Citazione Originariamente Scritto da axeUgene Visualizza Messaggio
cerco di essere schematico e conciso, perché siamo sui "brevi cenni sull'universo":

a) il sacro non è monopolio delle religioni, di qualsiasi tipo, le quali sono un interfaccia narrativo e simbolico di funzioni che si determinano anche senza religioni istituzionali; es: il principio di uguaglianza è un valore assoluto e arbitrario come quelli religiosi, altrettanto sacralizzato, sebbene con liturgie negative o molto sobrie;

b) la religione in età moderna è un sistema mediato di emulazione della fede arcaica, poiché coesiste al sapere, come dato diffuso;

c) alla base, ogni norma/assoluto espleta quella funzione poco apparente di organizzare il desiderio in modo da renderlo moralmente agibile, dove la materialità fornisce altri vincoli;

d) la sacralizzazione, perciò, è un percorso che crea un corpo integrato di significanti. - regole, immagini, narrazioni, mitologia - che vengono assunti nell'identità individuale e collettiva e consentono una modulazione molto sofisticata delle azioni anche più complesse o onerose; il martire o l'eroe possono essere tali solo previo un potente apparato ideologico e mitopoietico, una sacralizzazione del valore per cui ci si immola;

ma, a minor livello di intensità, il sistema precettizio connesso al sacro, consente l'elaborazione di un'identità desiderante agibile; un esempio:

in un contesto di sacralizzazione del matrimonio, l'identità dell'adultero e sottoposta a un gravame che comprime quell'esperienza; in un contesto di sacralizzazione dell'amore romantico, la stessa esperienza è moralmente "autorizzata", magari come più autentica, etica in qualche modo, e si può agire anche a fronte d3lle remore residuali del contesto precedente e ordinariamente compresente;

in questo, il sacro istituzionalizza delle solidarietà tra chi lo condivide, cioè puntella l'identità della persona come "lecita" in quel desiderio agito entro quell'insieme specificato; la persona di estrazione cattolica che ha elaborato un sacro animalista incontra una sensibilità diffusa che gli consente di organizzare un pensiero quando la sua chiesa di origine la censura per quella sovversione di valori;

questo processo di rafforzamento identitario sotto pressione si può compiere nella percezione che molti altri "credono" allo stesso modo e creano una rete di fede/affidamento nell'affine identità altrui; tutte le comunità hanno codici sacralizzati, quanto più sono sotto pressione; persino i mafiosi, e spesso fino a sacrifici estremi, perché la perdita dell'identità che consegue all'apostasia può essere avvertita come peggiore della morte stessa.
All’inizio di questo post RDC ricorda che “ la religione diventa un linguaggio del potere…. Le religioni sono sistemi di senso.”
Un potere di significati tuttora saldamente radicati anche nel profondo di quelle che comunemente vengono considerate come aree profane del nostro quotidiano: la banconota del dollaro (in god we trust), i giuramenti nei tribunali americati sulla bibbia (non obbligatori ma comunque ampiamente praticati), le costituzioni di diversi paesi europei con riferimenti alla divinità (Svizzera, Irlanda, Germania, Grecia e numerosi altri, anche l’Ungheria dal 2011), il crocefisso nelle scuole ecc.

Il potere della parola.
Malgrado il crescente declino religioso all’interno della società occidentale, il pensiero laico non è riuscito a trovare una parola diversa da “sacralizzazione” per esprimere i concetti profani che descrivi.
Se trovo comprensibile che all’inizio dell’illuminismo la dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 li definisse “sacri” (attingendo parola e significato ad un armamentario che paradossalmente tendeva a superare), sono un po’ stupito dal fatto che tuttora il pensiero laico non abbia ancora saputo emanciparsi, trovando una parola diversa per rendere l’dea di ciò che tu descrivi. Forse esiste nel linguaggio colto, non ho idea, ma sicuramente non la sento nel linguaggio comune.
Intendo dire che continuando a riproporre la radice “sacer” con lo scopo di esprimere la formazione di miti non religiosi, si ottiene solo che il confine fra sacro (religioso) e sacralizzato (laico) possa risultare sempre sfumato, al punto da smarrire il senso della differenza fra i due sistemi di interpretazione della realtà. Realtà unica, per come viene contesa dai due schieramenti che rivendicano l’autenticità della propria, in quanto ciascuno vive immerso nella sua e di conseguenza non riesce a comprendere nemmeno un po’ come si vive nell’altra.

Certamente i processi mentali innescati dalla produzione dei miti in entrambi i casi sono simili, perche sempre umani siamo nelle nostre espressioni e proiezioni di significati.
Ma quel confine che da un lato può apparire permeabile come un limes, dall’altro lo vedo invece solcato da un ampio gap di senso, che, a mio avviso, differenzia nettamente le caratteristiche dei due sistemi cognitivi (magico/religioso vs laico/razionale) utilizzati per interpretare la medesima esperienza umana, ma con risultati decisamente difformi.