C'è da premettere che stiamo parlando di matrimoni religiosi, soggetti a regolamenti religiosi, e non di matrimoni civili, soggetti a leggi civili.
Il credente dovrebbe avere ben chiaro che la sua vita non può essere la ricerca della felicità qui e subito, bensì la ricerca di un benessere futuro, raggiungibile solo attraverso l'obbedienza alle leggi divine, che comportano rinunce, sacrifici e sofferenze.
Premesso questo, il matrimonio si stipula non promettendo che si starà insieme finché durerà l'amore o la buona salute o la bellezza fisica o la giovinezza o il benessere economico, ma che si starà insieme a prescindere da questi fattori variabili nel tempo.
Quindi gli sposi devono sacrificarsi stando insieme anche quando uno o più dei fattori citati virano al negativo e... non si amano più come al momento della cerimonia? Sì, altrimenti il contratto matrimoniale viene violato. Se l'abbandono del coniuge avviene per un servizio più intenso reso a Dio, Dio può giustificare tale abbandono. E' stato il caso di Gautama Buddha, per esempio, che ha abbandonato moglie e figlio piccolo per dedicarsi a una vita monacale, al fine di trovare una via d'uscita dal dolore generato dai desideri insoddisfatti.
Io, comunque, ho abolito il matrimonio per evitare tutte le situazioni penose della casistica di separazioni e divorzi. Ciò che andava bene nel passato non è affatto detto che vada bene ora. Certo, anche nelle convivenze libere si avranno separazioni temporanee o definitive, ma almeno non ci sarà stata la violazione di promesse e di un contratto scritto.
A mio parere l'uomo e la donna credenti del futuro dovranno avere un cuore più grande e riuscire ad amare più persone contemporaneamente, invece di sentirsi traditi per il "poliamore". Per non sentirsi traditi è necessario vincere l'io.
La poligamia ha dimostrato che il poliamore è possibile, anche se il fine di quella, da un punto di vista divino, era di popolare il più rapidamente possibile la Terra.