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Discussione: W la scuola!

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  1. #1
    Opinionista L'avatar di axeUgene
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    guarda axe, nonostante il tuo ragionamento sia accettabile in via di principio, mi verrebbe da dire che, a partire "almeno" da dopo il bonapartismo, la borghesia abbia cessato di esistere
    mah... veramente, l'epoca post-bonapartista è universalmente definita come il trionfo della borghesia, in tutti i settori delle società occidentali;

    mi dicevano che mussolini aveva "indetto" il "sabato fascista", dedicato per gli adulti alla "formazione militare". ecco, istruire "militarmente" le classi "povere" mi pare abbastanza più vicino, come provvedimento, a quelli di regimi "antiborghesi", per quello che significa. poi l'estremo delle "leggi razziali". ma a che servono delle leggi sulla "sana e robusta costituzione", se non a emancipare "le masse", propagandando in definitiva quella che nella sostanza era "disciplina" e formazione "militare"?
    servivano a creare una parvenza di mitologia nazionale, poi rivelatasi una pagliacciata, come sapevano bene i ceti istruiti che avevano fatto la Grande guerra;
    gli italiani sono bravi a difendere il loro territorio, per storia millenaria di principati e milizie; ma sono scarsissimi quando si tratta di spezzare reni a destra e manca;
    dopo un par d'anni di movimentismo, le adunate erano piene di gerarchi panzoni e poveracci che mangiavano una sola volta al giorno, tutti a raccontare barzellette su quelle pagliacciate, inventate e raccontate dalla gente comune, non da sovversivi;

    bisognerebbe capire "perché" i "vessati" dal caporale si lasciassero "vessare", come dici tu. cioè senza ribellarsi. allora questo mi fa pensare che il caporale era un tipo "più sveglio" e magari "istruito" degli altri, che stava là per garantire l'ordine all'interno dei "bassi ranghi". o no?
    più verosimilmente, stupido e/o obbediente nei confronti degli ufficiali, e più frustrato e feroce, al punto da svendere la dignità pur di non sentirsi ultimo;

    tutti quelli che hai citato sono stati "destinatari" di una opportunità. c'è chi la coglie e chi non la coglie. il dittatore è uno che nella gran parte dei casi si è come dire "fatto da solo". si parla di gente "temprata", non di sprovveduti.
    temprata a fare una certa cosa, ma inetta per altre; puoi essere un bravo macellaio, ma un pessimo cuoco; non basta per aprire un ristorante;

    no. franco era un democratico, almeno in parte. hitler e mussolini no. ecco perché dopo la guerra, in spagna c'era ancora "franco", in italia e germania no. dice perché? perché ovviamente franco era un borghese, e anche inconsapevole delle motivazioni della guerra. gli altri no. compresi i sovietici.
    Franco era un dittatore, sanguinario e per niente democratico; ma non era uno psicolabile e non doveva dimostrare niente a se stesso; con gli anni ha un po' allentato il regime, come nella natura dei paesi mediterranei, e così si è reso accettabile agli occhi degli americani, cui ha messo a disposizione le basi Nato;

    si. se fai la guerra "puoi" perdere. se piove ti bagni. se sei un "neutralista", "attendista" e "gregario" come era franco, allora puoi durare, ma a che scopo? il potere?
    be, certo; il potere è potere di conseguire obiettivi, o è un fine in sé, come per molti dittatori;
    la guerra che perdi è sbagliata; hai fatto male i calcoli, e questo non si perdona all'autocrate; lo diceva pure Hobbes, teorico dell'assolutismo: il sovrano deve essere assoluto, ma deve anche essere vincente, successful.
    c'� del lardo in Garfagnana

  2. #2
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    mah... veramente, l'epoca post-bonapartista è universalmente definita come il trionfo della borghesia, in tutti i settori delle società occidentali;
    guarda che se robespierre era un "borghese" a tutti gli effetti, già con un bonaparte si parla di "militari". questo vuol dire che quel tipo di idee furono in qualche modo sempre più, a partire almeno dal '93, "popolarizzate" e quindi adattate alle realtà sociali più "povere". se così non fosse allora non si spiegherebbero gli obiettivi politici di un mazzini, ma neanche quelli dei "carbonari", della libera "muratoria" e finanche di un garibaldi.

  3. #3
    Opinionista L'avatar di Turbociclo
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    guarda che se robespierre era un "borghese" a tutti gli effetti, già con un bonaparte si parla di "militari". questo vuol dire che quel tipo di idee furono in qualche modo sempre più, a partire almeno dal '93, "popolarizzate" e quindi adattate alle realtà sociali più "povere". se così non fosse allora non si spiegherebbero gli obiettivi politici di un mazzini, ma neanche quelli dei "carbonari", della libera "muratoria" e finanche di un garibaldi.
    Il popolo vero e proprio non si mosse, questo è testimoniato in mille modi, ad esempio dalla vicenda dello sbarco di Sapri, quando Pisacane ingenuamente si aspettava una sollevazione popolare che non accadde. I moti carbonari ed altri affini furono opera di ceti borghesi-intellettuali assai ristretti cui il popolino incolto di allora non partecipò affatto.
    " L' uomo ha una tale passione per il sistema
    e la deduzione logica che è disposto ad alterare la verità,
    per non vedere il visibile, a non udire l' udibile,
    pur di legittimare la propria logica."

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  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Turbociclo Visualizza Messaggio
    Il popolo vero e proprio non si mosse, questo è testimoniato in mille modi, ad esempio dalla vicenda dello sbarco di Sapri, quando Pisacane ingenuamente si aspettava una sollevazione popolare che non accadde. I moti carbonari ed altri affini furono opera di ceti borghesi-intellettuali assai ristretti cui il popolino incolto di allora non partecipò affatto.
    no. quello che tentavo "malamente" di dire, è che i cc.dd. "borghesi" erano soltanto, col senno di poi ovviamente, destinatari provvisori dei benefici di quella che fu la "prima" rivoluzione "per i diritti" dell'era contemporanea. cioè a dire che tutto ciò che caratterizzò la rivoluzione in francia fu dovuto, a grandi linee, a quelli che erano i valori in base ai quali ci fu quell'avvenimento, e che con quell'avvenimento si tentò di "realizzare". e parlo ovviamente di "ateismo" inteso come diritto di "libertà"; uguaglianza, almeno nei "diritti", anche forse quelli economici, ma sempre in senso liberale e non "di ceto"; solidarietà, ovviamente in quanto membri di una "nazione" e quindi anche di un "popolo". e anche altro che ora ovviamente non mi viene. però non a caso la differenza tra valori "borghesi" e valori "proletari" non è tanta, o non così tanta. direi che la differenza è quantitativa, cioè nel senso che le successive rivoluzioni "proletarie", prima fra tutte nella stessa esperienza francese, quella della "comune", 1870 circa, tendevano a rovesciare la borghesia proprio sulla base degli stessi "assunti ideologici", estremizzandoli. questa mi pare la situazione, ovviamente sempre a "grandi linee".
    poi pisacane era uno tipo il "princip" del 1914, che però come quest'ultimo pure gettò le basi o cmq anticipò in qualche modo il corso degli eventi "successivi", il che mi pare cosa "non da poco". poi fu anche "fatto fuori" dai popolani, e mi permetterei di dire che la sua "morte" non fu irrilevante, come d'altra parte quella del "princip" sugli eventi successivi. purtroppo "violenza" chiama altra "violenza", e ovviamente all'epoca i "verri" e "beccaria" non avevano molto seguito. da cui le necessarie conclusioni.
    poi i "carbonari", i quali pur essendo un movimento "ristretto" non erano dissimili, per l'epoca, dai più recenti movimenti "partigiani" del '43/'45 in italia, sempre. e magari anche non tanto dissimili da altri movimenti d'avanguardia di tempi più vicini al presente, tipo br. sarà un caso?

  5. #5
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    guarda che se robespierre era un "borghese" a tutti gli effetti, già con un bonaparte si parla di "militari".
    ho capito; tu parti dalla definizione di "borghese" come non-in-uniforme cui in qualche caso i militari ricorrevano per darsi un tono speciale;

    la società rivoluzionaria, e poi bonapartista, era borghese perché aboliva il privilegio di nascita, pure nell'esercito; uno stalliere o altro umile diventava generale per meriti, e poi anche re, di Svezia nella fattispecie; salvo, con la Restaurazione, fondarci una tradizionalissima ereditarietà e titolo

    la società era borghese poiché coltivava il valore dell'iniziativa personale e delle capacità, di chiunque; un tratto piuttosto calvinista;
    in Italia, l'impronta è stata decisiva; aristocratici a parte, tutti gli italiani che sapevano leggere e scrivere - generalmente, i borghesi - sono stati bonapartisti e poi unitari, ispirandosi al modello francese dei diritti.
    c'� del lardo in Garfagnana

  6. #6
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    ho capito; tu parti dalla definizione di "borghese" come non-in-uniforme cui in qualche caso i militari ricorrevano per darsi un tono speciale;
    no. quella che è la mia personale "percezione" della "borghesia" è quella di gente che campa sulle "spalle" dei propri "ascendenti", cioè sulle loro "conoscenze", sul loro "denaro", sui rapporti di "parentela". cioè gente che ha ereditato la stessa "concezione della vita" propria a coloro che aveva "combattuto" e "rovesciato", cioè i "nobili" e il "clero". se così non fosse nella realtà allora non si spiegherebbero i moti "proletari". non so se è chiaro.

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    la società rivoluzionaria, e poi bonapartista, era borghese perché aboliva il privilegio di nascita, pure nell'esercito; uno stalliere o altro umile diventava generale per meriti, e poi anche re, di Svezia nella fattispecie; salvo, con la Restaurazione, fondarci una tradizionalissima ereditarietà e titolo
    ecco. mi spieghi la differenza tra questo tipo di situazione e quella di "antico regime"? ma c'è poi davvero una "differenza sostanziale"? guarda, ti dico anche che volendo anche i regimi comunisti o altro erano fondati sul "privilegio", ma almeno esisteva un concetto di "meritocrazia" più "moderno" e "massificato" rispetto a quello che, in epoca medievale ad esempio, avrebbe consentito al figlio del pastore di insegnare "diritto" magari a bologna. insomma, axe.

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    la società era borghese poiché coltivava il valore dell'iniziativa personale e delle capacità, di chiunque; un tratto piuttosto calvinista;
    e no. la religione come ti dicevo c'entra abbastanza poco. il movimento aveva una forte potenza di "rottura" ma ovviamente i suoi teorici, quando elaboravano i motti o le idee, avevano lo scopo di irretire le "masse", senza le quali non si fanno rivoluzioni, e quando si fanno, sempre le rivoluzioni, allora queste valgono "soprattutto" per le masse, nel bene e nel male. ti consiglierei un efficace ripasso del "manifesto". è una chiarissima "lettura". ed è anche piuttosto "agevole", e anche molto letta, anche oggi. soprattutto dalle masse. sarà un caso?


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    in Italia, l'impronta è stata decisiva; aristocratici a parte, tutti gli italiani che sapevano leggere e scrivere - generalmente, i borghesi - sono stati bonapartisti e poi unitari, ispirandosi al modello francese dei diritti.
    questo mi pare strano, ma mi pare anche dipenda dal "tasso" di alfabetizzazione, che all'epoca mi pare fosse "per pochi". dopo tutto anche i primi parlamentari erano membri di qualche "forza sociale", non dico di partiti, che pure era assai minoritaria. almeno fino a giolitti, mussolini, e poi democrazia "con" suffragette. da là poi è storia.
    Ultima modifica di sandor; 17-09-2020 alle 09:01

  7. #7
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    no. quella che è la mia personale "percezione" della "borghesia" è quella di gente che campa sulle "spalle" dei propri "ascendenti", cioè sulle loro "conoscenze", sul loro "denaro", sui rapporti di "parentela". cioè gente che ha ereditato la stessa "concezione della vita" propria a coloro che aveva "combattuto" e "rovesciato", cioè i "nobili" e il "clero". se così non fosse nella realtà allora non si spiegherebbero i moti "proletari". non so se è chiaro.
    è chiaro, ma sbagliato;
    questa, in una certa misura, è l'ideologia della borghesia italiana, debole e succube del ceto nobiliare, che tende ad emulare nella ricerca della rendita;

    ma la filosofia e l'etica borghese sono il contrario di quello che pare a te, e cioè premiano l'operosità e il merito, a discapito del privilegio di nascita, visto che quel ceto nasce esattamente in contrapposizione a quest'ultimo;

    ecco. mi spieghi la differenza tra questo tipo di situazione e quella di "antico regime"? ma c'è poi davvero una "differenza sostanziale"?
    eh, direi di sì; e la cartina di tornasole l'hai comparando i tragitti paralleli di Francia e Inghilterra - ma anche Olanda - tra la fine del XVI° e la fine del XVIII° sec.:
    la Francia di Luigi XIV ha perseguito la competizione continentale col modello spagnolo e austriaco di Ancien Régime, fondato su costosissime e inutili guerre, fondate s un fiscalismo esoso per finanziare quelle e le rendite aristocratiche, a mortificare le ambizioni dei borghesi, tenuti al posto loro; a quello aggiungi la restaurazione cattolica e la persecuzione dei protestanti, quasi tutti borghesi, artigiani e imprenditori e i pasticcio è fatto;

    nel Seicento gli ugonotti sono scappati in Inghilterra; 50mila persone qualificate, che hanno fondato la grande industria tessile britannica, che prima era francese; se scorri gli elenchi telefonici dell'Inghilterra del sud è pieno di nomi francesi, anche se spesso anglizzati, Dupree, Aubree, Leroux, Le Bon - ricordi il cantante dei Duran Duran...?

    in Inghilterra, gli aristocratici hanno annusato l'affare, e piano piano hanno incluso i borghesi nell'alta politica, con un regime parlamentare, con rivoluzioni progressive, tagliando qualche testa coronata che non voleva rassegnarsi; e investendo i soldi di quelle rendite negli affari affari coloniali e nell'industria e commercio, anziché sperperarli in inutili guerre territoriali sul continente; e ci hanno fondato un impero, dall'America del nord, fino all'Australia, l'India, l'Egitto e altre parti dell'Africa;

    l'Inghilterra si è comportata come un edificio anti-sismico; la Francia no; dopo un secolo, la scossa forte, dovuta ad una carestia, divenuta esiziale per l'accumulo di quegli sprechi e privilegi, ha fatto crollare tutto;

    questo mi pare strano, ma mi pare anche dipenda dal "tasso" di alfabetizzazione, che all'epoca mi pare fosse "per pochi".
    in Italia pochissimi avevano un titolo di studio, anche la sola 5a elementare;

    ma nelle città e cittadine, gli artigiani, i bottegai, chi conduceva qualche forma di vita sociale, e anche i contadini liberi, proprietari di appezzamenti, soprattutto in Piemonte, Toscana, Lombardia, sapevano leggere - forse meno scrivere, se non era necessario - anche grazie ad un ventennio di scuola elementare obbligatoria portata da Bonaparte; solo i veri borghesi, pochissimi, erano in grado di percepire certe sottigliezze di un D'Azeglio o Cavour - che scrivevano per lo più in francese - ma un bollettino, un proclama rivoluzionario o patriottico di Mazzini o Garibaldi lo capivano tutti i non bifolchi, a Genova, Milano, in Ancona, a Roma come a Reggio Calabria o Napoli, perché di solito si trattava di temi molto concreti e di fresca memoria bonapartista:

    la distribuzione delle terre dei latifondisti, l'abolizione delle decime alla Chiesa e altre servitù e privilegi nobiliari, il voto e il parlamento, la leva, il maggiorascato e i destini dei non primogeniti, i beni di mano-morta e le eredità; col Code Napoléon i figli prendevano quote uguali, di terra e beni; uno zio, ricco o meno che fosse, lasciava ai nipoti; con la Restaurazione, il primogenito, se c'era qualche ettaro di terra o una bottega artigiana, si pappava tutto e gli altri in genere cambiavano paese, mestiere, in genere con una retrocessione sociale, da condizioni già povere; se moriva lo zio, senza figli, di solito la Chiesa riusciva ad incamerare l'eredità con qualche trucco; con Napoleone, i collaterali erano più tutelati e, in caso di mancanza di eredi, prendeva lo stato;

    sono cose importantissime per una società dell'epoca; per dire, in Piemonte, due secoli prima di Napoleone, per una ventina d'anni venne abolito il maggiorascato; mo', che significa ?
    significa che improvvisamente il conte x e il barone y, che facevano i funzionari a Torino e vivevano di rendite da centinaia di ettari nei dintorni, nelle Langhe o in Monferrato, dovevano distribuire le loro eredità e doti tra i figli, che potevano anche essere diversi; nel giro di due decenni, prima che il privilegio del prius fosse ripristinato, si è creata una classe di proprietari terrieri che non aveva più il titolo, conservato dal primogenito, ma era dei conti o dei baroni, non più costretti alla carriera militare o ecclesiastica;
    i possedimenti non bastavano a vivere di rendita da aristocratici, perciò costringevano a domandare modernità, innovazione nelle sementi e negli strumenti di produzione elaborati dagli artigiani e dall'industria, nei trasporti, nell'istruzione, nell'organizzazione burocratica, anche perché in Piemonte le tasse erano alte; ma questo è stato un motore impressionante di progresso, per uno staterello di suo piuttosto arretrato e reazionario.
    c'� del lardo in Garfagnana

  8. #8
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    ma la filosofia e l'etica borghese sono il contrario di quello che pare a te, e cioè premiano l'operosità e il merito, a discapito del privilegio di nascita, visto che quel ceto nasce esattamente in contrapposizione a quest'ultimo;
    scusa se parlo della mia esperienza, ma se guardo al mio recente passato non mi ritrovo "tanto" in quello che dici. guarda io la vedo così: se anche a livello ideale la rivoluzione, in francia, fu quello che hai detto, allora non capisco "perché", ancora qui da noi al sud esistano residui anche consistenti di privilegio e oppressione i quali, quando cessano in capo al maggiorente di turno, allora te li ritrovi in mano a coloro i quali ne hanno di fatto causato la caduta. e ti dico anche che va avanti così da secoli. paragonare la realtà del profondo sud a quella del tuo piemonte, insomma dà a maggior ragione la "misura" della differenza. non so da cosa dipenda, ma posso provare a immaginare che il passato non sia "elidbile" con atto di volontà, cioè mi pare di capire che gli usi, ecc. presenti in un posto non possano mutare in ragione di un atto di volontà. non conosco bene come te la storia del piemonte, ma conosco la realtà del sud, la quale mi pare abbastanza "simile" oggi a quello che era mettiamo due secoli fa. non che sia cambiato molto da allora. a parte qualche "soldo" in più.


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    eh, direi di sì; e la cartina di tornasole l'hai comparando i tragitti paralleli di Francia e Inghilterra - ma anche Olanda - tra la fine del XVI° e la fine del XVIII° sec.:
    la Francia di Luigi XIV ha perseguito la competizione continentale col modello spagnolo e austriaco di Ancien Régime, fondato su costosissime e inutili guerre, fondate s un fiscalismo esoso per finanziare quelle e le rendite aristocratiche, a mortificare le ambizioni dei borghesi, tenuti al posto loro; a quello aggiungi la restaurazione cattolica e la persecuzione dei protestanti, quasi tutti borghesi, artigiani e imprenditori e i pasticcio è fatto;

    nel Seicento gli ugonotti sono scappati in Inghilterra; 50mila persone qualificate, che hanno fondato la grande industria tessile britannica, che prima era francese; se scorri gli elenchi telefonici dell'Inghilterra del sud è pieno di nomi francesi, anche se spesso anglizzati, Dupree, Aubree, Leroux, Le Bon - ricordi il cantante dei Duran Duran...?

    in Inghilterra, gli aristocratici hanno annusato l'affare, e piano piano hanno incluso i borghesi nell'alta politica, con un regime parlamentare, con rivoluzioni progressive, tagliando qualche testa coronata che non voleva rassegnarsi; e investendo i soldi di quelle rendite negli affari affari coloniali e nell'industria e commercio, anziché sperperarli in inutili guerre territoriali sul continente; e ci hanno fondato un impero, dall'America del nord, fino all'Australia, l'India, l'Egitto e altre parti dell'Africa;

    l'Inghilterra si è comportata come un edificio anti-sismico; la Francia no; dopo un secolo, la scossa forte, dovuta ad una carestia, divenuta esiziale per l'accumulo di quegli sprechi e privilegi, ha fatto crollare tutto;
    grazie per l'excursus, però mi pare che questo tipo di visione della storia d'europa, anche quella post/trattati UE sia molto "pittoresca" ma poco attinente alla realtà. se parli delle elite, allora ti seguo, quella è la storia ufficiale, che si studia anche sui banchi di scuola, come dice il titolo della discussione. però mi permetterei di dirti, anche sulla base del diritto "costituzionale", che tra "formulazione" di un principio giuridico e sua attuazione pratica c'è una certa differenza, non solo "letterale" ma anche "sostanziale". cioè l'attuazione "completa" della nostra costituzione, ad esempio, risale agli anni '80, con un federalismo sancito e disciplinato con legge costituzionale solo nei primi anni 2000. ecco, allora la domanda è la seguente: nel progressivo "attuarsi" di un ordinamento contano i postulati di partenza o no? mi pare che dipenda dall'ordinamento in questione, cioè in italia stiamo messi così, ma nella francia dell'epoca quante costituzioni furono emanate? quanti governi caddero nel sangue? ecco, a partire da una spinta egualitaria si può fare molto, ma bisogna anche tener conto di alcuni elementi, come la "maturità" delle persone per quel tipo di cambiamento. in italia nessuna "rivoluzione" è stata necessaria o meglio "indispensabile" per giungere ai risultati di civiltà e progresso di oggi. perché? perché probabilmente le persone erano pronte a quel passo. quello che cerco di dire è che è difficile cambiare cose come il carattere, l'intelligenza, la naturale predisposizione alla modernità di un popolo sulla base di un atto di volontà quale può essere una rivoluzione. poi tutto il resto lo capisco benissimo.

  9. #9
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    scusa se parlo della mia esperienza, ma se guardo al mio recente passato non mi ritrovo "tanto" in quello che dici. guarda io la vedo così: se anche a livello ideale la rivoluzione, in francia, fu quello che hai detto, allora non capisco "perché", ancora qui da noi al sud ...
    perché a te piace l'idea della gerarchia; sei affettivamente educato a concepire i rapporti sociali in quel quadro, con lo stato, i notabili, l'obbedienza e la remunerazione;
    ma quello è solo uno dei sud; non è un male in sé, ma quella specie di pace sociale atavica ha anche dei costi, di cui essere consapevoli;

    non ti dico di andare a Brooklyn, ma se ti prendessi una settimana per vistare Torino o Milano, vedresti cosa hanno costruito i tuoi parenti; Milano e dintorni è quello che è grazie ai siciliani, calabresi, pugliesi, lucani e campani, una città viva, brutta ma con tanti colori, proprio per il desiderio che sorge da quel grigiore, altrimenti anonimo e provinciale;
    ti fai un giro nelle periferie, dove vedi i vecchini che giocano a carte, magari nel bar dei cinesi, li ascolti parlare e in quel miscuglio di birignao milanese e vocali pugliesi, vedi la faccia rugosa da pescatore liparota che si ammazza di lavoro coi figli per mandare avanti il più bel ristorante di un quartiere altrimenti anonimo e triste; ci sono anche aspetti deteriori, ma c'è anche un sud di cui essere orgogliosi;

    ecco, a partire da una spinta egualitaria si può fare molto, ma bisogna anche tener conto di alcuni elementi, come la "maturità" delle persone per quel tipo di cambiamento. in italia nessuna "rivoluzione" è stata necessaria o meglio "indispensabile" per giungere ai risultati di civiltà e progresso di oggi. perché? perché probabilmente le persone erano pronte a quel passo. quello che cerco di dire è che è difficile cambiare cose come il carattere, l'intelligenza, la naturale predisposizione alla modernità di un popolo sulla base di un atto di volontà quale può essere una rivoluzione. poi tutto il resto lo capisco benissimo.
    le società vanno per conto loro; la politica non può cambiare le aspirazioni delle persone; al più, può organizzarle evitando disastri;

    l'errore di molti è pensare in termini personali e dirigisti, quando si dovrebbero osservare i desideri aggregati delle persone e valutare la possibilità in cui quel vettore di forze può produrre qualcosa; se hai 20 milioni di persone che chiedono soldi e lavoro ad uno stato, in una società che quei soldi e lavoro non sono prodotti spontaneamente, ti puoi ragionevolmente aspettare che prima o poi quelli crepino di fame, oppure che giungano ad un accordo con chi quei soldi e lavoro è in grado di offrirli, sulla base di un compromesso;
    se vuoi che io apra un albergo e ti faccia fare il portiere, il contabile o il manager, sei tu a dover pretendere che la strada si faccia e a prendere per una recchia il boss e lo spacciatore, i notabili conniventi, radere al suolo gli abusi, esigere i tributi;

    poi, dipende da te; se resti lì e ti pesa minare quella specie di pace sociale, poi devi trovare la fonte di reddito che non posso darti io;
    mi rendo conto che è un compito sovrumano; infatti, i migliori, quelli forti e che avevano più fame e desiderio di affrancarsi dai padroni, sono emigrati; quelle persone che vedi a Milano, Torino, Londra o NY.
    c'� del lardo in Garfagnana

  10. #10
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    in Italia pochissimi avevano un titolo di studio, anche la sola 5a elementare;

    ma nelle città e cittadine, gli artigiani, i bottegai, chi conduceva qualche forma di vita sociale, e anche i contadini liberi, proprietari di appezzamenti, soprattutto in Piemonte, Toscana, Lombardia, sapevano leggere - forse meno scrivere, se non era necessario - anche grazie ad un ventennio di scuola elementare obbligatoria portata da Bonaparte; solo i veri borghesi, pochissimi, erano in grado di percepire certe sottigliezze di un D'Azeglio o Cavour - che scrivevano per lo più in francese - ma un bollettino, un proclama rivoluzionario o patriottico di Mazzini o Garibaldi lo capivano tutti i non bifolchi, a Genova, Milano, in Ancona, a Roma come a Reggio Calabria o Napoli, perché di solito si trattava di temi molto concreti e di fresca memoria bonapartista:

    la distribuzione delle terre dei latifondisti, l'abolizione delle decime alla Chiesa e altre servitù e privilegi nobiliari, il voto e il parlamento, la leva, il maggiorascato e i destini dei non primogeniti, i beni di mano-morta e le eredità; col Code Napoléon i figli prendevano quote uguali, di terra e beni; uno zio, ricco o meno che fosse, lasciava ai nipoti; con la Restaurazione, il primogenito, se c'era qualche ettaro di terra o una bottega artigiana, si pappava tutto e gli altri in genere cambiavano paese, mestiere, in genere con una retrocessione sociale, da condizioni già povere; se moriva lo zio, senza figli, di solito la Chiesa riusciva ad incamerare l'eredità con qualche trucco; con Napoleone, i collaterali erano più tutelati e, in caso di mancanza di eredi, prendeva lo stato;

    sono cose importantissime per una società dell'epoca; per dire, in Piemonte, due secoli prima di Napoleone, per una ventina d'anni venne abolito il maggiorascato; mo', che significa ?
    significa che improvvisamente il conte x e il barone y, che facevano i funzionari a Torino e vivevano di rendite da centinaia di ettari nei dintorni, nelle Langhe o in Monferrato, dovevano distribuire le loro eredità e doti tra i figli, che potevano anche essere diversi; nel giro di due decenni, prima che il privilegio del prius fosse ripristinato, si è creata una classe di proprietari terrieri che non aveva più il titolo, conservato dal primogenito, ma era dei conti o dei baroni, non più costretti alla carriera militare o ecclesiastica;
    i possedimenti non bastavano a vivere di rendita da aristocratici, perciò costringevano a domandare modernità, innovazione nelle sementi e negli strumenti di produzione elaborati dagli artigiani e dall'industria, nei trasporti, nell'istruzione, nell'organizzazione burocratica, anche perché in Piemonte le tasse erano alte; ma questo è stato un motore impressionante di progresso, per uno staterello di suo piuttosto arretrato e reazionario.

    grazie ancora per i corposi excursus. quello che dici è ovviamente tutto esatto, ma mi pare anche di capire che ci sono "anche" le realtà diciamo "collaterali", come ad esempio, e a parte quelle che oggi sono definite "città metropolitane" e ovviamente i capolouoghi, tutto l'hinterland di napoli, salerno, anche milano o forse torino, volendo. ecco, la domanda che mi permetterei di fare sarebbe relativa a che "punto" può arrivare una istanza di cambimento della "vita" di un popolo se questa spinta proviene come dire "dall'alto" degli intellettuali e anche fino a un certo punto della "pubblica opinione" cioè della "parte di popolo" istruita e che legge per l'appunto i "giornali d'opinione".
    se fai la storia del nord da pisa in su ti dico che va bene, cioè sento che se volessi potrei verificare ancora una volta, come quando ho parlato con qualche settentrionale, quello che dici, anche non avendo una conoscenza dettagliata di quella che è la "vostra storia".
    ma se parli del sud beh, ad esempio ancora ai tempi del fascismo c'erano notevoli "torme di popolo" che proprio da dove sto io lasciavano quelli che oggi sono i centri "storici" delle nostre cittadine per andare a mietere il grano ad esempio nel salento ma anche più a nord, tipo nel foggiano. e tutto ciò per un tozzo di pane. come spieghi queste differenze? se anche il sabato fascista cadeva nel vuoto qui da noi, perché il popolo non riusciva, non solo perché analfabeta, ma anche perché rincitrullito dalla povertà "morale e materiale", a distinguere la "mano destra" dalla "sinistra", mi dici come fanno quelli del nord a chiedere a gran voce che quel po' di civiltà che c'è qui da noi anche grazie ai governi "di roma", venga di nuovo precipitata nel baratro perché non ci sono abbastanza "denari"?
    Ultima modifica di sandor; 17-09-2020 alle 12:16

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