secondo me, la questione moderna del libero arbitrio, servo arbitrio e predestinazione non è stata compresa nel suo aspetto essenziale, perché emergono immediatamente pregiudizi istintivi laddove la tipica cultura cattolica deforma la questione, ne riduce la portata; dunque, provo ad essere chiaro e sintetico; poi, chi vuol polemizzare lo farà , ma forse qualcuno sarà interessato a vedere altro:
come chi è stato a scuola sa, Lutero fu colpito dalla corruzione e dalla vendita delle indulgenze, il mercimonio della salvezza, venduta dai vescovi;
sicché, oltre a porsi l'ovvio problema dell'usurpazione vescovile di una prerogativa divina, si è anche posto quello dello spirito con cui il fedele si poneva in quel mercimonio; e cioè, quello di un negoziato con Dio in cambio delle opere, della carità , ecc...
a parte l'analogia con la religiosità pagana del sacrificio propiziatorio, per ingraziarsi il dio in cambio di... a Lutero questa posizione appariva come in mala fede, in sentimento opportunista, non adeguato e assolutamente non commendevole;
più tardi, Kant descriverà questa postura come imperativo eventuale - faccio in vista di un risultato;
a parte tutti i discorsi di tipo logico e metafisico di interpretazione delle scritture, l'intento di Lutero nell'elaborazione del servo arbitrio e di un abbozzo della predestinazione serve a sottrarre al credente questa prospettiva negoziale e paganeggiante, in cui alligna un sentimento opportunista e meschino, immaturo ed infantile, di dipendenza;
Lutero vuole che l'uomo sia talmente partecipe della volontà divina da aderirvi a prescindere da qualsiasi remunerazione, se non quella della virtù come premio a se stessa; cosa che più tardi Kant descriverà come imperativo categorico - faccio perché devo, sapendo che è giusto; a prescindere dalle conseguenze che si determineranno per me;
quindi, ha bisogno di affermare che in qualsiasi caso la salvezza o la dannazione sono già decise, e l'uomo può sperare che le sue opere buone abbiano successo, come testimonianza del favore divino nella sua buona fede; ma deve escludere che queste opere siano pensate e soprattutto sentite - nonostante le sgradevolezze di paolo e Agostino, ritorna la centralità del sentimento - come mezzo , ma che lo siano esclusivamente come manifestazione di genuina gratitudine per una salvezza che è già in atto, e consiste nel disporre di quella stessa coscienza che può valutare la legge divina;
a qualcuno più sensibile alla questione in via generale, non sfuggirà l'analogia, non casuale, con l'etica laica, fatta di imperativi categorici che operano in assenza di qualsiasi remunerazione ultraterrena, m non meno imperativi, e il senso di questa figurazione quando si torna alla teodicea, e alla questione di un dio ritratto, assente dove trionfa il male, naturale e umano; e quindi alla necessità di chi crede di cercarlo altrove, come di cercare altrove la Sua funzione di giudice e le spiegazioni del comportamento umano;
cioè, pensare la Grazia come la capacità empatica attuale - il paradiso è qui, ora ! - che è anche, di converso, quella di percepire la compassione altrui al momento della propria croce, e l'inferno, che è la condizione di chi sia escluso da questa possibilità , ma di cui nessuno può sapere o giudicare, se non Dio stesso;
in questo senso, nell'incognita, il servo arbitrio diventa un'attestazione di pietà per il malvagio, chiamato comunque ad assecondare un disegno divino, ma il cui destino è legato al suo sentimento, non alle sue azioni; come nel caso di Pietro, che rinnega, predestinato, come già noto a Gesù; ma si salva perché è affranto, non vorrebbe, non accetta l'idea; giustificato dalla sola fede, cioè dal suo sentimento; non dalle opere, tre volte colpevoli.