Citazione Originariamente Scritto da dark lady Visualizza Messaggio
Beh sai com è qui di parla di patologie. Uno che "ammazza per amore" è una persona patologica.
Noi stiamo parlando di gente normale non di gente malata.
E non è vero che la cultura c'entra. Il dolore è qualcosa di irrazionale e non c'è nulla che ti metta al riparo dal provarlo. Se muore qualcuno che ami soffri, anche se hai passato la vita a ripeterti che la morte è solo una condizione transitoria, anche se fai parte di una religione che celebra la morte come qualcosa di positivo (e ce ne sono). Lo stesso quando vieni lasciato. Se ami una persona e quella ti abbandona, soffri. Come soffre il figlio abbandonato dai genitori. Sono pulsioni ancestrali queste, non certo culturali. Non esiste cultura che ti faccia dire, quando vieni lasciato "Oh, che bello, ora si ricomincia da capo". Se lo dici è solo perché evidentemente la storia in questione era finita anche per te. Se sei realmente coinvolto soffri, non ci si scappa.
scusa eh... ma, visto che certamente non sei un'analfabeta funzionale, qui i casi sono due:
o non mi leggi; oppure mi leggi e rimuovi quello che scrivo, rispondendo ad un messaggio immaginario;

dove avrei mai scritto che "non si soffre" ? ho scritto, però, che un conto è soffrire rappresentandosi come vittima di un'ingiustizia, perché un sentimento di per sé circondato da un'aureola di "bontà" indiscutibile come l'"amore" non è più corrisposto;
altro è soffrire nella consapevolezza di aver investito nella presenza di una certa persona per un proprio tornaconto esistenziale legato alle gratificazioni che si possono ottenere da quella persona, e che la cosa è andata male;

nel secondo caso, si soffre lo stesso, ma le pulsioni aggressive nei confronti di chi abbia lasciato sono molto depotenziate, perché non ci si può pensare come vittime, defraudati di un diritto acquisito per meriti oblativi; e questo vale per tutta la base umana cui viene meno una legittimazione del sentimento aggressivo: ti stavi facendo i cazzacci tuoi, legittimamente; ma niente ti era dovuto più di tanto; perciò, fattene una ragione, non fare la vittima e rispetta la scelta altrui;

del resto, il fatto che la cultura modifica il modo in cui i sentimenti vengono percepiti te lo dimostra tutta la storia umana; nello specifico, ti dovrebbe bastare il fatto che fino ad alcuni decenni fa in certe culture il delitto d'onore era non solo lecito, ma persino doveroso a tutela della propria identità;

cambiata la cultura, non è più nella norma che le persone ritengano il tradimento motivo giustificativo; cioè, una persona normale può anche provare istinti omicidi in quel caso, ma immediatamente opera un'inibizione che non è solo quella della legge e della sanzione, ma proprio della morale, per cui si percepisce che il proprio sentimento è sbagliato, ingiusto, laddove un secolo prima si sarebbe stati indotti dalla cultura ad una sensibilità diametralmente opposta;

se veramente tu credessi a quello che scrivi, dovresti negare qualsiasi utilità all'educazione stessa, nonché a qualsiasi aiuto psicologico, dato che sostieni l'immodificabilità delle reazioni sentimentali ed istintive;

poi, continui a parlare di "persona che ami", ed ignori completamente la questione che ti ho posto: come distingui quello che definisci "amare una persona" dall'"amare le gratificazioni che quella ti può dare" ?
dici di rinnegare la possessività, ma se rimuovi questa domanda quella resta il convitato di pietra, dato che l'osservazione del fine relazione mostra il più delle volte un sentimento opposto, per cui si odia la persona ex-"amata" perché ha smesso di gratificarci.