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Discussione: Le nuove tecnologie digitali: cornucopia o vaso di Pandora?

  1. #1

    Le nuove tecnologie digitali: cornucopia o vaso di Pandora?

    Premessa 1) Si, il tema AI mi interpella. Parecchio.
    Premessa 2) L'argomento non é "Religione 100%", ma come "Mossiere delle corse di topi" al topodromo , che per i poliglotti dell'inglisc sarebbe "topic starter", lo metto qui (estorcendo con luisnghe e charme il non obstat rosciogovernativo), affinché chiunque possa esprimersi in totale libertà senza timore e senza speranza di martirio.


    Le nuove tecnologie digitali sono il Corno di Amaltea, meglio noto come Cornucopia di Abbondanza o il Vaso di Pandora?
    Se sono un dono, é avvelenato, come la mela di Biancaneve ? Forse, no. Lo sono le sue conseguenze ?
    Ogni innovazione si porta dietro la stessa ambivalenza: è uno strumento che rende più liberi o una forza che sfugge al controllo?
    Con il digitale, e in particolare con l’intelligenza artificiale, questa nuova tecnologia è diventata pervasiva. Le tecnologie non sono più attrezzi nelle nostre mani: sono ambienti, abitudini, automatismi. Sono diventate il contesto stesso in cui pensiamo, parliamo, decidiamo. Non si tratta più di uno strumento che usiamo, ma di un ecosistema in cui siamo immersi o di un processo del quale facciamo parte.
    Sono pervasive perché si diffondono rapidamente ed ovunque. Sembrano una cornucopia perché producono abbondanza, possibilità, connessioni. Connettività immediata , accesso immediato a dati, conoscenza, servizi. Comunicazione continua. Automazione e ottimizzazione di compiti complessi. Assistenza in tempo reale. Una sorta di efficienza diffusa, che promette di alleggerire la fatica e ottimizzare la vita.
    I vari Feisbuc, Icse, Ticchetocche (i "sosial nétuorch") ne sono un esempio lampante. Offrono la possibilità di esistere pubblicamente, di aggiornare la propria presenza, di condividere in ogni momento. Offrono visibilità, senso di appartenenza, orizzonti infiniti di stimoli.

    Eppure, è proprio in questa sovrabbondanza che si nasconde il rischio, come il veleno nella mela. Il "programma-che-fa- tutto ", l'algoritmo, per parlar difficile, non è neutro: seleziona, filtra, organizza . Quello che offre come illimitato, é in realtà selezionato da criteri (più o meno opachi) e mostra ciò che conferma, amplifica le polarizzazioni, trasforma la complessità in reazione. Si pensa di essere “in rete”, ma si è in realtà, spesso più soli. Si dice “interazione”, ma è spesso solo esposizione.
    Evocare il “vaso di Pandora” significa sottolineare l’imprevedibilità dei danni. Non si tratta solo di rischi tecnici o di malfunzionamenti: il vero "vaso ", oggi, è la combinazione tra tecnologia autonoma e irresponsabilità umana. Le piattaforme sociali, ad esempio, hanno ridisegnato le forme dell’opinione pubblica. Non è più solo cosa si pensi, ma come il pensiero si forma e si diffonde: in tempi rapidi, con linguaggi semplificati, in ambienti polarizzati e privi di contesto giuridico
    La promessa di connessione ha coinciso con una forma sottile di alienazione.
    Le relazioni sono diventate flussi, i legami notifiche, l’identità un aggiornamento continuo. Il profilo é, nello stesso tempo, quello che si é e quello che si vorrebbe essere. Nella cosiddetta “società liquida” (per far felice un improbabile MaestroGiudice che legga) nulla è fatto per durare: ogni cosa scorre, e ogni cosa si dimentica. E le relazioni diventano connessioni temporanee
    La comunicazione stessa si è spostata su binari sempre più standardizzati: messaggi vocali, faccine, testi sincopati... Comunicazione rapida, ma non necessariamente "dialogo ", non necessariamente "umana".
    Un caso emblematico è il proliferare dei servizi vocali automatizzati. Intere filiere del contatto umano come assistenza, orientamento, dialogo, sono state sostituite da voci sintetiche e interfacce automatiche. Sono efficienti, neutre, educate, alcune pure simpatiche, certo. Ma non ascoltano , reagiscono invece di accogliere. Non comprendono la frustrazione, non gestiscono l’imprevisto. Sono progettate per ridurre il costo, non per accogliere la complessità del vissuto umano. Così, l’esperienza dell’essere ascoltati da un altro essere umano, con i suoi ritmi, incertezze e ...calore, diventa eccezionale.
    La disumanizzazione non è uno choc violento, ma una deriva impercettibile: un contesto in cui l’umano in carne e ossa appare sempre più fuori luogo.
    Il risultato è una sensazione crescente di disumanizzazione: si interagisce, ma non si incontra nessuno. Alienazione.
    Anche l’intelligenza artificiale generativa, che produce testi, immagini, contenuti, rafforza questa dinamica. Il contenuto diventa istantaneo, ma svuotato di esperienza. Il gesto creativo viene spinto ai margini.
    La creatività non scompare, ma viene ridefinita: deve adattarsi al ritmo della macchina, all’estetica dell’algoritmo, al formato della piattaforma. È un passaggio sottile, ma fondamentale: da “creare” a “produrre per essere visti”.
    In questo scenario, la tecnologia non è più qualcosa che ci aiutia affiancandoci : é qualcosa che ci forma.
    Il rischio maggiore non è che l’IA ci superi in intelligenza, ma che ci sostituisca nelle scelte senza che ce ne accorgiamo. Si comincia per comodità: lasciando che l’assistente suggerisca, che l’algoritmo proponga, che il sistema automatizzi. E si finisce per delegare anche ciò che ci é intrinseco: il dubbio, il giudizio, l’attesa scelta come tale.
    .
    Mettiamo da parte allarmismi ed entusiasmi e le dicotomie (mi piace ) assolute ed implacabile, non per il relativismo del debole, ma per vigilanza attenta. Una domanda chiave, forse, é chiedersi che tipo di umano viene implicato da queste tecnologie. Quali abitudini cognitive, emotive, relazionali si consolidano nel suo quotidiano digitale?
    Per esempio: il fatto che possiamo generare contenuti in modo automatico rende meno importante la creazione umana? O sposta semplicemente il valore su altri piani (il contesto, l’intento, l’etica dell’uso)? Oppure ancora: se possiamo ottimizzare ogni scelta tramite i dati, cosa succede al margine di incertezza che chiamiamo “libertà”? L’ottimizzazione cancella il dubbio o lo rende più acuto?
    Le nuove tecnologie sono strumenti potenti, ma non neutrali. Ogni tecnologia incorpora una visione del mondo. Quando affidiamo "alle macchine "(d'acciaio o di bit) il compito di decidere cosa sia rilevante, cosa sia giusto, cosa sia efficiente, stiamo anche accettando un modo implicito di definire il reale. Il rischio non è solo che qualcosa ci sfugga, ma che non ci accorgiamo nemmeno di cosa ci stia sfuggendo.

    Allora, cornucopia di Abbondanza o vaso di Pandora?
    La vera difficoltà sta nel fatto che le due immagini sono inseparabili. Ogni innovazione porta con sé sia la promessa dell’abbondanza sia la possibilità dello squilibrio. Il punto non è stabilire cosa siano le tecnologie, ma cosa possano divenire in un certo contesto umano. Il digitale può amplificare la creatività o moltiplicare la noia. Può aprire mondi o chiuderli sotto la patina del già noto. Può semplificare la vita o svuotarla di senso.
    Storicamente, l’umanità é apparsa spesso inizialmente impacciata davanti alle proprie stesse invenzioni. Ma è proprio in questo impaccio – nel non sapere subito cosa fare con ciò che si é creato – che si apre lo spazio critico. Uno spazio per porci le domande giuste prima di cliccare “accetta”.

    Riassumendo, arrivviamo ad una conclusione, tutto sommato, scontata e banale.
    Le nuove tecnologie digitali non sono né salvezza né dannazione. Non sono dono di Abbondanza o di Pandora. Sono specchi potenziati. Riflettono ciò che siamo, amplificano ciò che desideriamo, distorcono ciò che non vogliamo vedere.
    Il compito non è giudicarle, ma gestirle. Non adorare la cornucopia, né maledire il vaso: conviverci con attenzione.


    Non c'é "problema", allora ?
    Ed invece, si.
    Uu problema non di " progresso ", se cornucopia di Abbondanza o vaso di Pandora, ma di" Simmetria."
    Perché forse la buona domanda non è più cosa siano queste tecnologie, né come influenzino la nostra vita quotidiana, ma chi ne sia il proprietario.
    Chi controlla l’infrastruttura controlla anche l' informazione, la percezione, controlla tutto. E in questa dinamica, si apre una frattura sempre più larga e profonda.
    Un’élite ristretta tecnico-finanziaria-dell'informazione possiede gli strumenti per usare davvero la cornucopia: ottimizzazione, previsione, automazione di alto livello, potere narrativo e "media" col conseguente potenziale manipolatorio. E non manca il potere politico, che sta scoprendo "l'arma totale "
    La cornucopia è nelle mani dei pochi. E funziona. Sforna dati, vantaggi, rendite, previsioni, capacità d’influenza. Potere, soprattutto Potere.
    Il vaso di Pandora, invece, è ciò che resta alla massa: disorientamento, sovraccarico di informazioni e carenza di conoscenza , solitudine relazionale, narrazioni tossiche, automazione delle scelte, simulacri di umanità..
    Non è una dittatura. È qualcosa di più sottile.
    Nessuno impone, nessuno vieta. Ma ogni giorno milioni di persone interagiscono volenti, inconsci o nolenti, con sistemi che non comprendono, che le condizionano senza violenza. Si sentono libere, mentre vengono lentamente modellate.
    Il prezzo non è solo economico. È cognitivo, relazionale, simbolico, etico...Umano
    La distanza tra chi gestisce e chi subisce diventa strutturale.
    Chi possiede il “sistema” lavora per estendere la sua presa. Chi non lo possiede, vive in un’illusione di partecipazione che é pura scenografia manipolatoria..
    Dei e schiavi zombizzati. Chi plasma la realtà come gli aggrada e chi la riceve come notifica e ne paga il conto : un nuovo ordine tecnico-emozionale in cui la libertà sopravvive solo come opzione nel menu delle impostazioni.
    Il Vaso/Cornucopia non è in mani sbagliate. È stato progettato proprio per quelle mani.
    Senza trucco e senza imbroglio : è stato creato, brevettato, lanciato in beta, e tutti si sono iscritti con entusiasmo, ingenuità, ignoranza o rassegnazione.
    E se domani qualcuno chiedesse com’è stato possibile tutto questo, ad un interlocutore virtuale, ovviamente, la risposta sarà semplice, automatica, ottimizzata:
    "Hai accettato i termini e condizioni."

    Alla fin fine:

    “Questa tecnologia non è neutra”.
    È direzionale. Ha implicazioni. Ridefinisce l’umano. Singolo quindi come società


    E forse l'unico , vero gesto di responsabilità oggi è proprio questo: non smettere di guardare cosa sta succedendo davvero , sotto la superficie dell’intrattenimento, dell’utilità, dell’innovazione.

    Non la nostalgia del passato. Non l’entusiasmo acritico per il nuovo.
    Serve una consapevolezza diversa.


    Quale ? Come ? E appresso ?

    vassapé


    No, non ho risposte: da buon monellaccio, adoro gettare la pietra/suonare il campanello e squagliarmela a gambe levate.
    Ultima modifica di restodelcarlino; 08-05-2025 alle 16:58

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Premessa 1) Si, il tema AI mi interpella. Parecchio.
    Premessa 2) L'argomento non é "Religione 100%", ma come "Mossiere delle corse di topi" al topodromo , che per i poliglotti dell'inglisc sarebbe "topic starter", lo metto qui (estorcendo con luisnghe e charme il non obstat rosciogovernativo), affinché chiunque possa esprimersi in totale libertà senza timore e senza speranza di martirio.


    Le nuove tecnologie digitali sono il Corno di Amaltea, meglio noto come Cornucopia di Abbondanza o il Vaso di Pandora?
    Se sono un dono, é avvelenato, come la mela di Biancaneve ? Forse, no. Lo sono le sue conseguenze ?
    Ogni innovazione si porta dietro la stessa ambivalenza: è uno strumento che rende più liberi o una forza che sfugge al controllo?
    Con il digitale, e in particolare con l’intelligenza artificiale, questa nuova tecnologia è diventata pervasiva. Le tecnologie non sono più attrezzi nelle nostre mani: sono ambienti, abitudini, automatismi. Sono diventate il contesto stesso in cui pensiamo, parliamo, decidiamo. Non si tratta più di uno strumento che usiamo, ma di un ecosistema in cui siamo immersi o di un processo del quale facciamo parte.
    Sono pervasive perché si diffondono rapidamente ed ovunque. Sembrano una cornucopia perché producono abbondanza, possibilità, connessioni. Connettività immediata , accesso immediato a dati, conoscenza, servizi. Comunicazione continua. Automazione e ottimizzazione di compiti complessi. Assistenza in tempo reale. Una sorta di efficienza diffusa, che promette di alleggerire la fatica e ottimizzare la vita.
    I vari Feisbuc, Icse, Ticchetocche (i "sosial nétuorch") ne sono un esempio lampante. Offrono la possibilità di esistere pubblicamente, di aggiornare la propria presenza, di condividere in ogni momento. Offrono visibilità, senso di appartenenza, orizzonti infiniti di stimoli.

    Eppure, è proprio in questa sovrabbondanza che si nasconde il rischio, come il veleno nella mela. Il "programma-che-fa- tutto ", l'algoritmo, per parlar difficile, non è neutro: seleziona, filtra, organizza . Quello che offre come illimitato, é in realtà selezionato da criteri (più o meno opachi) e mostra ciò che conferma, amplifica le polarizzazioni, trasforma la complessità in reazione. Si pensa di essere “in rete”, ma si è in realtà, spesso più soli. Si dice “interazione”, ma è spesso solo esposizione.
    Evocare il “vaso di Pandora” significa sottolineare l’imprevedibilità dei danni. Non si tratta solo di rischi tecnici o di malfunzionamenti: il vero "vaso ", oggi, è la combinazione tra tecnologia autonoma e irresponsabilità umana. Le piattaforme sociali, ad esempio, hanno ridisegnato le forme dell’opinione pubblica. Non è più solo cosa si pensi, ma come il pensiero si forma e si diffonde: in tempi rapidi, con linguaggi semplificati, in ambienti polarizzati e privi di contesto giuridico
    La promessa di connessione ha coinciso con una forma sottile di alienazione.
    Le relazioni sono diventate flussi, i legami notifiche, l’identità un aggiornamento continuo. Il profilo é, nello stesso tempo, quello che si é e quello che si vorrebbe essere. Nella cosiddetta “società liquida” (per far felice un improbabile MaestroGiudice che legga) nulla è fatto per durare: ogni cosa scorre, e ogni cosa si dimentica. E le relazioni diventano connessioni temporanee
    La comunicazione stessa si è spostata su binari sempre più standardizzati: messaggi vocali, faccine, testi sincopati... Comunicazione rapida, ma non necessariamente "dialogo ", non necessariamente "umana".
    Un caso emblematico è il proliferare dei servizi vocali automatizzati. Intere filiere del contatto umano come assistenza, orientamento, dialogo, sono state sostituite da voci sintetiche e interfacce automatiche. Sono efficienti, neutre, educate, alcune pure simpatiche, certo. Ma non ascoltano , reagiscono invece di accogliere. Non comprendono la frustrazione, non gestiscono l’imprevisto. Sono progettate per ridurre il costo, non per accogliere la complessità del vissuto umano. Così, l’esperienza dell’essere ascoltati da un altro essere umano, con i suoi ritmi, incertezze e ...calore, diventa eccezionale.
    La disumanizzazione non è uno choc violento, ma una deriva impercettibile: un contesto in cui l’umano in carne e ossa appare sempre più fuori luogo.
    Il risultato è una sensazione crescente di disumanizzazione: si interagisce, ma non si incontra nessuno. Alienazione.
    Anche l’intelligenza artificiale generativa, che produce testi, immagini, contenuti, rafforza questa dinamica. Il contenuto diventa istantaneo, ma svuotato di esperienza. Il gesto creativo viene spinto ai margini.
    La creatività non scompare, ma viene ridefinita: deve adattarsi al ritmo della macchina, all’estetica dell’algoritmo, al formato della piattaforma. È un passaggio sottile, ma fondamentale: da “creare” a “produrre per essere visti”.
    In questo scenario, la tecnologia non è più qualcosa che ci aiutia affiancandoci : é qualcosa che ci forma.
    Il rischio maggiore non è che l’IA ci superi in intelligenza, ma che ci sostituisca nelle scelte senza che ce ne accorgiamo. Si comincia per comodità: lasciando che l’assistente suggerisca, che l’algoritmo proponga, che il sistema automatizzi. E si finisce per delegare anche ciò che ci é intrinseco: il dubbio, il giudizio, l’attesa scelta come tale.
    .
    Mettiamo da parte allarmismi ed entusiasmi e le dicotomie (mi piace ) assolute ed implacabile, non per il relativismo del debole, ma per vigilanza attenta. Una domanda chiave, forse, é chiedersi che tipo di umano viene implicato da queste tecnologie. Quali abitudini cognitive, emotive, relazionali si consolidano nel suo quotidiano digitale?
    Per esempio: il fatto che possiamo generare contenuti in modo automatico rende meno importante la creazione umana? O sposta semplicemente il valore su altri piani (il contesto, l’intento, l’etica dell’uso)? Oppure ancora: se possiamo ottimizzare ogni scelta tramite i dati, cosa succede al margine di incertezza che chiamiamo “libertà”? L’ottimizzazione cancella il dubbio o lo rende più acuto?
    Le nuove tecnologie sono strumenti potenti, ma non neutrali. Ogni tecnologia incorpora una visione del mondo. Quando affidiamo "alle macchine "(d'acciaio o di bit) il compito di decidere cosa sia rilevante, cosa sia giusto, cosa sia efficiente, stiamo anche accettando un modo implicito di definire il reale. Il rischio non è solo che qualcosa ci sfugga, ma che non ci accorgiamo nemmeno di cosa ci stia sfuggendo.

    Allora, cornucopia di Abbondanza o vaso di Pandora?
    La vera difficoltà sta nel fatto che le due immagini sono inseparabili. Ogni innovazione porta con sé sia la promessa dell’abbondanza sia la possibilità dello squilibrio. Il punto non è stabilire cosa siano le tecnologie, ma cosa possano divenire in un certo contesto umano. Il digitale può amplificare la creatività o moltiplicare la noia. Può aprire mondi o chiuderli sotto la patina del già noto. Può semplificare la vita o svuotarla di senso.
    Storicamente, l’umanità é apparsa spesso inizialmente impacciata davanti alle proprie stesse invenzioni. Ma è proprio in questo impaccio – nel non sapere subito cosa fare con ciò che si é creato – che si apre lo spazio critico. Uno spazio per porci le domande giuste prima di cliccare “accetta”.

    Riassumendo, arrivviamo ad una conclusione, tutto sommato, scontata e banale.
    Le nuove tecnologie digitali non sono né salvezza né dannazione. Non sono dono di Abbondanza o di Pandora. Sono specchi potenziati. Riflettono ciò che siamo, amplificano ciò che desideriamo, distorcono ciò che non vogliamo vedere.
    Il compito non è giudicarle, ma gestirle. Non adorare la cornucopia, né maledire il vaso: conviverci con attenzione.


    Non c'é "problema", allora ?
    Ed invece, si.
    Uu problema non di " progresso ", se cornucopia di Abbondanza o vaso di Pandora, ma di" Simmetria."
    Perché forse la buona domanda non è più cosa siano queste tecnologie, né come influenzino la nostra vita quotidiana, ma chi ne sia il proprietario.
    Chi controlla l’infrastruttura controlla anche l' informazione, la percezione, controlla tutto. E in questa dinamica, si apre una frattura sempre più larga e profonda.
    Un’élite ristretta tecnico-finanziaria-dell'informazione possiede gli strumenti per usare davvero la cornucopia: ottimizzazione, previsione, automazione di alto livello, potere narrativo e "media" col conseguente potenziale manipolatorio. E non manca il potere politico, che sta scoprendo "l'arma totale "
    La cornucopia è nelle mani dei pochi. E funziona. Sforna dati, vantaggi, rendite, previsioni, capacità d’influenza. Potere, soprattutto Potere.
    Il vaso di Pandora, invece, è ciò che resta alla massa: disorientamento, sovraccarico di informazioni e carenza di conoscenza , solitudine relazionale, narrazioni tossiche, automazione delle scelte, simulacri di umanità..
    Non è una dittatura. È qualcosa di più sottile.
    Nessuno impone, nessuno vieta. Ma ogni giorno milioni di persone interagiscono volenti, inconsci o nolenti, con sistemi che non comprendono, che le condizionano senza violenza. Si sentono libere, mentre vengono lentamente modellate.
    Il prezzo non è solo economico. È cognitivo, relazionale, simbolico, etico...Umano
    La distanza tra chi gestisce e chi subisce diventa strutturale.
    Chi possiede il “sistema” lavora per estendere la sua presa. Chi non lo possiede, vive in un’illusione di partecipazione che é pura scenografia manipolatoria..
    Dei e schiavi zombizzati. Chi plasma la realtà come gli aggrada e chi la riceve come notifica e ne paga il conto : un nuovo ordine tecnico-emozionale in cui la libertà sopravvive solo come opzione nel menu delle impostazioni.
    Il Vaso/Cornucopia non è in mani sbagliate. È stato progettato proprio per quelle mani.
    Senza trucco e senza imbroglio : è stato creato, brevettato, lanciato in beta, e tutti si sono iscritti con entusiasmo, ingenuità, ignoranza o rassegnazione.
    E se domani qualcuno chiedesse com’è stato possibile tutto questo, ad un interlocutore virtuale, ovviamente, la risposta sarà semplice, automatica, ottimizzata:
    "Hai accettato i termini e condizioni."

    Alla fin fine:

    “Questa tecnologia non è neutra”.
    È direzionale. Ha implicazioni. Ridefinisce l’umano. Singolo quindi come società


    E forse l'unico , vero gesto di responsabilità oggi è proprio questo: non smettere di guardare cosa sta succedendo davvero , sotto la superficie dell’intrattenimento, dell’utilità, dell’innovazione.

    Non la nostalgia del passato. Non l’entusiasmo acritico per il nuovo.
    Serve una consapevolezza diversa.


    Quale ? Come ? E appresso ?

    vassapé


    No, non ho risposte: da buon monellaccio, adoro gettare la pietra/suonare il campanello e squagliarmela a gambe levate.

    Allora. Non so chi stai parafrasando, ma a me sa tanto di "Amore liquido" o qualcosa del genere di Bauman o Chomsky, e già partiamo male. Non ti rispondo punto per punto perché in questo momento non posso data la mole di quello che hai scritto. Però in sostanza ti dico che per quanto riguarda non un discorso sociologico in generale ma il "mio" in particolare, mi pare di capire che la sofisticazione della tecnologia risolva tanti problemi che prima dell'avvento della stessa costavano molto, sia in termini economici, sia in termini di lavoro "personale", e soprattutto di lavoro intellettuale. Se ti rendi un attimo conto che se sei ad esempio ingegnere o avvocato, puoi fare cose grazie alla tecnologia, che vent'anni fa non potevi fare, allora puoi comprenderne l'utilità. Ad esempio se devo consegnare un atto in cancelleria posso farlo virtualmente non dovendomi più recare presso i competenti uffici, con eventuale uso di auto e conseguente pericolo su strada e connesso inquinamento. Se posso agire da un terminale dedicato una gran massa di difficoltà nel lavoro vengono "meno".
    Ovviamente ci sono quelli che, mai contenti, si lamentano anche dell'intelligenza artificiale perché impedirebbe i contatti umani. Io chiederei a Resto o chi per lui quali e quanti dovrebbero essere i "rapporti sociali" e in che modo la tecnologia li impedisca, ovviamente al di fuori delle parabole e degli stereotipi letterari o paraletterari che vengono fuori dalla lettura del messaggio.

  3. #3
    Opinionista L'avatar di Adalberto
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    Anche l’AI è un monello che rompe parecchi vetri… forse anche quello dell’illusione novecentesca di un progresso tutto sommato positivo per sempre più ampi strati della popolazione, non solo sul versante materiale ma anche su quello cognitivo grazie a maggiore istruzioni e maggiore libertà di espressione.
    Benessere, cultura e libertà civili temo che non possano più viaggiare in parallelo e diffondersi, pur in presenza di contraddizioni e inevitabili controtendenze.
    Il trend potrebbe cambiare proprio con l’AI.
    Siamo pronti a “dialogare” con l’AI , a confrontarci con essa?
    Un quindicenne di 20 anni fa conosceva circa 1.600 parole, oggi solo 600, forse meno (così mi dice Google).
    Se non si è in grado di parlare in maniera articolata con l’AI, le sue risposte saranno semplicistiche e quindi ben poco utilizzabili in presenza di dinamiche economiche, sociali e politiche sempre più complesse.
    Questa semplice evidenza mi fa dedurre che solo una élite sempre più ristretta potrà utilizzare l’Ai come uno strumento per valorizzare e ampliare le sue capacità (intellettuali, professionali ecc.) , mentre un numero crescente di popolazione la utilizzerà per risolvere piccoli problemi con i quali non è più allenato a cimentarsi.

    Sono sempre stato ottimista fintanto che le nuove tecnologie ti costringevano ad ingegnarti per accedere al nuovo, come quando con il modem attaccato alla cornetta riuscivi a dialogare con sconosciuti attraverso il teletext delle TV, prima che nascesse internet civile.
    Ora che tutto è smart e riesci a dare comandi vocali ad una app, diventa sempre più superfluo effettuare sforzi materiali o mentali per soddisfare i propri desideri.
    Come con la lampada di Aladino il desiderio si tramuta in realtà con un comando vocale al genio dell’AI.
    Anche un bambino è abile nel parlare con un’assistente vocale e quindi si trova a salta tutti i passaggi di costruzione di un rapporto con il proprio corpo da controllare nello spazio intorno a sé, per realizzare qualcosa che si desidera in collaborazione o in contrasto con altri bambini.
    Tutti questi sforzi di coordinazione si perdono con la facilità del comando vocale.
    Solo una minoranza di genitori è attualmente impegnata a ridurre le ore di esposizione allo smartphone per incentivare i figli a una sviluppare le proprie capacità nel mondo reale. Basta guardarsi in giro per vedere quanti bambini stanno tranquilli guardando video o giocando con il cellulare.
    Chi mastica pedagogia e psicologia potrà articolare meglio.


    Se in questi ultimi decenni veniva denunciata una divaricazione crescente nella collocazione delle ricchezze materiali, ora temo che anche a livello di istruzione e sviluppo di capacità cognitive si potrà evidenziare una analoga estremizzazione.
    Tempi grami vi attendono, perché come cantavano i Nomadi per quelli della mia generazione …“noi non ci saremo”. ������
    Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
    ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
    (Fosco Maraini)

  4. #4
    Opinionista L'avatar di Breakthru
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    Citazione Originariamente Scritto da Adalberto Visualizza Messaggio
    Un quindicenne di 20 anni fa conosceva circa 1.600 parole, oggi solo 600, forse meno (così mi dice Google)

    Verificherei meglio, perché anche il primo risultato che ti da Google non sempre è quello migliore

    Un italiano medio conosce tra le 20.000 e le 50.000 parole, a seconda dell’età, del livello di istruzione e delle abitudini linguistiche (lettura, professione, ecc.).

    Dettaglio delle fasce:
    Profilo Vocabolario (attivo + passivo)
    Studente delle superiori 20.000–25.000 parole
    Universitario/laureato medio 30.000–40.000 parole
    Lettore assiduo o professionista della lingua Fino a 50.000+ parole

    ⚠️ Nota: si parla di vocabolario passivo e attivo combinati. Il vocabolario attivo (parole che una persona usa regolarmente) è molto più ristretto: circa 5.000–10.000 parole.

    Per confronto:
    Vocabolario di base per comunicare fluentemente: circa 3.000 parole.

    Vocabolario necessario per leggere un quotidiano: 5.000–7.000 parole.

    Vocabolario totale della lingua italiana (tra parole comuni, tecnicismi, arcaicismi): oltre 250.000 parole.

    Vuoi un test per stimare quante parole conosci tu?



    Hai detto:
    mi dai le fonti da cui trai questi dati


    ChatGPT ha detto:
    Ecco le fonti principali da cui derivano i dati sul vocabolario medio di un italiano:
    Internazionale
    +2
    Treccani
    +2
    Wikipedia, l'enciclopedia libera
    +2

    Treccani: Secondo l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, una persona con istruzione medio-alta conosce circa 47.000 parole, che costituiscono il "lessico comune". Tuttavia, per il 98% delle comunicazioni quotidiane, sono sufficienti circa 6.500 parole, suddivise in:

    Vocabolario fondamentale: circa 2.000 parole di uso frequentissimo.

    Vocabolario di alto uso: circa 2.500 parole dell'apprendimento scolastico.

    Vocabolario di alta disponibilità: circa 1.900 parole usate in contesti specifici.
    Treccani
    +1
    Terminologia Etc.
    +1

    Fanpage.it: Secondo i linguisti Massimo Arcangeli e Mario Cannella, il vocabolario medio attivo di un italiano si aggira intorno alle 5.000 parole, utilizzate nel 95-96% delle comunicazioni quotidiane.
    Fanpage

    Wikipedia: Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER) suggerisce che per raggiungere un livello avanzato nella lettura, sia necessario conoscere tra le 8.000 e le 9.000 parole, organizzate per "famiglie lessicali". Per un livello avanzato nella lingua orale, sono sufficienti tra le 5.000 e le 7.000 parole.
    Wikipedia, l'enciclopedia libera

    Questi dati evidenziano che, sebbene la lingua italiana disponga di un ampio patrimonio lessicale, l'uso quotidiano si concentra su un numero relativamente ridotto di parole.
    ricerca fatta con chat gpt

  5. #5
    Opinionista L'avatar di Breakthru
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    Non so esprimermi su questo tema

    L'AI è comoda, ovvio, anche un poco invadente all'inizio, poi la provi e finisce che non riesci più farne a meno

    Qualche giorno fa leggevo di un ragazzo che ha caricato i volantini delle offerte dei supermercati, ha caricato la sua lista della spesa, la dieta che doveva seguire, quanto voleva spendere e ha chiesto a Ai di compilare la/le lista/e della spesa dove risparmiare

    Io ho pensato che dovevo provare anche io e forse lo farò, ma mi rendo conto che non ho la prontezza e la forma mentale per interfacciami con il mezzo con così tanta familiarità, mi sento già esclusa e mi mancano ancora diversi anni alla pensione, mi devo "forzare" contro voglia a ricordarmi che c'è questa opzione, che prima o dopo diverrà l'unica opzione

    Il problema grosso, come dice RDC è la proprietà di questo mezzi, un problema gigantesco

  6. #6
    Opinionista L'avatar di Adalberto
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    Citazione Originariamente Scritto da Breakthru Visualizza Messaggio
    Verificherei meglio, perché anche il primo risultato che ti da Google non sempre è quello migliore
    Anch'io ero in dubbio sul dato da citare, perché avevo effettivamente fatto una ricerca ampia ottenendo risultati anche contraddittori (la quantità di parole è quella usata comunemente oppure si riferisce a quella di cui si conosce il significato?) .
    Alla fine, visto che il tema è proprio quello dell'intelligenza artificiale ho scelto di riportare la "AI Overview" di Google, (che non è il risultato della SERP) ma solo dopo aver notato che diversi siti +/- la confermavano citando in particolare un testo di Umberto Galimberti che riporto nell'immagine qui sotto.
    de-mauro-galimberti-lessico.jpg
    Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
    ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
    (Fosco Maraini)

  7. #7
    Opinionista L'avatar di Breakthru
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    Citazione Originariamente Scritto da Adalberto Visualizza Messaggio
    Anch'io ero in dubbio sul dato da citare, perché avevo effettivamente fatto una ricerca ampia ottenendo risultati anche contraddittori (la quantità di parole è quella usata comunemente oppure si riferisce a quella di cui si conosce il significato?) .
    Alla fine, visto che il tema è proprio quello dell'intelligenza artificiale ho scelto di riportare la "AI Overview" di Google, (che non è il risultato della SERP) ma solo dopo aver notato che diversi siti +/- la confermavano citando in particolare un testo di Umberto Galimberti che riporto nell'immagine qui sotto.
    de-mauro-galimberti-lessico.jpg
    Ecco, io su Galimberti mi sono già espressa in passato

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