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nella fattispecie il passato era contemplato in altra forma: la Croazia ha sempre rappresentato la parte produttiva e progredita del contesto geografico, tendenzialmente integrabile nell'area germanofona; ora fa parte del sistema economico tedesco a tutti gli effetti;

si. però in zona ci sono anche slovenia, repubblica ceca ecc., che mi paiono anch'esse centri produttivi di prim'ordine. o no?

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tutto ovvio, ma si tratta di questioni eminentemente politiche;
io ho solo sottolineato un aspetto "tecnico" del riconoscimento, che spesso sfugge in queste valutazioni: accanto al profilo politico, c'è un rilievo interno, per cui se tu, persona giuridica italiana - anzi UE, visto che vige un principio di surroga: hai diritto ad essere assistito a pieno titolo dalle autorità consolari degli altri stati membri, in caso di vacanza di quelle italiana - intrattieni rapporti di natura privata con soggetti appartenenti a stato riconosciuto, il tuo stato si fa garante di una tua tutela bilateralmente riconosciuta anche in loco; cioè, visti i rapporti bilaterali, il tuo stato certifica che il tuo operato sarà tutelato almeno dalla legge locale, in modo convenuto, che potrai apprezzare, ma la cui attendibilità è garantita; es. il trasferimento di tecnologie se operi in Cina: puoi decidere se ti sta bene o no, ma i termini di quel sistema sono garantiti;

questo francamente mi rassicura. ovviamente anche nella prospettiva di evitare le sanzioni "di ritorno" che potrebbero interessare un certo stato che intrattenga affari con uno stato non riconosciuto. insomma capisco perfettamente che trattare economicamente e anche a livello politico con uno stato riconosciuto, in fin dei conti, "paghi".

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certo: a preparare la strada per la sua acquisizione; avviene sempre; ovviamente, è necessaria almeno quella che si chiama pretensione a quel territorio, dotata di una sua qualche fondatezza che risulti politicamente convincente per mobilitare una massa;

questo però se permetti dipende da condizioni storiche, cioè se l'entità di cui parli si esercita su un determinato popolo, e tende ad essere assoluta, allora è ovviamente più semplice per la stessa autorità riuscire ad essere riconosciuta territorialmente. altro sono ovviamente i pretesti "etnici" o prim'ancora le pretese dinastiche che potrebbero essere avanzate su un determinato territorio in modo da giustificare una possibile invasione o occupazione.

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il diritto dello stato si fonda su fonti-atto, guerre. rivoluzioni, secessioni, insomma, atti fondativi dove prima non c'era un "diritto";

questo a livello interno e non internazionale. a quest'ultimo livello bisogna capire qual'è lo stato perdente e quello vincente, il quale soltanto può in forza del diritto internazionale pronunciarsi sulla natura statuale o meno di certe entità statali riconosciute dalla coalizione o dallo stato perdente.

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la valutazione è esclusivamente tecnica: anche in Israele ci sono i palestinesi, cittadini israeliani; ma nessuna valutazione del genere ricorre; quello che conta è solo l'effettività di un ordinamento sovrano che presenti un minimo di garanzie standard di stabilità normativa e capacità di attuarla; tutto qui; cioè, non è che sale al potere un partito diverso e la personalità dello stato cambia radicalmente, ad annullare retroattivamente gli impegni precedenti;

si. questo se la transizione da uno ad un altro ordinamento è pacifica e non si fonda su una guerra. se però c'è stata una guerra come il secondo conflitto mondiale, allora poiché una delle due parti si è arresa senza condizioni, il discorso cambia. il nuovo ordine è allora tale da essere imposto dai vincitori, come è accaduto in italia; come è accaduto in germania.

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nel caso palestinese, poi, c'è un ulteriore impiccio diplomatico-politico: a parte alcuni stati, principalmente arabi, più l'Iran, tutta la c.i. ha riconosciuto Israele e il suo diritto ad esistere, almeno entro i confini del 1967, pre-guerra dei sei giorni; ora, siccome non c'è chiarezza su un eventuale dettato costituzionale palestinese riguardo alla pretensione di annientare Israele, per sostituirsi ad esso, come fine costituzionale del costituendo stato, si produrrebbe il paradosso dipolomatico del contemporaneo riconoscimento di Israele, e di uno stato che mira alla sua distruzione;

ma guarda. so di rischiare il ban per quello che sto per dire, ma mi risulta che, come dire, un determinato assetto di interessi necessita di almeno due contraenti. anche israele persegue il sistematico annientamento delle minoranze. hai voglia a tirare pietre ai carrarmati...

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sì, su questo è legittimo opinare; meno su questioni di diritti umani; l'avvocatessa dei diritti civili iraniana, condannata a 33 anni di carcere e non ricordo a quante frustate, per non parlare di altre circostanze che ricorrono in quel paese, come in altri, costituiscono un marcatore oggettivo di prassi poco ammissibili per una gran parte della c.i., e in questi casi non per meri criteri di opportunismo politico.
se parli di entità statali "teocratiche" ovviamente c'è tutto un retroterra valoriale e "dogmatico" da considerare. lì ciò che muove le coscienze è la fede. non ovviamente l'opportunismo politico, che è invece di chi denuncia le decisioni adottate "per fede" in quello come in altri paesi.