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Discussione: Il lavoro in turno: chi era costui?

  1. #1

    Il lavoro in turno: chi era costui?

    ...una riflessione mentre "lavoro" (si fa per dire, né )
    Il lavoro a turni rappresenta una componente fondamentale della struttura produttiva ed economica moderna. È un meccanismo che consente la continuità dei servizi essenziali e della produzione industriale, assicurando il funzionamento ininterrotto di settori strategici come la sanità, i trasporti, l’industria manifatturiera e la logistica. Tuttavia, a dispetto della sua rilevanza strutturale, esso continua a ricevere una scarsa valorizzazione sociale, economica e simbolica. In Italia e in Europa, milioni di persone lavorano a orari discontinui o notturni, spesso senza che ciò si traduca in un adeguato riconoscimento, né economico né in termini di prestigio professionale.
    Secondo i dati di Eurostat (2023), circa il 21% dei lavoratori europei è coinvolto in qualche forma di lavoro a turni, con picchi che superano il 30% nei settori industriali e sanitari. In Italia, l’Istat riporta che nel 2022 circa il 18% della forza lavoro complessiva è occupata con orari discontinui, ovvero in regime di turnazione (inclusi i turni notturni e festivi). Questa percentuale aumenta sensibilmente nel comparto industriale, dove si supera il 35% tra operai e addetti alla produzione, e nei servizi essenziali (sanità, sicurezza, trasporti pubblici), dove almeno un lavoratore su quattro è coinvolto in una forma di "turnazione".
    La distinzione tra operai e impiegati è altrettanto significativa: nel lavoro a turni, la quota di operai è decisamente predominante, soprattutto nell’industria manifatturiera e nella logistica, mentre tra gli impiegati la turnazione riguarda in prevalenza figure professionali della sanità, del controllo (come forze dell’ordine) o di soccorso (come i pompieri) o dei trasporti. In generale, tuttavia, chi lavora a turni appartiene a una fascia della popolazione lavorativa meno rappresentata nei processi decisionali e con minori margini di contrattazione autonoma.
    Il lavoro in turni comporta costi biologici, psicologici e sociali documentati da numerose ricerche: disturbi del sonno, maggiore esposizione a patologie cardiovascolari, difficoltà nelle relazioni familiari, stress cronico. Eppure, nel "grande pubblico", nei media, chi lavora a turni resta spesso ai margini della visibilità. La retorica del "lavoro che nobilita" tende ancora a premiare forme di lavoro diurno, mentre il lavoratore notturno o del weekend è visto come una figura di necessità, non di valore. E questo, fa riflettere.
    Questo squilibrio si riflette anche sul piano simbolico. L’infermiere di notte, l’operaia del sabato, il tecnico della manutenzione che lavora alle 3 del mattino per garantire che la catena non si fermi...tutte queste figure non godono di uno statuto sociale corrispondente all’impatto reale del loro lavoro. In molti casi, nemmeno sul piano retributivo esiste una vera compensazione: gli incentivi per il lavoro notturno o festivo, benché esistano nei contratti collettivi, risultano spesso marginali rispetto al disagio che implicano.
    Il fattore più importante, pero' é il riconoscimento ,che manca
    La scarsa valorizzazione del lavoro a turni è una forma strutturale di disuguaglianza professionale. Non si tratta solo di una questione di salario, anche se questo è un tema non secondario, ma di riconoscimento sociale, ovvero di quella legittimazione simbolica che assegna un ruolo e una dignità specifica a ogni attività nel contesto collettivo. Chi lavora a turni non solo garantisce il funzionamento materiale del sistema, ma spesso interviene proprio nei momenti di maggiore vulnerabilità (nottata, urgenza, festività): si tratta quindi di un lavoro esposto, continuo e altamente esigente. E coi termini di moda, strassante ed alienante.
    Eppure, nel dibattito pubblico, il lavoro a turni raramente emerge come oggetto politico. Le politiche del lavoro tendono a concentrarsi sul "lavoro agile", sulle forme di flessibilità compatibili con il lavoro intellettuale e con i profili professionali a più alta qualificazione. Ma l’economia reale, quella che si muove negli impianti industriali , nei magazzini, nei reparti ospedalieri e nelle metropolitane, continua a funzionare grazie a una "forza invisibile" che lavora fuori dai riflettori, spesso in condizioni peggiori, con meno voce.
    L’avvento dell’intelligenza artificiale (IA) sta già modificando profondamente le dinamiche del lavoro, e le sue ricadute sul lavoro a turni sono ambivalenti. Da un lato, l’automazione intelligente promette di alleggerire il carico umano nelle attività più ripetitive, faticose o pericolose, soprattutto nei settori industriali e logistici. Alcuni compiti notturni, come il controllo di macchinari, la sorveglianza di impianti o la movimentazione di merci, sono sempre più affidati a sistemi automatizzati o a software di supervisione predittiva. Questo potrebbe ridurre l’esposizione degli esseri umani a orari disagevoli o rischi fisici. Tuttavia, l’IA porta anche con sé una ridefinizione dei ruoli lavorativi, con un possibile spostamento della turnazione verso nuove figure professionali legate alla manutenzione dei sistemi intelligenti, al monitoraggio da remoto o alla gestione degli imprevisti generati dagli stessi algoritmi.
    Inoltre, mentre l’IA può contribuire a una maggiore efficienza operativa, vi è il rischio concreto che aumenti le disuguaglianze tra chi ha accesso alle competenze digitali e chi continua a operare nei comparti più esposti, senza possibilità di riqualificazione. I lavoratori a turni, spesso meno coinvolti nei processi di innovazione, rischiano di trovarsi esclusi dalla transizione tecnologica, con una doppia penalizzazione: da un lato, l’automazione potrebbe ridurre il numero complessivo di turnisti; dall’altro, i residui umani del sistema turnario (o turnistico? ), meno sostituibili , potrebbero continuare a operare in condizioni gravose e sottovalutate, senza che l’innovazione porti loro alcun beneficio reale.
    Per questo è fondamentale che le politiche di uso sempre più massivo dell’IA siano inclusive, prevedendo programmi di formazione accessibili, forme di partecipazione attiva dei lavoratori e una progettazione del lavoro che non scarichi sugli anelli più deboli i costi della transizione. La tecnologia, se non accompagnata da una visione sociale, rischia di amplificare la marginalità già presente nel lavoro a turni, anziché risolverla.
    Riconoscere il valore del lavoro a turni richiede una svolta culturale e politica. In primo luogo, è necessario rendere visibili questi lavoratori, restituendo loro uno spazio nel contesto dell'immagine collettiva. Questo passa dai media, dall’educazione e dalla rappresentazione del lavoro nelle scuole e nelle istituzioni. In secondo luogo, serve una riforma delle politiche retributive, che compensi in modo più equo il disagio fisico e psico-sociale del lavoro in turno. Terzo punto, è urgente garantire un supporto psicosociale strutturato a chi lavora in condizioni di discontinuità cronica: dalle consulenze mediche alle tutele familiari, dalla flessibilità in uscita alla programmazione degli orari.
    Infine, è auspicabile un riequilibrio simbolico: il lavoro a turni non deve più essere considerato una forma inferiore di impiego; una "schiavitù remunerata", ma una funzione strategica per la tenuta della società. Questo significa includere i turnisti nei processi decisionali, nei tavoli di contrattazione e nelle visioni del lavoro del futuro.
    Il lavoro a turni non è un’eccezione: è la normalità per una parte significativa della popolazione attiva. È tempo che questa realtà venga riconosciuta per ciò che è: un perno essenziale della nostra vita collettiva. Ignorare il suo valore non è solo ingiusto: è anche miope. Il lavoro a turni è una colonna portante dell’economia e del vivere civile, eppure continua a essere sottovalutato, invisibile e poco tutelato. Le sfide attuali, dalla disuguaglianza sociale alla transizione digitale, rischiano di aggravare questa marginalità se non si interviene con politiche inclusive, riconoscimenti simbolici e compensazioni adeguate. Anche l’intelligenza artificiale, se guidata con responsabilità, può essere un’opportunità per migliorare le condizioni del lavoro turnario; altrimenti, rischia solo di sostituire chi è già più esposto. Riconoscere chi lavora mentre il resto del mondo dorme non è solo un atto di giustizia, ma una scelta strategica per una società più coesa e sostenibile.
    Bon, come conclude un giullare in preda a grafomania?
    Che mentre gli algoritmi sognano acciaierie intelligenti e corsie autogestite, il turno di notte continua a odorare di caffè bruciato e neon stanco. Il lavoratore turnista resta lì, incastrato tra la catena e la piattaforma, tra l’orario spezzato e l’intelligenza che non lo riguarda. Nessuna IA si alza alle tre per accudire un impianto che fa le bizze, un incendio...o un paziente in un letto d'ospadale.

    I problemi lavorano 24/24, 7/7. La gloria solo di giorno.
    Ultima modifica di restodelcarlino; 14-05-2025 alle 12:17

  2. #2
    Opinionista L'avatar di Ale
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    C'è chi a lavorare su turni si trova benissimo giacché pare che ciò consenta di avere più tempo libero per fare le proprie cose, ad esempio per andare per uffici di mattina etc...
    ...certo che farsi bastare 5 ore di sonno per notte (o per giorno) invece di 8 aiuta non poco, un mio ex collega era così
    ...per quel che mi riguarda il lavoro su turni è la morte, la notte in primis di cui per fortuna ho l'esenzione per motivi di salute, ma anche lavorare di pomeriggio come oggi ad esempio mi penalizza non poco, col pensiero di dover appena cominciare tutto non riesco a combinare niente
    ...per dire, non mi fido ad uscire in bicicletta col pensiero che potrei bucare una gomma o rompere la catena lontano da casa, mi concedo solo attività qua sotto casa con ampi margini.....per fortuna in questi ultimi anni mi capita molto raramente e sono prevalentemente giornaliero
    ...a mio avviso l'unico turno veramente figo è.6-14 limitatamente all'estate [che svegliarsi alle 5 in inverno non è proprio il massimo ,] in cui almeno nelle zone balneari via dal lavoro si può andare direttamente al bagno e fare la pennica al sole prendendo due piccioni con una fava
    ...per quanto riguarda la salute e la retribuzione come dice Rdc non ci siamo, per chi soffre il jetlag quei due spiccioli in più non compensano il sacrificio
    ...a proposito ora devo andare, sarà lunga fino alle 22
    Ultima modifica di Ale; 14-05-2025 alle 16:38

  3. #3
    Opinionista L'avatar di Ale
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    Colgo l'occasione per far notare che non sono solo i lavori su tre turni a complicare la vita di chi non riesce ad adattarsi, ma anche i lavori fissi notturni (ad esempio metronotte almeno per i primi mesi) o seminotturni (ad esempio panettieri, trasporto stampa o consegna del latte) in cui si comincia cmq.ad ore allucinanti però almeno una parte della notte si riesce a dormire nel proprio letto
    ...per esperienza personale posso dire che questi ultimi sono abbastanza gestibili almeno da giovani, quando magari si vive ancora in famiglia, appena si ingrana con una certa abitudine, ad esempio andare a dormire dopopranzato le ore perse di notte si riesce a condurre una vita abbastanza in linea con gli altri coetanei
    ...diverso il discorso per i lavori completamente notturni dove per recuperare il sonno restano solo le ore diurne, la non è per tutti, soprattutto per chi vive in zone rumorose che non permettono di chiudere occhio
    ...un mio amico trasferitosi nelle zone di Dark quasi quarant'anni fa e che è ancora nel ramo dice che tra i metronotte c'è un alto tasso di separazioni e divorzi, segno che tale vita mal si concilia col mettere su famiglia

  4. #4
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    Adesso m'è venuta a mente un'altra categoria un pò infelice, quella dell'orario spezzato sebbene forse un pò meno sfigata delle precedenti che avevo nominato nell'altro post...
    ...per un periodo ho lavorato in un negozio, backstage però ero tenuto a seguire lo stesso orario degli altri ovvero quello di apertura, cioè dalle 9 alle 19.30 con pausa pranzo molto lunga
    ...tale pausa era il momento più sfruttabile di tempo libero che avevo in cui andavo in palestra e facevo gran parte dei corsi, la sera intorno alle 20 restava ben poco da fare
    ...d'estate poi era un supplizio, premesso che, come per il turno pomeridiano avere il pensiero di dover appena andare (o tornare) a lavorare non riuscivo a combinare niente, quindi andavo al bagno appena di sera e la tintarella era esclusiva dei w.e.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    ...una riflessione mentre "lavoro" (si fa per dire, né )
    Il lavoro a turni rappresenta una componente fondamentale della struttura produttiva ed economica moderna. È un meccanismo che consente la continuità dei servizi essenziali e della produzione industriale, assicurando il funzionamento ininterrotto di settori strategici come la sanità, i trasporti, l’industria manifatturiera e la logistica. Tuttavia, a dispetto della sua rilevanza strutturale, esso continua a ricevere una scarsa valorizzazione sociale, economica e simbolica.
    Mi permetto di rispondere per scaricare come si dice la "tensione" e anche perché mi pare sempre il "solito" discorso anche se con parole da "ingegnere". Allora, se il lavoro in turno deve servire a realizzare la massima bertinottiana del "lavorare tutti lavorare meno" a me non dispiacerebbe e lo dico da semplice "suddito". Il problema è che se vuoi dare lo stesso "stipendio" a due persone che fanno il lavoro che potrebbe fare un lavoratore "solo", ma lo fanno dividendosi i compiti allora direi che non va bene. Sono d'accordo con te sul fatto che la misura del lavoro e della sua retribuzione è differente a seconda dei punti di vista, più o meno "ideologici", però direi che a tutto c'è un limite. Poi la valorizzazione del lavoro si può fare in tanti modi, e al giorno d'oggi grazie a Dio un bel piatto di pasta come compenso degli sforzi, e parlo anche di me, ce l'hanno tutti.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    In Italia e in Europa, milioni di persone lavorano a orari discontinui o notturni, spesso senza che ciò si traduca in un adeguato riconoscimento, né economico né in termini di prestigio professionale.
    Si. E' proprio la mia esperienza, che però per quanto riguarda me viene "prima" del lavoro, e non durante. Ho passato un ventennio studiando di notte e so benissimo quello che si passa. Non è che il prestigio viene prima del lavoro ma il contrario.

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    Secondo i dati di Eurostat (2023), circa il 21% dei lavoratori europei è coinvolto in qualche forma di lavoro a turni, con picchi che superano il 30% nei settori industriali e sanitari. In Italia, l’Istat riporta che nel 2022 circa il 18% della forza lavoro complessiva è occupata con orari discontinui, ovvero in regime di turnazione (inclusi i turni notturni e festivi). Questa percentuale aumenta sensibilmente nel comparto industriale, dove si supera il 35% tra operai e addetti alla produzione, e nei servizi essenziali (sanità, sicurezza, trasporti pubblici), dove almeno un lavoratore su quattro è coinvolto in una forma di "turnazione".
    E' tutto esatto e degnissimo di considerazione. Tuttavia il problema è sempre "cosa si intende per turnazione", cioè la misura del lavoro in termini temporali e di "valore". Se valuti il discorso da una prospettiva "marxista" e quindi "ideologica" allora non ci troviamo perché comincio a rendermi conto che non siamo "nell'Ottocento" a combattere i "padroni delle ferriere" come diceva qualcuno ma nel XXI secolo. Cerchiamo di farcene una ragione.

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    La distinzione tra operai e impiegati è altrettanto significativa: nel lavoro a turni, la quota di operai è decisamente predominante, soprattutto nell’industria manifatturiera e nella logistica, mentre tra gli impiegati la turnazione riguarda in prevalenza figure professionali della sanità, del controllo (come forze dell’ordine) o di soccorso (come i pompieri) o dei trasporti. In generale, tuttavia, chi lavora a turni appartiene a una fascia della popolazione lavorativa meno rappresentata nei processi decisionali e con minori margini di contrattazione autonoma.
    Si. Ma se metti in unico fascio semplici operai, anche peraltro ove "qualificatissimi", insieme a persone come le Forze dell'Ordine e tutti gli altri che non sono semplici lavoratori, ma proprio gente che quello che fa lo fa con passione, allora il discorso non fila. Poi se te la vuoi prendere anche con i colletti bianchi mi pare una cattiveria perché quelli sono là sappiamo perché, cioè perché ci sono delle leggi "passate" che non mi sentirei a livello umano di mettere in discussione. Oggi.

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    Il lavoro in turni comporta costi biologici, psicologici e sociali documentati da numerose ricerche: disturbi del sonno, maggiore esposizione a patologie cardiovascolari, difficoltà nelle relazioni familiari, stress cronico. Eppure, nel "grande pubblico", nei media, chi lavora a turni resta spesso ai margini della visibilità. La retorica del "lavoro che nobilita" tende ancora a premiare forme di lavoro diurno, mentre il lavoratore notturno o del weekend è visto come una figura di necessità, non di valore. E questo, fa riflettere.
    Molte cose fanno riflettere. Fa riflettere anche che, e non da oggi, gli appartenenti alle categorie a rischio, come anziani, invalidi o che dir si voglia, e mi ci metto pure io da "studente", vivano ai margini della società, anzi no, perché la famiglia anziché luogo di preparazione al lavoro insieme al sistema scolastico, è diventata come quest'ultimo, "di fatto" un "ammortizzatore sociale". Mi domando e ti domando: per andar bene quale tipo di "riconoscimento" dovrebbe essere attribuito a quelli tra i lavoratori che fanno "i turni"?. Il Nobel? Ovviamente no perché del Nobel non fotte più niente a nessuno, tanto è sputtanato. Gli interessano ovviamente "i soldi". Allora a un certo punto occorre scegliere tra soldi e dignità.

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    Questo squilibrio si riflette anche sul piano simbolico. L’infermiere di notte, l’operaia del sabato, il tecnico della manutenzione che lavora alle 3 del mattino per garantire che la catena non si fermi...tutte queste figure non godono di uno statuto sociale corrispondente all’impatto reale del loro lavoro. In molti casi, nemmeno sul piano retributivo esiste una vera compensazione: gli incentivi per il lavoro notturno o festivo, benché esistano nei contratti collettivi, risultano spesso marginali rispetto al disagio che implicano.
    La domanda è duplice e sempre la stessa: "quanti soldi volete e quanto volete lavorare?"

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    Il fattore più importante, pero' é il riconoscimento ,che manca
    La scarsa valorizzazione del lavoro a turni è una forma strutturale di disuguaglianza professionale. Non si tratta solo di una questione di salario, anche se questo è un tema non secondario, ma di riconoscimento sociale, ovvero di quella legittimazione simbolica che assegna un ruolo e una dignità specifica a ogni attività nel contesto collettivo.
    Si. Mo' vi mettiamo i tappeti rossi, anzi neri, così calpestate ben bene tutto quello che volete.


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    Chi lavora a turni non solo garantisce il funzionamento materiale del sistema, ma spesso interviene proprio nei momenti di maggiore vulnerabilità (nottata, urgenza, festività): si tratta quindi di un lavoro esposto, continuo e altamente esigente. E coi termini di moda, strassante ed alienante.
    Eppure, nel dibattito pubblico, il lavoro a turni raramente emerge come oggetto politico. Le politiche del lavoro tendono a concentrarsi sul "lavoro agile", sulle forme di flessibilità compatibili con il lavoro intellettuale e con i profili professionali a più alta qualificazione. Ma l’economia reale, quella che si muove negli impianti industriali , nei magazzini, nei reparti ospedalieri e nelle metropolitane, continua a funzionare grazie a una "forza invisibile" che lavora fuori dai riflettori, spesso in condizioni peggiori, con meno voce.
    Guarda io te lo dico: stai dicendo una marea di cazzate. Sappiamo quale tipo di trattamento volete per non fare "niente" o qualcos'altro. Ti dico solo questo: sotto i riflettori questi non ci vogliono andare, un po' per necessità e un po' per convenienza. Se parli così allora mi sa che, e te lo devo dire, non conosci bene i "lavoratori", o per lo meno quelli che definisci in questo modo.

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    L’avvento dell’intelligenza artificiale (IA) sta già modificando profondamente le dinamiche del lavoro, e le sue ricadute sul lavoro a turni sono ambivalenti. Da un lato, l’automazione intelligente promette di alleggerire il carico umano nelle attività più ripetitive, faticose o pericolose, soprattutto nei settori industriali e logistici. Alcuni compiti notturni, come il controllo di macchinari, la sorveglianza di impianti o la movimentazione di merci, sono sempre più affidati a sistemi automatizzati o a software di supervisione predittiva. Questo potrebbe ridurre l’esposizione degli esseri umani a orari disagevoli o rischi fisici. Tuttavia, l’IA porta anche con sé una ridefinizione dei ruoli lavorativi, con un possibile spostamento della turnazione verso nuove figure professionali legate alla manutenzione dei sistemi intelligenti, al monitoraggio da remoto o alla gestione degli imprevisti generati dagli stessi algoritmi.
    Non mi pare nasca con l'Ai la riqualificazione dei lavoratori. Per quanto riguarda me il lavoro è sempre un attestato "di favore" che il "capitano" d'industria elargisce al lavoratore, perché se non fosse così e il lavoro fosse "davvero" un "diritto", allora lavorerebbero "tutti", anche quelli che non vogliono lavorare ma solo essere pagati "o qualcos'altro".

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    Inoltre, mentre l’IA può contribuire a una maggiore efficienza operativa, vi è il rischio concreto che aumenti le disuguaglianze tra chi ha accesso alle competenze digitali e chi continua a operare nei comparti più esposti, senza possibilità di riqualificazione. I lavoratori a turni, spesso meno coinvolti nei processi di innovazione, rischiano di trovarsi esclusi dalla transizione tecnologica, con una doppia penalizzazione: da un lato, l’automazione potrebbe ridurre il numero complessivo di turnisti; dall’altro, i residui umani del sistema turnario (o turnistico? ), meno sostituibili , potrebbero continuare a operare in condizioni gravose e sottovalutate, senza che l’innovazione porti loro alcun beneficio reale.
    Però con la IA si può anche lavorare da casa, a parte ovviamente le attività che non lo consentono. Ecco: bisognerebbe fare a gara a mettere perni lungo una strada ferrata e vedere se ne mette di più il cinesino o la macchina sputa chiodi. A me piacerebbe vedere chi la vince.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Per questo è fondamentale che le politiche di uso sempre più massivo dell’IA siano inclusive, prevedendo programmi di formazione accessibili, forme di partecipazione attiva dei lavoratori e una progettazione del lavoro che non scarichi sugli anelli più deboli i costi della transizione. La tecnologia, se non accompagnata da una visione sociale, rischia di amplificare la marginalità già presente nel lavoro a turni, anziché risolverla.
    E dagli col lavoro "a turni". Il problema è la retribuzione. Vi dovete mettere d'accordo con i sindacati, e ottenere un giusto mezzo tra sforzi profusi e retribuzione. Con un minimo di "coscienza".

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Riconoscere il valore del lavoro a turni richiede una svolta culturale e politica. In primo luogo, è necessario rendere visibili questi lavoratori, restituendo loro uno spazio nel contesto dell'immagine collettiva. Questo passa dai media, dall’educazione e dalla rappresentazione del lavoro nelle scuole e nelle istituzioni. In secondo luogo, serve una riforma delle politiche retributive, che compensi in modo più equo il disagio fisico e psico-sociale del lavoro in turno. Terzo punto, è urgente garantire un supporto psicosociale strutturato a chi lavora in condizioni di discontinuità cronica: dalle consulenze mediche alle tutele familiari, dalla flessibilità in uscita alla programmazione degli orari.
    Riconoscere "va bene". Il passaggio successivo sarebbe attribuire lo straordinario, cioè una percentuale di stipendio in più, e non invece un doppio stipendio, cioè uno per ogni turno. Questo sarebbe davvero scandaloso. Ad oggi.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Infine, è auspicabile un riequilibrio simbolico: il lavoro a turni non deve più essere considerato una forma inferiore di impiego; una "schiavitù remunerata", ma una funzione strategica per la tenuta della società. Questo significa includere i turnisti nei processi decisionali, nei tavoli di contrattazione e nelle visioni del lavoro del futuro.
    Il lavoro a turni non è un’eccezione: è la normalità per una parte significativa della popolazione attiva. È tempo che questa realtà venga riconosciuta per ciò che è: un perno essenziale della nostra vita collettiva.
    Carissimo il perno della società sono le attività industriali e non gli operai che si inventano i turni per lavorare meno e raddoppiare lo stipendio. Non sto criticando i turni. Sto criticando il modo "di intenderli". Ripeto che se vuoi straordinario lo puoi avere, e te lo dico conoscendo abbastanza bene l'attività industriale. Ma non un raddoppio di stipendio. Dài.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Ignorare il suo valore non è solo ingiusto: è anche miope. Il lavoro a turni è una colonna portante dell’economia e del vivere civile, eppure continua a essere sottovalutato, invisibile e poco tutelato. Le sfide attuali, dalla disuguaglianza sociale alla transizione digitale, rischiano di aggravare questa marginalità se non si interviene con politiche inclusive, riconoscimenti simbolici e compensazioni adeguate. Anche l’intelligenza artificiale, se guidata con responsabilità, può essere un’opportunità per migliorare le condizioni del lavoro turnario; altrimenti, rischia solo di sostituire chi è già più esposto. Riconoscere chi lavora mentre il resto del mondo dorme non è solo un atto di giustizia, ma una scelta strategica per una società più coesa e sostenibile.
    La società più giusta è quella che tutela tutti, ma solo dal punto di vista "formale". Se tu vuoi una tutela sostanziale ce la puoi avere ma senza pretendere "due stipendi" perché fai doppio turno. Mi pare che i lavoratori siano già ben tutelati dalle organizzazioni di categoria e dai partiti perché portano "voti". E' sempre e comunque un "do ut des", in pieno stile "Prima Repubblica". Non è cambiato niente.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Bon, come conclude un giullare in preda a grafomania?
    Che mentre gli algoritmi sognano acciaierie intelligenti e corsie autogestite, il turno di notte continua a odorare di caffè bruciato e neon stanco. Il lavoratore turnista resta lì, incastrato tra la catena e la piattaforma, tra l’orario spezzato e l’intelligenza che non lo riguarda. Nessuna IA si alza alle tre per accudire un impianto che fa le bizze, un incendio...o un paziente in un letto d'ospadale.
    Ripeto che le attività che citi sono già ben tutelate anche a livello economico. L'intelligenza artificiale per ora non dà problemi. Quando avrete capito che "il Mondo Ideale" non esiste, allora forse sarete più sobri ma anche meno "consumisti". E mi fermo.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    I problemi lavorano 24/24, 7/7. La gloria solo di giorno.
    Questi però in Italia si sono estinti. Probabilmente ti riferisci ai "cinesi". Abbi pazienza.
    Ultima modifica di sandor; 19-05-2025 alle 20:07

  6. #6
    Ho parlato di "Lavoro in turno", presumento che tutti i lettori (oltre a Ale e Conogelato che lo vivono e hanno vissuto) sapessero di cosa parlavo. Mi accorgo che non é il caso. Quindi, opinioni e giudizi giustificabili solo con l'ignoranza....cioé, con la non-conoscenza del tema. Ed é colpa mia. Correggo, spiegando di cosa si tratta, cosa significhi "lavorare in turno ". Che é una cosa ben diversa dal sia pur duro e lodevole studio studentesco notturno. Per inciso, parlo con cognizione diretta di causa.
    Da ingegnere, le premesse.
    Esistono moltissime forme di"lavoro in turno". Parlero' della "classica " : l'operatore di impianto petrolchimico o l'operatore sanitario di struttura ospedaliera.
    Queste funzioni devono essere assicurate 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Fanno un totale di 8760 ora all'anno (non bisestile). I contratti di lavoro collettivi prevedono nei paesi europei una media di circa 38 ore settimanali su 5 giorni lavorativi Quindi 7,6 ore al giorno (col sistema dei riposi compsetivi). Negli stessi paesi, la media di giorni lavorativi (tenuto conto di ws, festività legali e 20 giorni di ferie) é di 234 (+/- come in Italia). Il che dà un "monte ore lavoro " di 1778 ore/anno per lavoratore. Tenendo conto dell'assenteismo per malattia ed infortunio (medio europeo) di 4,6% si riducono a 1696 ore/anno per lavoratore.
    La conclusione é che per assicurare una funzione in turno continuo occorrono un po' più di 5 persone. 5,2 per la precisione.
    Questo significa che ogni lavoratore condivide con altri quattro individui la responsabilità di garantire la continuità del sistema. È una sorta di “matrimonio forzato”, fondato non sull’affetto ma sull’algoritmo del tempo.
    Questa condivisione non è simbolica: è totale. Giorni di riposo, ore di sonno, momenti di presenza familiare, festivi, notti: tutto è subordinato al ciclo, spesso su base quadrisettimanale. E gli orari di lavoro e le alternanze di cicli sono rigidamente organizzati e programmati in anticipo.
    Per chiarire, un esempio: un lavoratore fa il primo turno (6-14) il mercoledi, giovedi. Poi il secondo (14-22) il venerdi e sabato. Poi il terzo 22-6) domenica e lunedi. Quindi, due/tre giorni di riposo. E si continua, intervallando riposi e cambiando "sequenza" con i colleghi periodicamente.Di queste cinque persone, due sono "jolly": figure flessibili chiamate a tappare i buchi, con orari aleatori e difficilmente pianificabili, spesso comunicati con brevissimo preavviso.
    Per "il turnista", l’idea di “weekend” o di Natale Capodanno o Ramadan perde qualsiasi connotazione affettiva. Tutto è sostituito dal concetto impersonale di “riposo”, un diritto astratto che arriva quando il ciclo lo consente, non quando il corpo o la mente lo invocano.
    L’effetto sociale di questo tipo di organizzazione del lavoro è profondo e strutturale. L’essere umano è biologicamente e culturalmente sincronizzato a una vita diurna, cadenzata da relazioni, abitudini, rituali comunitari. Il turnista è un dissidente involontario di questo modello. Gli orari sfasati rendono difficile la partecipazione alla vita sociale. L’amico che esce a cena, il figlio che ha la recita scolastica, il partner che vorrebbe condividere un weekend: tutto si scontra con un ciclo rigido e inscalfibile.
    A livello relazionale, i lavoratori a turni mostrano una maggiore incidenza di separazioni e difficoltà familiari. Secondo uno studio dell'European Working Conditions Survey (EWCS, 2021), il 38% dei lavoratori turnisti riporta conflitti familiari frequenti, contro il 22% dei lavoratori con orari regolari. Anche il senso di isolamento è maggiore: l’assenza di una "normalità sociale condivisa" rende difficile mantenere relazioni stabili anche fuori dal contesto familiare.
    I danni non sono solo sociali. Il corpo umano segue un ritmo circadiano, una struttura biologica costruita sull’alternanza luce-buio. Il lavoro notturno o su turni irregolari altera profondamente questa armonia, provocando disfunzioni metaboliche, cardiovascolari e neurologiche.
    Studi epidemiologici confermano un impatto diretto sulla salute. Secondo l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), i lavoratori turnisti hanno un rischio aumentato del 40% di sviluppare disturbi cardiovascolari. La prevalenza del diabete di tipo 2 è più alta del 20–30%. Anche la salute mentale è compromessa: insonnia cronica, ansia e depressione sono più frequenti, con un’incidenza doppia rispetto alla popolazione lavorativa standard.
    Uno dei dati più inquietanti riguarda l’aspettativa di vita. Secondo uno studio condotto su larga scala in Svezia e Norvegia (Larsen et al., 2020), i lavoratori che hanno svolto attività su turni continui per più di 20 anni mostrano un’aspettativa di vita inferiore di 2–3 anni rispetto ai colleghi a orario regolare. La combinazione di stress cronico, disturbi del sonno e alimentazione sregolata lascia un'impronta biologica persistente.
    Eppure, tutto questo si consuma nel silenzio. Il lavoro in turni è accettato come una necessità tecnica, un sacrificio razionale sull’altare dell’efficienza. Ma la razionalità organizzativa ha un costo umano. Il paradosso è che questi lavoratori garantiscono la continuità della vita “normale” degli altri: curano malati, producono energia, sorvegliano impianti chimici potenzialmente pericolosi. Eppure, conducono una vita che di normale non ha nulla.
    Solo durante le ferie (sempre con uno scarto, un “cambio-ritmo” iniziale e finale per rientrare nei bioritmi) il lavoratore turnista può accedere a una parvenza di sincronia con il mondo. Ma anche qui, si tratta di una tregua, non di una liberazione.
    Il lavoro su turni avvicendati è una delle forme più estreme di organizzazione del tempo umano. È una realtà nascosta, ma essenziale. Chi la vive è spesso invisibile, come le infrastrutture che mantiene in funzione. Ma dietro il badge elettronico e i grafici orari si cela una vita alterata, un tempo spostato, una salute logorata lentamente.
    Questo é il "lavoro a turni". Descritto da chi lo conosce bene. E che ha anche studiato di notte.

  7. #7
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    Ho parlato di "Lavoro in turno", presumento che tutti i lettori (oltre a Ale e Conogelato che lo vivono e hanno vissuto) sapessero di cosa parlavo. Mi accorgo che non é il caso. Quindi, opinioni e giudizi giustificabili solo con l'ignoranza....cioé, con la non-conoscenza del tema. Ed é colpa mia. Correggo, spiegando di cosa si tratta, cosa significhi "lavorare in turno ". Che é una cosa ben diversa dal sia pur duro e lodevole studio studentesco notturno. Per inciso, parlo con cognizione diretta di causa.

    No. Allora la "colpa" è la mia che non capisco il ragionamento perché mi pare più, e lo ripeto, questione di propaganda per ottenere magari leggi favorevoli ancor più di quelle esistenti nei riguardi di categorie sociali già "ultra/ossequiate", anche e soprattutto a livello "economico". Chiaramente il ragionamento non dice espressamente dove si vuole andare "a parare" ma si capisce chiaramente che la "questione" è semplicemente "economica". Ora mi puoi dire tra studio notturno da 10 a 12 ore e successiva grave alterazione sonno/veglia con psicosi di "rimando", da un lato; e presidi medici o altre attività che vengono svolte anche di notte, quale è la differenza sostanziale? Te lo dico io: i soldi. Ripeto che se fai questo tipo di discorso allora non conosci le realtà lavorative e soprattutto non conosci i ritmi di vita di quelli che fanno lavori che richiedono prestazioni costanti, anche notturne. Io del lavorare "in turno" mi faccio semplicemente l'idea che sia una buona cosa, ma se questa valutazione deve investire le retribuzioni allora mi viene un "diavolo per capello", perché? Perché, e scusa l'espressione "forte", ho buttato 17 anni della mia vita sui libri. Che vuol dire? Vuol dire che se esistesse la meritocrazia, ovviamente economica per i turnisti, cioè medici e impiegati vari, insomma colletti bianchi legati alla politica che non si saziano mai di "privilegi", allora "a monte" dovrebbe esserci un ricambio generazionale che porterebbe persone più giovani a coprire le ore mancanti in determinate attività, che, mi rendo conto, implicano una qualche ripartizione del lavoro perché arrivati ad una certa età diciamo che le forze fisiche vengono meno.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Da ingegnere, le premesse.
    Esistono moltissime forme di"lavoro in turno". Parlero' della "classica " : l'operatore di impianto petrolchimico o l'operatore sanitario di struttura ospedaliera.
    Queste funzioni devono essere assicurate 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Fanno un totale di 8760 ora all'anno (non bisestile). I contratti di lavoro collettivi prevedono nei paesi europei una media di circa 38 ore settimanali su 5 giorni lavorativi Quindi 7,6 ore al giorno (col sistema dei riposi compsetivi). Negli stessi paesi, la media di giorni lavorativi (tenuto conto di ws, festività legali e 20 giorni di ferie) é di 234 (+/- come in Italia). Il che dà un "monte ore lavoro " di 1778 ore/anno per lavoratore. Tenendo conto dell'assenteismo per malattia ed infortunio (medio europeo) di 4,6% si riducono a 1696 ore/anno per lavoratore.
    La conclusione é che per assicurare una funzione in turno continuo occorrono un po' più di 5 persone. 5,2 per la precisione.

    Ma cosa stai dicendo scusa? Ma anziché fare i turni perché non utilizzare anche i sabati per far quadrare i conti anche pagando gli straordinari? Il problema è che quando voi partite in quarta con le esigenze dei lavoratori ecc., volete solo che le ore lavorate vengano pagate di più. Ma se vengono pagate di più, chi è che paga gli straordinari? Ovviamente la mammella pubblica. Ma io direi che se in un tribunale per la stessa mansione vengono assunte più di due persone per fare cose per cui basterebbe "mezza", e parlo per esperienza, allora non ci possiamo trovare. Se in un tribunale si presenta gente che non ha alcun interesse a fare il proprio dovere e neanche saprebbe, perché magari, ripeto, ha il santo in paradiso che ce la manda e la paga anche perché vuole i voti, mi sai dire come si potrebbe fare a far quadrare i conti?

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    Questo significa che ogni lavoratore condivide con altri quattro individui la responsabilità di garantire la continuità del sistema. È una sorta di “matrimonio forzato”, fondato non sull’affetto ma sull’algoritmo del tempo.
    Questa condivisione non è simbolica: è totale. Giorni di riposo, ore di sonno, momenti di presenza familiare, festivi, notti: tutto è subordinato al ciclo, spesso su base quadrisettimanale. E gli orari di lavoro e le alternanze di cicli sono rigidamente organizzati e programmati in anticipo.
    Per chiarire, un esempio: un lavoratore fa il primo turno (6-14) il mercoledi, giovedi. Poi il secondo (14-22) il venerdi e sabato. Poi il terzo 22-6) domenica e lunedi. Quindi, due/tre giorni di riposo. E si continua, intervallando riposi e cambiando "sequenza" con i colleghi periodicamente.Di queste cinque persone, due sono "jolly": figure flessibili chiamate a tappare i buchi, con orari aleatori e difficilmente pianificabili, spesso comunicati con brevissimo preavviso.

    Allora, mi sa che qua si "straparla". Domanda: quante ore un medico di pronto soccorso dovrebbe lavorare per non essere a rischio "psicofisico"? Dimmelo tu. Cioè tu stai dicendo che per un solo posto, mettiamo da infermiere in ospedale ci vogliono mediamente più due persone? Ma dove cavolo state con la testa? Io mi auguro che questo tipo di osservazioni tu le faccia solo qui sul forum e non "dal vivo" perché mi sa proprio che non ti seguirebbe neanche un cobas del latte, il quale da parte sua ha pur solide ragioni. Non siamo ripeto, nell'Ottocento con i lavoratori attaccati ai cancelli delle fabbriche. Noi in Italia abbiamo purtroppo uno stato sociale che taccia di "latrocinio" le categorie produttive e per alimentare il circuito politico privilegia quelli che sono parte dell'apparato statale perché sono "amici degli amici". La vera "mafia" è questa, carissimo, cioè puntare a demolire lo stato a forza di battere sullo stesso tasto, cioè lavoratori sfruttati e "malpagati" e siamo nel 2025. Ma non ti vergogni?




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    Per "il turnista", l’idea di “weekend” o di Natale Capodanno o Ramadan perde qualsiasi connotazione affettiva. Tutto è sostituito dal concetto impersonale di “riposo”, un diritto astratto che arriva quando il ciclo lo consente, non quando il corpo o la mente lo invocano.

    Si. Allora bisogna mettere su le infermerie anche per i medici, soprattutto se musulmani.


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    L’effetto sociale di questo tipo di organizzazione del lavoro è profondo e strutturale. L’essere umano è biologicamente e culturalmente sincronizzato a una vita diurna, cadenzata da relazioni, abitudini, rituali comunitari.

    Però senza generalizzare. Ci sono esseri umani e esseri umani. I camionisti non lo sono, "esseri umani"?


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    Il turnista è un dissidente involontario di questo modello. Gli orari sfasati rendono difficile la partecipazione alla vita sociale. L’amico che esce a cena, il figlio che ha la recita scolastica, il partner che vorrebbe condividere un weekend: tutto si scontra con un ciclo rigido e inscalfibile.

    Il turnista, come lo chiami tu, non ha niente di diverso, a parte il colletto "bianco", dal piastrellista o muratore o chiunque abbia una attività in proprio, che per decenni avete tacciato di togliere il sangue alla gente come voi, mentre invece grazie a Dio hanno mosso un po' una economia che nei decenni era tutta semi/pubblica, compresa la Fiat. Allora mi domando quale concetto abbiate di comunismo se neanche con una Fiat in mano pubblica avete desistito dalle sommosse e dalle volgari calunnie.

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    A livello relazionale, i lavoratori a turni mostrano una maggiore incidenza di separazioni e difficoltà familiari. Secondo uno studio dell'European Working Conditions Survey (EWCS, 2021), il 38% dei lavoratori turnisti riporta conflitti familiari frequenti, contro il 22% dei lavoratori con orari regolari. Anche il senso di isolamento è maggiore: l’assenza di una "normalità sociale condivisa" rende difficile mantenere relazioni stabili anche fuori dal contesto familiare.

    Una socialità normale e condivisa c'era con il dopo lavoro e il sabato "partecipativo" e "istruttivo". Sono cose che oggi non ci sono più soprattutto per colpa vostra, e adesso te ne vieni con la stronzata che la "socialità" è compromessa. Ma di quale socialità parli?

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    I danni non sono solo sociali. Il corpo umano segue un ritmo circadiano, una struttura biologica costruita sull’alternanza luce-buio. Il lavoro notturno o su turni irregolari altera profondamente questa armonia, provocando disfunzioni metaboliche, cardiovascolari e neurologiche.

    A me sa tanto che le cause che nomini per le malattie che nomini sono "ben altre". Sicuramente fare i turni non è una soluzione, oppure lo è ma senza incrementi spropositati di stipendio cioè "busta paga". Se io lavoro per me stesso prendo 1. Se lavoriamo metà io e metà il mio collega prendiamo 1/2 ciascuno, senza tante storie, che di "scrivanie" ne avete "tante", e mi pare che basti.

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    Studi epidemiologici confermano un impatto diretto sulla salute. Secondo l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), i lavoratori turnisti hanno un rischio aumentato del 40% di sviluppare disturbi cardiovascolari. La prevalenza del diabete di tipo 2 è più alta del 20–30%. Anche la salute mentale è compromessa: insonnia cronica, ansia e depressione sono più frequenti, con un’incidenza doppia rispetto alla popolazione lavorativa standard.

    Ci sono problemi di salute? Pagatevi una assicurazione sulla vita. E no, non va bene perché lo scopo è sempre prendere soldi a "UFO", come dice anche il Dottor Malanga.

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Uno dei dati più inquietanti riguarda l’aspettativa di vita. Secondo uno studio condotto su larga scala in Svezia e Norvegia (Larsen et al., 2020), i lavoratori che hanno svolto attività su turni continui per più di 20 anni mostrano un’aspettativa di vita inferiore di 2–3 anni rispetto ai colleghi a orario regolare. La combinazione di stress cronico, disturbi del sonno e alimentazione sregolata lascia un'impronta biologica persistente.

    Per queste cose c'è l'INAIL e vale per tutti, tenendo fermo il valore dei salari, magari anche ancorati al tasso di inflazione, come una "volta", aggancio che ora non c'è più perché all'epoca la priorità era "il comunismo" nell'unità del "Nuovo Gioioso Fronte Popolare di Unità Socialista". Andate a cagare. Almeno ogni tanto, possibilmente dopo aver mangiato qualcosa.

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    Eppure, tutto questo si consuma nel silenzio. Il lavoro in turni è accettato come una necessità tecnica, un sacrificio razionale sull’altare dell’efficienza. Ma la razionalità organizzativa ha un costo umano. Il paradosso è che questi lavoratori garantiscono la continuità della vita “normale” degli altri: curano malati, producono energia, sorvegliano impianti chimici potenzialmente pericolosi. Eppure, conducono una vita che di normale non ha nulla.

    Non so tu dove viva ma un minimo di esperienza in merito a questo tipo di situazioni ce l'ho anche io e ti assicuro che è "speculare" alla tua. Il lavoro è una cosa seria e se mi vuoi dire che un medico deve sempre essere pienamente efficiente perché se no "opera male", ti seguo, ma arrivati a un certo punto è una "missione" e non una questione di stipendio o di eccessivi "carichi".

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Solo durante le ferie (sempre con uno scarto, un “cambio-ritmo” iniziale e finale per rientrare nei bioritmi) il lavoratore turnista può accedere a una parvenza di sincronia con il mondo. Ma anche qui, si tratta di una tregua, non di una liberazione.

    Si. E la liberazione sarebbe non lavorare ed essere pagati. D'altra parte è un sistema che va avanti così da decenni, non è che scopri "l'acqua calda".

    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Il lavoro su turni avvicendati è una delle forme più estreme di organizzazione del tempo umano. È una realtà nascosta, ma essenziale. Chi la vive è spesso invisibile, come le infrastrutture che mantiene in funzione. Ma dietro il badge elettronico e i grafici orari si cela una vita alterata, un tempo spostato, una salute logorata lentamente.
    Questo é il "lavoro a turni". Descritto da chi lo conosce bene. E che ha anche studiato di notte.
    Ma guarda un po': una "malattia sociale". Ma dàtevela una regolata.
    Ultima modifica di sandor; 20-05-2025 alle 18:45

  8. #8
    Non ho argomenti, né parole per rispondere.


  9. #9
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    il lavoro degli occidentali non interessa più, perché la domanda degli emergenti è infinita, e il prezzo del loro lavoro bassissimo; cioè, viene meno la necessità di tenere conto dei diritti, e ognun per se;
    in Europa ancora si può fare qualcosa, perché il continente ha delle ricchezze ambientali non fungibili e non dislocabili; insomma, se i lavoratori boicottano un sistema che riduce la qualità della vita, il feedback arriva subito ai piani alti, perché siamo molto più promiscui degli americani; qui, il tycoon più ricco raramente abita a più di 5 km da una zona di degrado; e se non è lui, è il CEO e gli altri gerarchi.
    c'� del lardo in Garfagnana

  10. #10
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    Grazie RDC, hai dato molti spunti su cui riflettere. Noto che ci sono molte critiche, ma poche proposte. Escludendo l’eliminazione delle fasce poco produttive della popolazione( pensionati, bambini, studenti(costano troppo), donne( incinte o potrebbero restare incinte). Che si fa col resto della popolazione ( dimenticavo i malati cronici������*♀️. Idee?

  11. #11
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    Grazie RDC, hai dato molti spunti su cui riflettere. Noto che ci sono molte critiche, ma poche proposte. Escludendo l’eliminazione delle fasce poco produttive della popolazione( pensionati, bambini, studenti(costano troppo), donne( incinte o potrebbero restare incinte). Che si fa col resto della popolazione ( dimenticavo i malati cronici������*♀️. Idee? Ampliando il discorso al lavoro in generale. Ampliando in generale il discorso del lavoro.
    Ultima modifica di Ninag; 23-05-2025 alle 14:23

  12. #12
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