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“Un semplice incidente” (2025) di Jafar Panahi
Un uomo pensa di riconoscere il suo torturatore nel tipo che chiede aiuto con la sua auto in panne dopo un semplice incidente. Lo segue, lo rapisce e nel momento in cui lo sta seppellendo vivo ha un attimo di dubbio, se sia davvero l’uomo dei servizi segreti iraniano che lo accusò di cospirare contro il governo di Teheran. Chiama allora altre persone perseguitate come lui a cui fa vedere il viso del presunto torturatore, ma tutti tranne uno sono dubbiosi si tratti di quella persona. Il film ha vinto la Palma d’Oro all’ultimo Cannes, meritato o no penso sia stata una decisione politica, quella che invece è mancata a Venezia per “La voce di Hind Rajab”. “Un semplice incidente” appare per certi versi una commedia sofisticata, più che un vero e proprio thriller, che ricorda nelle discussioni tra i protagonisti, quando non si trovano d’accordo su nulla - come nelle migliori versioni delle opposizioni politiche, qualcosa di Woody Allen. Negli ultimi minuti cresce però il lato drammatico del film, con un dialogo serrato tra il torturatore e i suoi carcerieri, in cui si evidenzia il danno comune a chi persegue e a chi subisce il dettato di una dittatura.
Un semplice incidente ***
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“After the hunt” (2025) di Luca Guadagnino
Università di Yale, una professoressa appena tornata ad insegnare dopo una malattia raccoglie la testimonianza di una sua studentessa molestata da un insegnante dopo un party. La docente (Julia Roberts) è cauta nel considerare apertamente colpevole il collega, ed essendo vicina ad entrambi fatica a prendere posizione, ma forse c’è dell’altro. Il film era a Venezia fuori concorso e presenta molte delle caratteristiche dei film di Guadagnino, come ad esempio prendere spunto dai grandi registi del passato, come non pensare a Woody Allen nelle fasi iniziali o a Hitchcock per come la storia si sviluppa nel proseguo, con la sua solita regia precisa e un montaggio mai banale, ma anche con una sceneggiatura un po’ sfuocata. L’altro a cui accennavo sopra è relativo a quello che la vicenda fa riaffiorare nella testa della protagonista, una storia passata che ha segnato per sempre la vita della donna.
After the hunt ***
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“After the hunt” (2025) di Luca Guadagnino
Università di Yale, una professoressa appena tornata ad insegnare dopo una malattia raccoglie la testimonianza di una sua studentessa molestata da un insegnante dopo un party. La docente (Julia Roberts) è cauta nel considerare apertamente colpevole il collega, ed essendo vicina ad entrambi fatica a prendere posizione, ma forse c’è dell’altro. Il film era a Venezia fuori concorso e presenta molte delle caratteristiche dei film di Guadagnino, come ad esempio prendere spunto dai grandi registi del passato, come non pensare a Woody Allen nelle fasi iniziali o a Hitchcock per come la storia si sviluppa nel proseguo, con la sua solita regia precisa e un montaggio mai banale, ma anche con una sceneggiatura un po’ sfuocata. L’altro a cui accennavo sopra è relativo a quello che la vicenda fa riaffiorare nella testa della protagonista, una storia passata che ha segnato per sempre la vita della donna.
After the hunt ***
Sceneggiatura un po’ acerba della scrittrice alle prime armi, ma una grande regia, cast stellare, e stupenda la colonna sonora.
Adoro i thriller psicologici.
Indovinatissima la citazione di Allen e Hitchcock.:approved:
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Meno male qualcuna guarda qualche film.:clap
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Due film in concorso a Berlino 2025.
“If I Had Legs I’d Kick You” (2025) di Mary Bronstein
Una terapista oltre ad essere molto impegnata professionalmente ha anche un grosso problema con la figlia, intubata per un disordine alimentare che necessita di essere assistita costantemente. Non bastasse, alcuni suoi pazienti la tengono continuamente sotto stress, come una ragazza che abbandona la figlia di pochi mesi nello suo studio aumentando le difficoltà della donna a sopperire a tutte le esigenze. A Berlino Rose Byrne, la cui interpretazione va detto regge l’intero film, ha vinto il premio come migliore attrice della rassegna. Se nella prima parte la storia per come viene sviluppata risulta interessante, soprattutto per il rapporto tra madre e figlia - che tra l’altro si sente parlare ma non si vede se non nella scena conclusiva, nel proseguo il film non riesce a sottrarsi al vortice drammatico che ingoia la protagonista senza riuscire a definire una narrazione convincente.
If I Had Legs I’d Kick You **
“Blue Moon” (2025) di Richard Linklater
Lorenz Hart, famoso paroliere di “Blue Moon”, “My Funny Valantine”, “The Lady is a Tramp” scritte insieme a Richard Rodgers, si trova a Broadway per vedere l’ultima opera del vecchio collega che ha deciso di separarsi da lui visti i problemi di alcol che lo affliggono. Invece di vedere la rappresentazione, Hart sosta al bar a bere e a parlare con il barista e uno scrittore seduto a un tavolo, confidando loro i suoi problemi, che per lui non sono problemi e le sue idee artistiche a cui sta lavorando. Successivamente si uniscono gli spettatori vip che escono dalla sala alla fine dello spettacolo, tra cui Elisabeth di cui Hart è totalmente innamorato e con cui riesce ad avere un lungo dialogo in un prive improvvisato che mette le cose in chiaro. A Berlino il film ha vinto un premio con un attore non protagonista, ma è un irriconoscibile Ethan Hawke ad essermi parso convincente, come pure Margaret Quelley nella parte di Elizabeth. Il film pur essendo ambientato unicamente nel bar del teatro, grazie a dialoghi efficaci e attori di livello risulta assolutamente godibile.
Blue Moon ***
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Originariamente Scritto da
Barrett
“One Battle after Another” (2025) di Paul Thomas Anderson
Una organizzazione rivoluzionaria è impegnata nella lotta armata, soprattutto a liberare immigrati clandestini giunti negli Stati Uniti dal Messico. Al vertice troviamo una coppia con figlia. Durante una rapina in banca finita male lei viene catturata e forse liberata grazie a un ufficiale (Sean Penn) attratto dalla sua pelle nera mentre l’uomo (Leonardo Di Caprio) scappa con la bambina. Nella seconda parte lo vediamo assumere le sembianze di un personaggio che sembra uscito da un film dei fratelli Coen, e osservandolo con quell’aria da scappato di casa, non ci si può sorprendere se poi le rivoluzioni finiscono con un buco nell'acqua. In questo ultimo lavoro Paul Thomas Anderson non ha avuto bisogno di passare attraverso i festival, il film è arrivato nelle sale così, all’improvviso. Nelle parti migliori è assolutamente irresistibile grazie a regia, montaggio serrato e un utilizzo originale delle musiche; si notano influenze e stili diversi ma come nei film precedenti il regista inserisce sempre qualcosa di suo, come ad esempio nell'inseguimento tra macchine nella parte finale. Quanti ne abbiamo visti al cinema, ma il suo ha un tocco personale, con la cinepresa schiacciata sulla strada che porta lo spettatore all’interno della macchina. Peccato per alcune sequenze banali, momenti di stanca prima di riprendere con il solito ritmo incalzante. Ad esempio non ho apprezzato il modo grottesco con cui vengono rappresentati i suprematisti. Anche l'ultima sequenza in cui è presente Sean Penn l'avrei eliminata o fatta diversamente. In definitiva un film che ci parla di purezza delle razze, del senso di appartenenza e di come non ci si arrenda alla trasformazione (in peggio) delle società, con un grande Di Caprio (e un odioso Sean Penn).
One Battle after Another ***
Visto, lascia un segno, anche se in qualche momento è ridondante.
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Barrett
Meno male qualcuna guarda qualche film.:clap
Credo che in molti guardino dei film, ma magari non ne parlano.
Del resto, chi riuscirebbe a presentarli come fai tu?
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Ci metto solo un po' di passione.
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“Lo schiaffo” (2025) di Frederic Hambalek
Ancora da Berlino. E’ bastato uno schiaffo ricevuto da un’amica che Marielle diventi telepatica, capace di vedere la madre che flirta con un collega o il padre umiliato durante una riunione di lavoro. La ragazza è tutt’altro che felice della situazione, accusa un malessere e allora confida ai genitori dei suoi super poteri, i quali naturalmente inizialmente hanno un atteggiamento difensivo, successivamente si bloccano ben sapendo che la figlia vede tutto, ma poi hanno una reazione incontrollata mettendo a rischio il matrimonio e i loro rapporti futuri con Marielle. Il film ha un’idea interessante - come ci comporteremmo se fossimo visti dagli altri, figuriamoci dai figli e alla faccia della privacy - a mio parere non sufficientemente sviluppata con efficacia dalla sceneggiatura, ma con una fine riuscita e che non ti aspetti.
Lo schiaffo ***
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Barrett
Ci metto solo un po' di passione.
Magari qualcuno guarda pure film datati (a me è accaduto ieri con Scent of woman, fantastico!) che non aveva visto prima, ma non ne scrive perché sono vecchi.
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I bei film non hanno età (frase che mi ricorda Conogelato ahahha, ma che fine ha fatto?)
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“Il quadro rubato” (2024) di Pascal Bonitzer
Due settimane fa durante la trasmissione radiofonica Hollywood Party collegata per l'occasione con il Festival di Torino, era presente insieme ai conduttori della trasmissione Paolo Mereghetti, critico del Corriere a cui ho chiesto via sms quale fosse il suo film preferito del 2025. Ha cincischiato un po’, adducendo a una scarsa memoria, poi ha parlato dell’ultimo di Paul Thomas Anderson, un secondo che non ricordo e appunto a “Il quadro rubato”.
Siamo nell’Est della Francia dove una famiglia di modesta estrazione si ritrova in casa un quadro che sembrerebbe di un famoso pittore. Viene quindi chiesta una perizia e salta fuori che l’opera è un autentico Schiele, sparita durante la seconda guerra mondiale e il cui valore si conterebbe in alcuni milioni di euro. A questo punto la vicenda diventa un affare tra la casa d’aste che naturalmente aspira a massimizzare il profitto, il rappresentante degli eredi di Schiele che invece minimizza il valore ritenendo la tela rovinata, per poterla acquistarla a un prezzo ribassato e la famiglia proprietaria dell’opera che non vuole essere tirata dentro una faccenda che loro vedono solo speculativa. All’interno di questa vicenda, che nel proseguo perde parte della brillantezza iniziale, possiamo notare la descrizione efficace di ogni singolo protagonista del film, anche quello meno significativo, tipico di certi film francesi, ad esempio quelli di Truffaut. Apprezzato, ma non credo sarà in cima alle mie preferenze del 2025.
Il quadro rubato ***
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follemente
Magari qualcuno guarda pure film datati (a me è accaduto ieri con Scent of woman, fantastico!) che non aveva visto prima, ma non ne scrive perché sono vecchi.
In questo periodo sto guardando, e riguardando, film degli anni 80/90, ma non credo che siano di interesse per qualcuno.
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Originariamente Scritto da
Barrett
I bei film non hanno età (frase che mi ricorda Conogelato ahahha, ma che fine ha fatto?)
Credo si sia stancato di predicare qui, dove nessuno lo ascolta o segue, non nel senso che non gli si presta attenzione, ma che non si accetta che lui diriga le nostre vite private e ci faccia delle prediche infondate (la cui infondatezza gli si è fatta più volte presente).
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Escolzia
In questo periodo sto guardando, e riguardando, film degli anni 80/90, ma non credo che siano di interesse per qualcuno.
Puoi citare l’anno in cui è uscito il film che hai visto e magari anche su quale piattaforma o canale l’hai guardato. Io apprezzo molto le vostre recensioni.
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Escolzia
In questo periodo sto guardando, e riguardando, film degli anni 80/90, ma non credo che siano di interesse per qualcuno.
Molto curioso di sapere quali film.
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Originariamente Scritto da
follemente
Credo si sia stancato di predicare qui, dove nessuno lo ascolta o segue, non nel senso che non gli si presta attenzione, ma che non si accetta che lui diriga le nostre vite private e ci faccia delle prediche infondate (la cui infondatezza gli si è fatta più volte presente).
Devo dirti che a me non disturbava, anche quando mi "costringeva" a guardare film che poi si rivelavano inconsistenti o quando parlava di film che sicuramente non aveva visto.
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“Jay Kelly” (2025) di Noah Baumbach
Jay Kelly (George Clooney) è un attore famoso in crisi, stufo del cinema, della celebrità e di tutto quello che ruota intorno al mondo dello spettacolo, compresi i premi, come quello che va a ritirare in Italia in treno da Parigi. Si rende conto di aver costruito la sua vita dimenticandosi delle cose importanti, come di due figlie cresciute senza di lui e che quando sente il bisogno di un riavvicinamento lo considerano quasi un estraneo. Il film era in concorso a Venezia e ha avuto recensioni contrastanti, probabilmente perché è una via di mezzo tra un film drammatico e una commedia, dove trovi nelle lunghe riflessioni che fa il protagonista, devo dire alquanto indulgenti, un po’ di Fellini, di Bergman e di Allen, con qualche sequenza non necessaria, qualche dialogo troppo lungo, probabilmente anche un film sulla carriera di Clooney, come può essere suggerito dalla conclusione, ma con un cambio di passo continuo che porta lo spettatore a chiedersi, cosa succederà ora?
Jay Kelly ***
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Barrett
Devo dirti che a me non disturbava, anche quando mi "costringeva" a guardare film che poi si rivelavano inconsistenti o quando parlava di film che sicuramente non aveva visto.
A me dava fastidio che non riconosceva mai i suoi errori, il modo distorto in cui leggeva molti autori, anche se glielo si faceva presente, ma soprattutto che si ergeva a giudice della vita privata degli altri forumisti.
Però ravvivava il forum, era ricco di stimoli.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
follemente
A me dava fastidio che non riconosceva mai i suoi errori, il modo distorto in cui leggeva molti autori, anche se glielo si faceva presente, ma soprattutto che si ergeva a giudice della vita privata degli altri forumisti.
Però ravvivava il forum, era ricco di stimoli.
Esatto, doveva dire la sua su tutto. Forza Cono torna con noi.
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“Sinners” (2025) di Ryan Coogler
Anni ’30, due gemelli afroamericani tornano a casa dopo aver terminato la carriera di gangster a Chicago. L’area è quella del delta del Mississippi, l’idea dei due è quella di aprire un locale dove suonare musica e per questo reclutano alcuni musicisti del posto e avviare l’organizzazione per l’inaugurazione. Si intuisce subito che la colonna sonora è la cosa migliore del film, blues delle origini suonato in continuazione e anche nel locale appena inaugurato dove, grazie alla magia che solo il cinema può creare, in una lunga scena in piano sequenza gli invitati ballano sulle note di un sunto della storia della musica nera a partire dal ragtime e seguito da blues, rap e vari mix, come se fossero sempre appartenute alla cultura afro. Detto della prima parte, c’è da dire che del film mi sono accorto solo per le candidature ai Golden Globe, che probabilmente verranno seguite da quelle degli Oscar, anche se nel proseguo invece di accrescere la qualità della pellicola la narrazione si trasforma quasi inaspettatamente - ma neanche troppo considerato che il blues viene considerata la musica del diavolo - in una sorta di horror vampiresco dal dubbio gusto, con la musica del locale che attrae i peggiori spiriti maligni, trasformando una serata speciale in un incubo.
Sinners **
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“Die, my love” (2025) di Lynne Ramsay
Dall’ultimo Cannes. Grace è una scrittrice alle prese con la depressione post parto. Non riesce a trovare giovamento dalla maternità e vivere in campagna isolata dal mondo e con il marito spesso lontano per lavoro non aiuta. Il film si compone di un’ottima regia, con alcune inquadrature ricercate come pure di una fotografia particolare, spesso sgranata, ma la sceneggiatura è debole, racconta la discesa verso gli inferi di Grace, senza andare oltre la descrizione della giornata vuota della protagonista spesso tesa nel tentativo di autodistruggersi e Jennifer Lawrence non è così brava da sobbarcarsi l’intero film sulle sue spalle.
Die, my Love **