginato viene disegnato, dipinto.

    Mi hanno consigliato di acquistare il libro scritto dalla docente universitaria Silvia Ferrara, titolato “Il salto. Segni, figure, parole: viaggio all’origine dell’immaginazione”, edito da Feltrinelli.

    Carlino pensa allo sforzo cognitivo necessario per passare dal disegno a due dimensioni sulla superficie murale alle statuine preistoriche tridimensionali. E’ un processo mentale complesso immaginare e poi delineare i contorni di quanto rappresentato. E’ determinante coordinare il cervello con gli arti e con i selezionati materiali pittorici per concepire mentalmente le figure in ambienti come le caverne, forse carichi di simbolismi, della primitiva sacralità, di interpretazioni magico-religiose della realtà.

    Un libro fotografico fu edito da Feltrinelli nel 2007, ed è titolato: “Nascita della figura umana. Le prime immagini dell'homo Sapiens dal paleolitico all'età dei metalli”, scritto da Jean-Paul Demoule e da Erich Lessing.
    Ultima modifica di doxa; 12-02-2025 alle 09:18

  11. #86
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    Sforzo cognitivo unito a una sempre più sviluppata capacità di autoanalisi, secondo me. C'è del sentimento in quelle pitture rupestri e in quelle statuette. C'è un'emozione.
    amate i vostri nemici

  12. #87
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    Le vostre immagini preistoriche di statuette femminili (impropriamente Veneri paleolitiche) mi ricordano Marija Gimbutas, la famosa archeologa lituana che studiò questi ed altri simbolismi arcaici. In un arco temporale vasto decine di migliaia di anni, in culture e territori differenti è emerso un comune sentimento di sacralità verso le manifestazioni del femminile.
    Parlo di sacralità, perchè le divinità si configurano come tali solo nelle fasi più recenti della storia evolutiva dell’homo simbolicus, quello che sta alla base dei fenomeni religiosi.
    Tornando alla Gimbutas credo che meriterebbe un monumento per il suo grande sforzo di decrittare “il linguaggio della Dea” dai segni geometrici incisi in migliaia di ceramiche, ossa, manufatti ecc.
    Si tratta di segni apparentemente decorativi in quanto si ripetono sempre: triangoli, zig zag, meandri, spirali ecc. Sono illustrati con centinaia immagini in questo che è uno dei suoi libri più famosi.

    Quando si parla di Gimbutas però nascono tediose discussioni che non si concentrano tanto sulle sue ricerche, bensì sull’immaginario che questa concezione di centralità femminile proietta nella nostra mente moderna. Una mente modellata da questa società ancora segnata da un patriarcato millenario.
    E così si attacca l’idea di un matriarcato, solo per l'infantile idea che i generi maschile e femminile siano “naturalmente” opposti uno all’altra.
    Il sistema sociale del patriarcato (archè=primato, arh=potere) non si caratterizza perché c’è un umano con il pisello a capo della famiglia, bensì dal fatto che un genere esercita un potere di autorità sull’altro genere.
    E’ una dominanza morale, sociale ed economica che si manifesta in forme diverse in culture ed epoche diverse, ma con la medesima sostanza di potere e subordinazione.

    Ma allora qual è l’opposto della società patriarcale?
    La società “gilanica”, una società di mutua cooperazione nelle diversità. Si tratta un neologismo (inventato da Riane Eisler o dalla stessa Gimbutas, non so) che combina le iniziali gy- e an- delle parole greche donna e uomo, con lo scopo di raffigurare la cooperazione e la complementarietà sociale dei due generi. E' questo concetto che probabilmente e necessariamente caratterizzava le società arcaiche, a partire da quelle dei cacciatori-raccoglitori che lasciarono tracce anche in società più complesse, fors’anche gli etruschi e i minoici di Creta. Linguaggio-Dea-cop_alta-risoluz.jpg

  13. #88
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    scusate la ripetizione ma il tasto modifica il messaggio/elimina non funziona oppure sono io incapace, ma il risultato sono tre messaggi: un po troppi!

  14. #89
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Ciao e benvenuto sul forum!
    La società “gilanica”, una società di mutua cooperazione nelle diversità, scrivi. Concetto ripreso poi dal Cristianesimo quando (a proposito di comunità, assemblea, famiglia e matrimonio) parla di armonia dei ruoli e di carismi....

    Grazie, molto interessante!
    Rimani fra noi.
    amate i vostri nemici

  15. #90
    Citazione Originariamente Scritto da conogelato Visualizza Messaggio
    La società “gilanica”, una società di mutua cooperazione nelle diversità, scrivi. Concetto ripreso poi dal Cristianesimo quando (a proposito di comunità, assemblea, famiglia e matrimonio) parla di armonia dei ruoli e di carismi....
    Hai qualche argomento, serio, a supporto?
    In quanto, naturalmente, prima di questo post di Adalberto (che saluto e ringrazio), ben conoscevi l'esistenza di una "società gilanica".
    Che testi hai letto nella materia?
    Chiedo, in quanto io sono incompetente e vorrei apprendere.

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