La formazione del governo e lo spettro “ballottaggio”

Politica

In questi giorni il dibattito politico è inevitabilmente infuocato dalle potenziali prospettive sul prossimo Governo, ma ogni speculazione alla fine sbatte contro la dura e semplice realtà: non c’è una maggioranza ed è estremamente difficile che ci sarà.

Nella Prima e Seconda Repubblica abbiamo assistito alla formazione di governi sostenuti da maggioranze fino a pochi anni prima assolutamente impensabili, come i governi Andreotti III e IV o il più recente Governo Letta, partoriti in situazioni emergenziali, mentre ora siamo (saremmo) nella Terza Repubblica e a sparecchiare il tavolo da potenziali alleanze destra-sinistra è arrivato l’M5s.

Si sapeva perfettamente già da tempo che non sarebbe uscita una maggioranza da queste elezioni, anche se il centrodestra ci è andato abbastanza vicino, e l’unica posizione apparentemente certa è che il PD andrà all’opposizione, mentre gli altri due vincitori delle elezioni dovranno contendersi l’onere/onore della formazione del governo.

Il punto è che nè il centrodestra nè il M5s hanno al momento un reale interesse a formare fragili governi coinvolgendo partiti ai quali erano visceralmente opposti in campagna elettorale, si rischia il ripetersi delle dinamiche dell’ultima legislatura, con conseguenti ricadute ai seggi.

E’ probabile che il Presidente della Repubblica non riesca neanche a convincerli a formare un governo di scopo al fine di riformare la legge elettorale, perchè farlo d’altronde? La responsabilità della situazione ricade sul PD e gli elettorati di cdx e M5s li biasimerebbero più per alleanze indigeribili che per un immediato ritorno alle elezioni.

Questa consapevolezza è probabilmente la maggiore preoccupazione in casa PD, giacché un ritorno al voto in autunno rappresenterebbe la morte del partito in quanto verrebbe percepito (giustamente) dall’elettorato come un ballottaggio tra le due forze uscite vincitrici lo scorso 4 marzo. Un nuova campagna elettorale sarebbe tutta giocata sull’elettorato del centrosinistra, costretto a quel punto a scegliere il male minore tra cdx e M5s per dare a qualcuno quella solida vittoria oltre il 40% necessaria per governare stabilmente.

Di conseguenza si tornerebbe, almeno per una legislatura, al bipolarismo che ha segnato la Seconda Repubblica, con i grillini a sostituire il centrosinistra in parlamento in tutti i sensi possibili, mentre il PD probabilmente si spaccherebbe tra centristi ed ex DS.

Il Partito Democratico dunque è a un bivio: restarsene fuori anche alle luce di consultazioni sterili e andare incontro al suo destino oppure consegnarsi a Luigi Di Maio e garantirgli un appoggio esterno (a là PCI nel 1976), vendersi come “controllore” dei grillini e avere comunque la possibilità di diventare via via più influente sul nuovo governo con il passare del tempo (e con l’approvazione di una nuova legge elettorale).

C’è un’alternativa: si vocifera di una fuoriuscita di Matteo Renzi e un piccolo gruppo di fedelissimi, sufficienti a dare una risicata maggioranza al centrodestra.