Originariamente Scritto da
axeUgene
oddio, questa sarebbe un'idea da ateo; analizziamo il senso:
postulare un dio incomprensibile non è religione né ispirazione, perché non produce alcuna gerarchia di valori o morale conseguente, nessun senso della creazione;
se al credere si collega una determinata postura morale, si attribuisce per forza alla divinità un raziocinio antropomorfico, senza il quale manca quel senso, che tale è in un quadro razionale;
il credente che affermi l'incomprensibilità di Dio, o l'impossibilità di attribuirGli una razionalità convenzionale a quella umana, sta mentendo per sottrarsi al vaglio delle presunte postulazioni divine, oppure è schizoide;
anche il rimando ad un intermediario/portavoce - come Gesù, per esempio, o gli autori delle Scritture - lascia inalterata la questione, perché se quelle scritture sono intellegibili, resta comunque da spiegare l'ipotetica ratio di un Dio, che deve comunque rispondere ad una logica di tipo umano;
e, ovviamente, un credente che ammetta che "Dio" è una nostra proiezione di razionalità, sta confessando che si tratta di un'invenzione umana, e non di qualcosa di realmente esistente e cogente; cioè, non sarebbe credente, nel senso tradizionale del termine;
il sistema meno ingenuo e più robusto è quello kantiano, di derivazione luterana, in cui è la coscienza degli assoluti, categorici, ad essere essa stessa emanazione e testimonianza della divinità; regge con difficoltà alla critica della cultura, ma almeno salva alcuni assunti morali di base - come concetti basilari di empatia e compassione con i viventi, natura inclusa - o, quanto meno, la loro possibilità.