ci ha già pensato l'orientale Immanuel: l'imperativo categorico, distinto da quello eventuale, è utile, conveniente...
per dire - sennò poi mi dici che sei de coccio - se Vega si trovasse ultima persona sul pianeta su un isola deserta, tratterebbe il gatto o il cane nello stesso identico modo in cui lo tratta a S. Giovanni, dove si potrebbe ipotizzare una convenienza sociale in senso psicologico, di aggregazione, ecc... quello è "sacro" e ab-soluto, indipendente da valutazioni di opportunità;
cosa implica in termini concreti un generale affidamento verso il comportamento di Vega, fungibile all'infinito e per miliardi di persone ? di questo si può discutere; e allora si dovrebbe parlare del prigioniero che non parla per non tradire i commilitoni, sapendo che verrà torturato e morirà; per quanto in quegli istanti possa farsi spettatore della celebrazione postuma del suo eroismo, non è proprio qualcosa di impacchettato nel kit doppia-elica;
ma vale anche per gli ultras della curva, per i mafiosi o per Hitler, per il gruppo wa delle mamme dell'asilo quando ne delegano una a custodire tutti; senza una quota/garanzia di trust fondata ultimativamente sul oggetti di sacro condiviso difficilmente fai funzionare qualsiasi cosa, a partire dalla finanza che sorregge chi ci dà da mangiare; puoi essere bravissimo, ma quando manca la fiducia nella buona fede altrui, si ferma tutto, anche se in termini di mera utilità non dovrebbe, come ha capito Keynes a suo tempo;
equivocare il peso del sacro costa caro, in un senso o nell'altro, perché sottovaluti o sopravvaluti ciò che sono o non sono disposte a fare le persone e gli aggregati.