Originariamente Scritto da
axeUgene
non sono in grado di dare istruzioni agli altri;
però credo che se la "pancia" è infelice, se il corpo manda segnali di intolleranza nervosa alla presenza dell'altro, difficilmente la questione si risolve in meglio; magari il "meglio" può essere proprio la conservazione di quella roba, a fronte di altre angosce personali, come il timore della solitudine, oppure della competizione/rifiuto/sofferenza, o della stessa felicità;
un comportamento autolesionista è diffusissimo come modalità di gestione dell'angoscia: ci si somministra una modica quantità di sofferenza quotidiana e autogestita che assolve ad una funzione negoziale col Destino: se già soffro, non sarò punito ancora di più; se sono già modicamente infelice, ho poco da perdere, ecc... ;
per "pancia" non intendo solo una soddisfazione passionale, beninteso, ma il benessere nervoso nella compresenza di quella determinata persona, che dovrebbe produrre di suo un saldo positivo di buonumore, per quello che è, e non per ciò che si sforza di essere;
detta così, pare una cosa cervellotica; poi incontri una persona concreta che non ti fa sentire sotto pressione nervosa e non ti sottrae energie, ma magari ti pungola ad attivare potenzialità gratificanti, e allora improvvisamente è tutto chiaro;
senza pretendere la "verità", questa cosa spiega tante circostanze inattese o sorprendenti, di gente che sembrava condurre un'esistenza di copia prevedibile e poi parte per la tangente; lì è intervenuto l'incontro casuale e rivelatore, che non è l'avventura sessuale, ma la scoperta della possibilità che una parte di se stessi può venir fuori e respirare o comunicare, dove prima era rimossa, per inibizioni altrui o proprie.