sicuramente; con un "ma":
il lavoro del "piccolo" ha quel pregio di elasticità nel suo ambito; ma in quegli anni lo stato poteva mettere in moto tutto grazie ai soldi del Piano Marshall;
una delle leggi fondamentali dell'economia è la proporzione tra gli attori, per dimensione; se il piccolo può garantire elasticità, è fisiologicamente sottocapitalizzato; cioè, non può investire in ricerca e innovazione e, alla lunga, il sistema si impoverisce e soccombe alla concorrenza;
il nostro debito e le banche pubbliche hanno coperto per decenni questa disfunzionalità, tenendo a galla proprio questi bravi ex-operai, nel momento in cui le sfide di mercato avrebbero necessitato di altro; a Prato, anni 80/90, tutti stilisti, ma nessuno ha visto il calo della domanda e gli spagnoli che offrivano le stesse cose a un terzo del prezzo - Zara, Dutti, ecc...
sono falliti tutti, gli operai stilisti; e ora campano di piccola rendita affittando i capannoni ai cinesi del pronto-moda da bancarella; ma è successo un po' a tutti, salvo rare eccezioni;
molti di questi, "grazie" al complesso di inferiorità sociale, hanno investito in immobili, che ora affittano, anziché nell'azienda; l'italiano di origine contadina ha sempre segretamente desiderato essere come il notabile di paese, più che fare il capitano d'industria; e, non appena le risorse hanno consentito, si sono tutti assicurati una rendita, da trasmettere a figli "dottori".