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“Il calcio ai tifosi”, fra tante virgolette

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Non sono mai stato un nazionalista, né ho mai avuto un patriottismo particolarmente sviluppato. D’altronde, visti i tempi che corrono, non è nemmeno troppo difficile. Ci sono però un paio di cosette della nostra cultura, in particolare quella calcistica, che ho sempre difeso a spada tratta, senza mai interrogarmi sull’eventuale validità di visioni ad esse contrastanti. In particolare, ho sempre ritenuto ridicolo mettere lo spettacolo offerto su un terreno di gioco al di sopra del risultato.

Ricordo ancora una conversazione avuta con un amico olandese, il quale sosteneva che il motivo per cui tanti stadi italiani sono spesso semi vuoti è il modo di giocare a calcio del nostro campionato, ritenuto noioso e poco spettacolare. “S*******e”, rispondevo io, fermamente convinto che l’unica cosa che conta fosse ottenere il miglior risultato possibile, con buona pace del pubblico. Ed è per questo che sono sempre andato fiero della maestria tattica che noi italiani abbiamo sempre dimostrato di possedere, ritendendola un qualcosa che i poveri stranieri, come gli olandesi, non fossero in grado di cogliere. E peggio per loro, mi dicevo.

Oggi, però, sono qui ad ammettere che potrei essermi sbagliato. Non fraintendetemi, rimango convinto che la sagacia e la furbizia che ci appartiene sia motivo di vanto. Non sono più convinto, però, che gli spettatori debbano accettare passivamente di assistere a certi spettacoli quantomeno rivedibili in nome del risultato.

È il caso, per usare un eufemismo, di Juve-Napoli, alla quale ho assistito dal vivo. La mia prima volta allo Juventus Stadium la immaginavo diversa però. E non mi riferisco di certo al risultato finale. Non nego che vedere la squadra per cui faccio il tifo perdere all’ultimo minuto sia stato doloroso, ci mancherebbe. Solo che non è questo il punto. Il punto è che non mi sono minimamente divertito, e sfido chiunque fosse lì a dire il contrario. Uno spettacolo indegno, tecnicamente povero, senza sussulti, senza grandi giocate. Solo qualche sbadiglio e nulla di più. Per la prima volta nella storia dello Stadium, neanche un tiro in porta da parte della Juve, con Buffon a fare il regista a tutti gli effetti. Merito anche del Napoli, che ha portato un pressing eccellente andando a soffocare la prima costruzione bianconera per almeno un’ora e che, come sempre, ha fatto circolare il pallone in maniera magistrale.

Dall’altra parte, però, c’era una squadra spenta, incapace di mettere in fila più di due passaggi di seguito, e che pensava di portare a casa uno 0-0 che avrebbe garantito, a meno di stravolgimenti, la conquista del settimo scudetto consecutivo. Eccolo qui, il Dio risultato. Capite bene, però, che dopo aver speso tanto per il biglietto dello stadio (meglio non dire quanto, perché è una mezza follia), per il pernottamento a Torino e per il volo dall’Olanda, dove vivo attualmente, al fischio finale ero quantomeno deluso. Anzi, diciamoci la verità: ero incazzato come una bestia.

E tra me e me ripensavo a quella conversazione avuta con l’amico olandese che, è giusto dirlo, potrebbe non avere tutti i torti. Forse è davvero il caso di interrogarsi allora. Forse è davvero il caso di dar credito a chi apprezza una partita di Premier, pur condita da tanti errori grossolani, ma garanzia di spettacolo. Forse è il caso di farlo perché io, pur considerando la vittoria fondamentale, non ho più voglia di tornare allo stadio.

Piergiorgio Sgarlata