Juventus - Allegri

Juventus, è il momento giusto

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Mortificante. Svilente. Degradante. Sono questi i termini che più mi sono ritrovato a utilizzare negli ultimi giorni parlando dell’attuale situazione della Juventus. Tutti, come cercherò di spiegare nelle prossime righe, legati inesorabilmente all’attuale guida tecnica dei bianconeri. Non ci girerò nemmeno troppo attorno. L’obiettivo di questo pezzo, forse più un lucido sfogo che altro, è di spiegare perché sono fermamente convinto che la Juve sia giunta a un bivio in cui la direzione da prendere, se supportata da una riflessione onesta è profonda, non può che essere una: concludere il rapporto con Massimiliano Allegri.

Faccio una premessa, per fugare ogni dubbio sulla bontà intellettuale del mio pensiero. Sono sempre stato dalla parte dell’allenatore toscano, all’interno della guerra ideologica che negli ultimi anni ha portato molti colleghi di tifo a criticarlo aspramente. E non me ne pento, perché per quanto fatto da quando siede sulla “mia” panchina va sentitamente ringraziato. 4 campionati, 4 coppe Italia e soprattutto 2 finali di Champions League, dopo un periodo storico in cui in Europa non si riusciva nemmeno a segnare un gol al Benfica. Adesso però è il momento giusto per cambiare. Non inganni un’eventuale rimonta al ritorno contro l’Atletico, perché, permettetemi l’iperbole, a giocare spalle al muro senza nulla da perdere siam tutti bravi. In una situazione come quella attuale, la halma allegriana, la gestione dei ritmi, la conservazione degli equilibri e il possesso paziente e ragionato servono a poco. Anzi, a niente.

Veniamo dunque alla serata di mercoledì. Mortificante, svilente e degradante, come già anticipato. Mortificante per noi tifosi, costretti a subire un’agonia lunga 90 minuti e che non vedevamo l’ora si concludesse. Una delle rose più forti della storia della Juventus ridotta a giocare come una provinciale qualunque, contro un avversario palesemente più debole ma condotto palesemente meglio. Svilente per alcuni degli elementi della squadra, come il Dybala in versione terzino o il Cancelo ormai diventato a tutti gli effetti la riserva di De Sciglio. Inorridisco.

Infine degradante, perché l’errore più imperdonabile sarebbe identificare quella del Wanda Metropolitano come una serata storta. Niente di più sbagliato. L’andata degli ottavi di Champions è la naturale conclusione di un processo di regressione iniziato mesi fa, quando la Vecchia Signora sembrava tutt’altro che vecchia. Lo spartiacque è, per quanto mi riguarda, il minuto 83 della sfida di Torino contro lo United, quello dell’ingresso in campo di Andrea Barzagli. In quel momento la Juve perde le misure, finisce per abbassarsi inesorabilmente e capitola incredibilmente. Un caso, direte voi. Ovvio, quella partita lì la vinci altre 9 volte su 10 anche facendo entrare Barzagli, ma quel cambio rappresenta una svolta, uno spartiacque appunto. Uno spartiacque che per noi doveva dare inizio a un’ulteriore processo di crescita ma che è diventato, a tutti gli effetti, l’inizio della fine. Per noi tifosi era il sintomo di una squadra troppo diversa dal passato recente, votata all’attacco e alla proposizione e incapace di gestire mettendo le barricate e abbassando il baricentro. Una Juve che doveva “solo” imparare a concretizzare l’enorme mole di gioco prodotta. Non per Allegri, che invece individua proprio in quel modo di interpretare le partite la causa della sconfitta. Si torna indietro, si comincia un processo di “normalizzazione” che diventa una regressione a tutti gli effetti. Equilibrio, difesa, gestione dei ritmi per poi premere sull’acceleratore al momento opportuno, sfruttando un arsenale di soluzione offensive ridotto ai minimi storici. L’ultima, orripilante prestazione di una squadra che ha tutte le risorse per imporre la propria identità in ogni campo d’Europa nasce quel giorno, quando Allegri, invece di cambiare l’olio al motore della sua Ferrari torna dal concessionario e chiede indietro la sua panda, con cui si trova più a suo agio. Ecco, la speranza è che il nostro presidente si renda conto che è il pilota a non funzionare più.

Piergiorgio Sgarlata