“Jay Kelly” (2025) di Noah Baumbach
Jay Kelly (George Clooney) è un attore famoso in crisi, stufo del cinema, della celebrità e di tutto quello che ruota intorno al mondo dello spettacolo, compresi i premi, come quello che va a ritirare in Italia in treno da Parigi. Si rende conto di aver costruito la sua vita dimenticandosi delle cose importanti, come di due figlie cresciute senza di lui e che quando sente il bisogno di un riavvicinamento lo considerano quasi un estraneo. Il film era in concorso a Venezia e ha avuto recensioni contrastanti, probabilmente perché è una via di mezzo tra un film drammatico e una commedia, dove trovi nelle lunghe riflessioni che fa il protagonista, devo dire alquanto indulgenti, un po’ di Fellini, di Bergman e di Allen, con qualche sequenza non necessaria, qualche dialogo troppo lungo, probabilmente anche un film sulla carriera di Clooney, come può essere suggerito dalla conclusione, ma con un cambio di passo continuo che porta lo spettatore a chiedersi, cosa succederà ora?
Jay Kelly ***
A me dava fastidio che non riconosceva mai i suoi errori, il modo distorto in cui leggeva molti autori, anche se glielo si faceva presente, ma soprattutto che si ergeva a giudice della vita privata degli altri forumisti.
Però ravvivava il forum, era ricco di stimoli.
“Sinners” (2025) di Ryan Coogler
Anni ’30, due gemelli afroamericani tornano a casa dopo aver terminato la carriera di gangster a Chicago. L’area è quella del delta del Mississippi, l’idea dei due è quella di aprire un locale dove suonare musica e per questo reclutano alcuni musicisti del posto e avviare l’organizzazione per l’inaugurazione. Si intuisce subito che la colonna sonora è la cosa migliore del film, blues delle origini suonato in continuazione e anche nel locale appena inaugurato dove, grazie alla magia che solo il cinema può creare, in una lunga scena in piano sequenza gli invitati ballano sulle note di un sunto della storia della musica nera a partire dal ragtime e seguito da blues, rap e vari mix, come se fossero sempre appartenute alla cultura afro. Detto della prima parte, c’è da dire che del film mi sono accorto solo per le candidature ai Golden Globe, che probabilmente verranno seguite da quelle degli Oscar, anche se nel proseguo invece di accrescere la qualità della pellicola la narrazione si trasforma quasi inaspettatamente - ma neanche troppo considerato che il blues viene considerata la musica del diavolo - in una sorta di horror vampiresco dal dubbio gusto, con la musica del locale che attrae i peggiori spiriti maligni, trasformando una serata speciale in un incubo.
Sinners **