“Sei donna? Allora firma le dimissioni in bianco, o non ti assumiamo”. Un leit motiv che purtroppo tantissime donne si sentono ripetere in sede di colloquio di lavoro o di firma di un contratto, di fronte alla ventilata possibilità, un giorno, di restare incinta.
Eh si, perché la maternità danneggia l’azienda, sono ore rubate al lavoro, la necessità di trovare un sostituto per un certo numero di mesi. Senza contare il rientro: le donne con figli sono notoriamente meno produttive, sempre distratte da mille questioni, inaffidabili e soprattutto restano assenti dal lavoro per ogni pianto del figlio. Insomma, assumere una donna è sempre un terno al lotto.
E allora facciamole firmare, queste dimissioni in bianco. Che se solo la femmina s’azzarda a restare incinta, zac, improvvisamente deciderà di andarsene.
Che tanto, chissenefrega della parità, dei diritti? Chissenefrega se poi l’Italia sembra un unico immenso ospizio, visto che invece di imboccare i figli tocca imboccare i nonni? Che importanza ha se poi le donne che lavorano si ritrovano a imboccare il figlio con il mouse e cercano di scrivere con il biberon, perché correndo tutto il giorno uno poi rischia di andare in tilt? Perché nonostante tutto, anche quando hanno una famiglia da mandare avanti, riescono a lavorare e ad ottenere risultati quanto e anche meglio degli uomini. Ma perché mai riconoscere tutto ciò? No, meglio trattare la donna come un essere umano di serie B, meglio non darle incarichi di responsabilità, meglio pagarla meno di un uomo, che tanto non è lei che deve mantenere la famiglia. Ebbene sì, nel 2018 ancora si sentono ragionamenti di questo tipo, purtroppo in maniera diffusa. Ancora esiste un’ignoranza becera che mette persone uguali su piani diversi. E allora, donne, sapete che vi dico? Fanculo alla parità dei diritti. Facciamole pure queste differenze. Si, perché in fondo, diciamoci la verità: non siamo uguali. Noi donne siamo nettamente e incontrovertibilmente superiori.
La femmina mestruata