Originariamente Scritto da
axeUgene
esattamente; ed è per questo che la fede va disciplinata come ogni ideologia politica, che deve essere legittima - se lecita - ma deve incontrare i limiti propri nelle sedi istituzionali, in quanto per sua natura divisiva, potenzialmente conflittuale;
ed è per questo che non esistono "esterni" da tacitare: se un politico brandisce - legittimamente - il rosario per il suo fine, che siano i blocchi navali o l'aversione alle unioni civili, io "esterno" devo potergli contestare la coerenza della sua dottrina di riferimento, che si fa ideologia, proprio perché "pubblica"; altrimenti devo sfoderare la sciabola da bersagliere e puntualizzare Porta Pia e tutto il resto, radicalizzarmi pure io;
c'è spazio finché qualcuno o molti non usano quella storia e quei simboli per escludere, cosa in effetti lecita e che l'articolista non può impedire, come dimostrano certi recenti rosari e invocazioni di madonne;
se io, domani mattina, decidessi di fondare un gruppo terrorista anti-islamico che compie attentati contro immigrati sotto il vessillo della croce, per la difesa delle radici cristiane, troverei un grande consenso;
mi dici: ma questo non è autenticamente cristiano ! certo, ma vallo a spiegare a quelli che intendono i simboli della loro identità del paese, del campanile, cosa che non puoi impedire;
certo, anche i ghetti;
questa storia è anche impregnata di usurpazioni della libertà in nome della religione; tanto per dirne una, senza quella tradizione, modificata solo in tempi recentissimi, non ci sarebbero stati nemmeno i campi di concentramento, di cui la dottrina del popolo deicida e i ghetti sono il prodromo;
se così fosse, non sarebbero stati commessi tanti crimini in nome di quella croce, né di qualsiasi fede, come invece è avvenuto e accade tutt'ora;
e cosa accadrebbe se una conduttrice di un servizio pubblico, pagato dal contribuente, ostentasse un velo islamico ? saremmo così possibilisti e tolleranti ? piacerebbe all'articolista ?
appunto: nessuno è padrone di impedirne l'abuso, l'uso identitario, razzista o altro di divisivo o aggressivo;
ed è esattamente di questo che si parla quando si cita il simbolo nei luoghi istituzionali non al collo di una persona nella sua libertà privata;
l'articolista esordisce definendo la fede un fatto pubblico, per poi rivendicare una tipica libertà individuale di esporre il simbolo, che è un fatto eminentemente privato;
delle due, l'una: o stabiliamo che la fede è un fatto privato e, se mi piace, mi presento a condurre il tg pubblico con la collanina di qvelo di Guzzanti, o con un simbolo di Scientology o il velo;
oppure ammettiamo il rilievo pubblico delle idee religiose, che allora devono incontrare limiti nelle istituzioni, come qualsiasi altra ideologia che interagisca con la politica, senza franchigie particolari e trattamenti di favore.