Premessa 1) Si, il tema AI mi interpella. Parecchio.
Premessa 2) L'argomento non é "Religione 100%", ma come "Mossiere delle corse di topi" al topodromo , che per i poliglotti dell'inglisc sarebbe "topic starter", lo metto qui (estorcendo con luisnghe e charme il non obstat rosciogovernativo), affinché chiunque possa esprimersi in totale libertà senza timore e senza speranza di martirio.
Le nuove tecnologie digitali sono il Corno di Amaltea, meglio noto come Cornucopia di Abbondanza o il Vaso di Pandora?
Se sono un dono, é avvelenato, come la mela di Biancaneve ? Forse, no. Lo sono le sue conseguenze ?
Ogni innovazione si porta dietro la stessa ambivalenza: è uno strumento che rende più liberi o una forza che sfugge al controllo?
Con il digitale, e in particolare con l’intelligenza artificiale, questa nuova tecnologia è diventata pervasiva. Le tecnologie non sono più attrezzi nelle nostre mani: sono ambienti, abitudini, automatismi. Sono diventate il contesto stesso in cui pensiamo, parliamo, decidiamo. Non si tratta più di uno strumento che usiamo, ma di un ecosistema in cui siamo immersi o di un processo del quale facciamo parte.
Sono pervasive perché si diffondono rapidamente ed ovunque. Sembrano una cornucopia perché producono abbondanza, possibilità, connessioni. Connettività immediata , accesso immediato a dati, conoscenza, servizi. Comunicazione continua. Automazione e ottimizzazione di compiti complessi. Assistenza in tempo reale. Una sorta di efficienza diffusa, che promette di alleggerire la fatica e ottimizzare la vita.
I vari Feisbuc, Icse, Ticchetocche (i "sosial nétuorch") ne sono un esempio lampante. Offrono la possibilità di esistere pubblicamente, di aggiornare la propria presenza, di condividere in ogni momento. Offrono visibilità, senso di appartenenza, orizzonti infiniti di stimoli.
Eppure, è proprio in questa sovrabbondanza che si nasconde il rischio, come il veleno nella mela. Il "programma-che-fa- tutto ", l'algoritmo, per parlar difficile, non è neutro: seleziona, filtra, organizza . Quello che offre come illimitato, é in realtà selezionato da criteri (più o meno opachi) e mostra ciò che conferma, amplifica le polarizzazioni, trasforma la complessità in reazione. Si pensa di essere “in rete”, ma si è in realtà, spesso più soli. Si dice
“interazione”, ma è spesso solo
esposizione.
Evocare il “vaso di Pandora” significa sottolineare l’imprevedibilità dei danni. Non si tratta solo di rischi tecnici o di malfunzionamenti: il vero "vaso ", oggi, è la combinazione tra tecnologia autonoma e irresponsabilità umana. Le piattaforme sociali, ad esempio, hanno ridisegnato le forme dell’opinione pubblica. Non è più solo cosa si pensi, ma come il pensiero si forma e si diffonde: in tempi rapidi, con linguaggi semplificati, in ambienti polarizzati e privi di contesto giuridico
La promessa di connessione ha coinciso con una forma sottile di alienazione.
Le relazioni sono diventate flussi, i legami notifiche, l’identità un aggiornamento continuo. Il profilo é, nello stesso tempo, quello che si é e quello che si vorrebbe essere. Nella cosiddetta “società liquida” (per far felice un improbabile MaestroGiudice che legga) nulla è fatto per durare: ogni cosa scorre, e ogni cosa si dimentica. E le
relazioni diventano
connessioni temporanee
La comunicazione stessa si è spostata su binari sempre più standardizzati: messaggi vocali, faccine, testi sincopati... Comunicazione rapida, ma non necessariamente
"dialogo ", non necessariamente "
umana".
Un caso emblematico è il proliferare dei servizi vocali automatizzati. Intere filiere del contatto umano come assistenza, orientamento, dialogo, sono state sostituite da voci sintetiche e interfacce automatiche. Sono efficienti, neutre, educate, alcune pure simpatiche, certo. Ma non
ascoltano ,
reagiscono invece di
accogliere. Non comprendono la frustrazione, non gestiscono l’imprevisto. Sono progettate per ridurre il costo, non per accogliere la complessità del vissuto umano. Così, l’esperienza dell’essere ascoltati da un altro essere umano, con i suoi ritmi, incertezze e ..
.calore, diventa eccezionale.
La disumanizzazione non è uno choc violento, ma una deriva impercettibile: un contesto in cui l’umano in carne e ossa appare sempre più fuori luogo.
Il risultato è una sensazione crescente di disumanizzazione: si interagisce, ma non si incontra nessuno. Alienazione.
Anche l’intelligenza artificiale generativa, che produce testi, immagini, contenuti, rafforza questa dinamica. Il contenuto diventa istantaneo, ma svuotato di esperienza. Il gesto creativo viene spinto ai margini.
La creatività non scompare, ma viene ridefinita: deve adattarsi al ritmo della macchina, all’estetica dell’algoritmo, al formato della piattaforma. È un passaggio sottile, ma fondamentale: da “creare” a “
produrre per essere visti”.
In questo scenario, la tecnologia non è più qualcosa che ci aiutia affiancandoci : é qualcosa che
ci forma.
Il rischio maggiore non è che l’IA ci superi in intelligenza, ma che ci sostituisca nelle scelte senza che ce ne accorgiamo. Si comincia per comodità: lasciando che l’assistente suggerisca, che l’algoritmo proponga, che il sistema automatizzi. E si finisce per delegare anche ciò che ci é intrinseco: il dubbio, il giudizio, l’attesa scelta come tale.
.
Mettiamo da parte allarmismi ed entusiasmi e le dicotomie
(mi piace
) assolute ed implacabile, non per il relativismo del debole, ma per vigilanza attenta. Una domanda chiave, forse, é chiedersi che tipo di umano viene implicato da queste tecnologie. Quali abitudini cognitive, emotive, relazionali si consolidano nel suo quotidiano digitale?
Per esempio: il fatto che possiamo generare contenuti in modo automatico rende meno importante la creazione umana? O sposta semplicemente il valore su altri piani (il contesto, l’intento, l’etica dell’uso)? Oppure ancora: se possiamo ottimizzare ogni scelta tramite i dati, cosa succede al margine di incertezza che chiamiamo “libertà”? L’ottimizzazione cancella il dubbio o lo rende più acuto?
Le nuove tecnologie sono strumenti potenti, ma non neutrali. Ogni tecnologia incorpora una visione del mondo. Quando affidiamo "alle macchine "(d'acciaio o di bit) il compito di decidere cosa sia rilevante, cosa sia giusto, cosa sia efficiente, stiamo anche accettando un modo implicito di definire il reale. Il rischio non è solo che qualcosa ci sfugga, ma che non ci accorgiamo nemmeno di cosa ci stia sfuggendo.
Allora, cornucopia di Abbondanza o vaso di Pandora?
La vera difficoltà sta nel fatto che le due immagini sono inseparabili. Ogni innovazione porta con sé sia la promessa dell’abbondanza sia la possibilità dello squilibrio. Il punto non è stabilire cosa siano le tecnologie, ma cosa possano divenire in un certo contesto umano. Il digitale può amplificare la creatività o moltiplicare la noia. Può aprire mondi o chiuderli sotto la patina del già noto. Può semplificare la vita o svuotarla di senso.
Storicamente, l’umanità é apparsa spesso inizialmente impacciata davanti alle proprie stesse invenzioni. Ma è proprio in questo impaccio – nel non sapere subito cosa fare con ciò che si é creato – che si apre lo spazio critico. Uno spazio per porci le domande giuste prima di cliccare “accetta”.
Riassumendo, arrivviamo ad una conclusione, tutto sommato,
scontata e banale.
Le nuove tecnologie digitali non sono né salvezza né dannazione. Non sono dono di Abbondanza o di Pandora. Sono specchi potenziati. Riflettono ciò che siamo, amplificano ciò che desideriamo, distorcono ciò che non vogliamo vedere.
Il compito non è giudicarle, ma gestirle. Non adorare la cornucopia, né maledire il vaso: conviverci con attenzione.
Non c'é "
problema", allora ?
Ed invece, si.
Uu problema non di "
progresso ", se cornucopia di Abbondanza o vaso di Pandora, ma di"
Simmetria."
Perché forse la buona domanda non è più cosa siano queste tecnologie, né come influenzino la nostra vita quotidiana,
ma chi ne sia il proprietario.
Chi controlla l’infrastruttura controlla anche l' informazione, la percezione, controlla tutto. E in questa dinamica, si apre una frattura sempre più larga e profonda.
Un’élite ristretta tecnico-finanziaria-dell'informazione possiede gli strumenti per usare davvero la cornucopia: ottimizzazione, previsione, automazione di alto livello, potere narrativo e "media" col conseguente potenziale manipolatorio. E non manca il potere politico, che sta scoprendo "l'arma totale "
La cornucopia è nelle mani dei pochi. E funziona. Sforna dati, vantaggi, rendite, previsioni, capacità d’influenza.
Potere, soprattutto
Potere.
Il vaso di Pandora, invece, è ciò che resta alla massa: disorientamento, sovraccarico di informazioni e carenza di conoscenza , solitudine relazionale, narrazioni tossiche, automazione delle scelte, simulacri di umanità..
Non è una dittatura. È qualcosa di più sottile.
Nessuno impone, nessuno vieta. Ma ogni giorno milioni di persone interagiscono volenti, inconsci o nolenti, con sistemi che non comprendono, che le condizionano senza violenza. Si sentono libere, mentre vengono lentamente modellate.
Il prezzo non è solo economico. È cognitivo, relazionale, simbolico, etico...
Umano
La distanza tra chi gestisce e chi subisce diventa strutturale.
Chi possiede il “sistema” lavora per estendere la sua presa. Chi non lo possiede, vive in un’illusione di partecipazione che é pura scenografia manipolatoria..
Dei e schiavi zombizzati. Chi plasma la realtà come gli aggrada e chi la riceve come notifica e ne paga il conto : un nuovo ordine tecnico-emozionale in cui la libertà sopravvive solo come opzione nel menu delle impostazioni.
Il Vaso/Cornucopia non è in mani sbagliate. È stato progettato proprio per quelle mani.
Senza trucco e senza imbroglio : è stato creato, brevettato, lanciato in beta, e tutti si sono iscritti con entusiasmo, ingenuità, ignoranza o rassegnazione.
E se domani qualcuno chiedesse com’è stato possibile tutto questo, ad un interlocutore virtuale, ovviamente, la risposta sarà semplice, automatica, ottimizzata:
"Hai accettato i termini e condizioni."
Alla fin fine:
“Questa tecnologia non è neutra”.
È direzionale. Ha implicazioni. Ridefinisce l’umano. Singolo quindi come società
E forse l'unico , vero gesto di responsabilità oggi è proprio questo: non smettere di guardare cosa sta succedendo davvero , sotto la superficie dell’intrattenimento, dell’utilità, dell’innovazione.
Non la nostalgia del passato. Non l’entusiasmo acritico per il nuovo.
Serve una consapevolezza diversa.
Quale ? Come ? E appresso ?
vassapé
No, non ho risposte: da buon monellaccio, adoro gettare la pietra/suonare il campanello e squagliarmela a gambe levate.