
Originariamente Scritto da
restodelcarlino
Indipendentemente dalle "necessità" femminili, La domanda posta (
L’uomo di oggi va ancora preso così com’è, tutto d’un pezzo o, vista la sua impalpabilità, a compartimenti stagni, accontentandosi di un pezzo alla volta?), anche lei, non é anodina, ma investe un problema classico della filosofia: l’unità o la frammentazione dell’essere umano.
E mi sono sfiziato a filosofeggiarci sopra. Passatempo economico ed auto-gratificante come pochi. Per me, naturalmente.
1. L’uomo come unità (
“tutto d’un pezzo”)
Aristotele concepisce l’uomo come “animale dotato di ragione” (Politica). La definizione aristotelica è sinottica: non separa funzioni e facoltà, ma le integra in un fine che dà direzione e compimento all’essere umano. L’uomo, dunque, è da “prendere tutto intero”, pena lo smarrimento della sua essenza. In paroloni: é una sostanza teleologica integrata.
Tommaso d’Aquino, nella "Summa Theologiae" ribadisce l’unità sostanziale dell’uomo come "anima forma corporis". Non si può ridurre l’uomo a parti autonome: corpo e anima costituiscono una sostanza unica.
2. L’uomo come molteplicità (
“a compartimenti stagni”)
Con la modernità, si afferma una visione fratturata.
Cartesio, separa res cogitans e res extensa. Qui nasce la tendenza a prendere “un pezzo alla volta”: pensiero e corpo appaiono scissi, governati da logiche diverse.
Nietzsche radicalizza questa visione: “L’uomo è qualcosa che deve essere superato” (Cosi' parlo Zarathustra). La soggettività moderna è fragile, spezzata da pulsioni contrastanti: un insieme di volontà di potenza, maschere e forze in conflitto.
3. L’uomo contemporaneo come
“impalpabile”
Heidegger parla dell’uomo non come sostanza, ma come "Dasein", esserci, apertura al mondo. In "Essere e tempo", il "Dasein" non è compatto: è “essere-per-la-morte”, progetto incompiuto, inautenticità e autenticità intrecciate. La sua natura è impalpabile proprio perché costitutivamente temporale e finita.
E mi scordavo il celeberrimo, grandissimo, maximo (dopo Costanziella

)
Bauman, con la categoria della liquidità (Modernità liquida), offre una diagnosi sociologica affine: l’uomo “liquido” non è più coerente né duraturo, ma si ricompone continuamente in frammenti di identità. Qui i “compartimenti stagni” non sono rigidità ma segmenti provvisori, effimeri.
Chissà se, ponendo la domanda, il mossiere-al-sorciodromo-empolese (topic-starter empolese) si rendeva conto di mettere sul tavolo la tensione storica tra, da un lato, la tradizione classica e medievale che esige l’uomo “tutto d’un pezzo”, unitario e, dall’altro, la modernità e la postmodernità che lo descrivono “a frammenti”, spezzato o liquido...
E allora ?
Il giullare conclude in bellezza, e cala, con forza, sul tavolo l'asso di briscola:
Hegel , e la "Fenomenologia dello Spirito" : l’uomo va pensato come “unità nella differenza”: il tutto non elimina i frammenti, li ricompone in una dialettica che sola salva dall’accontentarsi di "
un pezzo alla volta”.
L’uomo è un sistema complesso, in cui i “pezzi” non sono indipendenti ma comunicano in un’unità dialettica.
Quindi, prendere o lasciare : l'uomo é uno, nessuno e centomila.
Cosi' é (se vi pare).
Apre Troisi, chiude Pirandello