Non mi dilungo troppo, ma una cosa l'ho mancata:

se quando la coppia si forma ci si conosce poco (cioè tizio conosce poco se stesso e caia idem) e ci si mette insieme per conoscere se stessi meglio, ci si assume individualmente il rischio di conoscere se stessi e l'altro anche negli aspetti che non piacciono.

se ci si coniuga, in diversi tempi e modi e in tutte le possibili proposizioni, e si ravvisa un tale cambiamento in se stessi e nell'altro da non riconoscere più la coppia iniziale, non c'è da farne un dramma.
Si prova, si cerca, di vede cosa fare e se non c'è da fare altro che prendere strade diverse, non può questo essere uno stigma personale, sociale o culturale.

Questa idea della inevitabile infelicità del non essere in coppia o di esserlo stati un tempo è un altro incentivo all'immobilismo, soprattutto per coloro che sono stati educati ad una sola forma di realizzazione di sé e, di solito, nella nostra cultura permeata di contraddizioni, la sola realizzazione di sé è sempre considerata la famiglia.
Anche laddove molti e molte farebbero bene ad usare il meno possibile i propri apparati riproduttivi.

Detto ciò, spero che di questi passaggi se ne accorga il minor numero di gente possibile, sennò il livello di supponenza sarebbe ancora più elevato di quanto non sia già!